Abbiamo pubblicato qualche giorno fa i dati dell’inquinamento atmosferico provocato dalle polveri sottili e dal biossido di azoto, stimati dal progetto VIIAS, acronimo che sta per Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute.
Attraverso sofisticati modelli, gli esperti che hanno curato il progetto hanno dato vita ad una previsione dell’andamento dell’inquinamento fino al 2020, per la prima volta su base provinciale. Uno studio dunque molto dettagliato, che una volta tanto ha capovolto il tradizionale divario tra Nord e Sud. Questa volta, a stare peggio, è decisamente il Settentrione.
Per quanto riguarda gli agenti che vengono scientificamente definiti particolato atmosferico (PM2,5) e biossido di azoto (NO2), la Capitanata ha di che star tranquilla. Nelle diverse infografiche che illustrano la situazione, evidenziando con i colori e con tonalità più o meno accese lo stato di fatto, la Capitanata è sempre bianca, segno di un inquinamento assolutamente inferiore alla media, e in certi casi del tutto inesistente.
Purtroppo, lo stesso non può dirsi per quanto riguarda l’inquinamento provocato dall’ozono, il cosiddetto smog estivo. In questo caso, la Capitanata è purtroppo colorata…
Ma procediamo per ordine, cercando di capire prima di tutto in cosa consista l’inquinamento provocato dall’ozono. Come si legge nel sito dell’Agenzia regionale ambientale del Veneto (da raccomandare, perché affronta i problemi con un taglio particolarmente divulgativo) bisogna prima di tutto precisare che l’inquinamento “da ozono”, più comunemente detto smog estivo, non va confuso con il problema del buco dell’ozono.
“L’ozono – dice ancora l’agenzia ambientale veneta – è un gas formato da tre atomi di ossigeno (O3). In natura si trova in concentrazioni rilevanti negli strati alti dell’atmosfera terrestre, dove costituisce una fascia protettiva nei confronti della radiazione ultravioletta del sole. In questa zona dell’atmosfera, detta ” stratosfera”, l’ozono è dunque indispensabile alla vita sulla terra perché impedisce di far passare i raggi pericolosi per la nostra salute. Negli strati bassi dell’atmosfera invece, la cosiddetta “troposfera”, esso è presente in basse concentrazioni, tranne nelle aree in cui la presenza di alcuni inquinanti chimici, in concomitanza di fattori meteoclimatici favorevoli, può indurne la formazione con conseguente aumento della concentrazione.”
L’inquinamento da ozono si riferisce dunque alla troposfera (la parte bassa dell’atmosfera) mentre il cosiddetto buco dell’ozono si riferisce alla stratosfera: la diminuzione dell’ozono favorisce il passaggio dei raggi ultravioletti, con conseguenti rischi per la salute. Ma gli stessi rischi per l’uomo,gli animali e le piante si profilano quando l’ozono si concentra nella parte bassa, ovvero nella troposfera.
La brutta notizia è che, diversamente da quanto accade per le polveri sottili e per il biossido di azoto, la concentrazione dell’ozono non è determinata da fattori, per così dire, territoriali, come la presenza di forti emissioni atmosferiche dovute alla produzione industriale, ai gas di scarico delle automobili o agli impianti di riscaldamento.
L’ozono è una sostanza volatile in grado di spostarsi rapidamente e di concentrarsi anche in zone molto distanti dai luoghi in cui viene prodotto, per giunta la concentrazione è favorita da particolari situazioni climatiche.
È una sostanza tossica Non quanto le polveri sottili o il biossido di azoto, ma un certo allarme lo desta. In proposito, lo studio VIIAS distingue tra mortalità short term (a breve termine) per cause naturali attribuibile a O3 annuale al di sopra della soglia di 70 µg/m3 e mortalità long term (a lungo termine) per cause respiratorie attribuibile a O3 estivo al di sopra della soglia di 70 µg/m3.
Cominciamo dai dati che riguardano la mortalità short term, misurata nel 2005. La provincia che marca l’indicatore peggiore è Imperia, con un tasso di mortalità pari a 12 decessi su 100.000 abitanti. La provincia di Foggia si colloca in una zona mediamente critica, giusto la metà rispetto ad Imperia, con 6 decessi per 100.000 abitanti, stesso numero delle province di Bari, Bat e Taranto. Fanno leggermente peggio Brindisi e Lecce, che si attestano a quota 7. La situazione peggiora leggermente nel 2010: Imperia è sempre ferma a 14, ma il gruppo composto da Foggia, Bat, Bari e Taranto sale a 7, Brindisi si attesta a 8 e Lecce addirittura a 9. A regime, però la situazione sembra migliorare. Secondo le stime del progetto, al 2020 la provincia di Imperia resterà sempre maglia nera, ma con 10 decessi. In Puglia, abbiamo il solito gruppo composto da Foggia, Bat, Bari e Taranto, con 5 decessi, Brindisi e Lecce, con 6.
La situazione è leggermente più rassicurante, prendendo in esame i dati che si riferiscono alla mortalità long term. Nel 2005, la provincia che stava peggio era Alessandria, con un tasso di mortalità di 7 decessi per 100.000 abitanti. La Puglia si attestava compatta a 4, con l’eccezione della sola Bat, che invece si fermava a 3.
Nel 2010, la performance peggiore toccava alla provincia di La Spezia (9 decessi). Foggia, Bat, Bari e Taranto marcavano 4 decessi, 5 Brindisi e 6 Lecce.
Le proiezioni 2020 vedono in testa alla graduatoria di nuovo Alessandria (5 decessi): in Puglia c’è un gruppo di province che si attestano a 3 (Foggia, Bat, Bari, Taranto e Brindisi), fa eccezione la sola provincia di Lecce, che marca 4 decessi.
Per quanto riguarda l’inquinamento da ozono, è particolarmente importante il dato che riguarda l’effettiva concentrazione nell’atmosfera di questa sostanza: per quanto riguarda l’O3 il limite di soglia è determinato dalla concentrazione media massima in un intervallo di 8 ore di 120 µg/m3 (soglia che non può essere superata per più di 25 giorni in un anno).
Nel 2005 c’era in testa Imperia con una concentrazione media pari a µg/m3: 96.21. In Puglia, la situazione è la seguente: Foggia 87,24, Bat 86,54, Bari 87,59, Taranto 86,61, Brindisi 88,95, Lecce 89,77.
Nel 2010, in testa c’è Livorno, con 100,2. La Puglia si attesta su valori inferiori ma non di molto, comunque sempre al di sotto della soglia di guardia: la provincia che fa meglio (ed anche la sola che resti al di sotto dei 90) è Foggia con 89,3, quindi, Bat 91,4, Bari 91,3, Taranto 90,2, Brindisi 92,6, Lecce 95,5.
Nella previsione che riguarda il 2020, la maglia nera va a Trapani, con 92. In Puglia la situazione migliora. La provincia di Foggia si conferma sempre quale quella più performante, con 83,4. Le altre province pugliesi fanno marcare questi risultati: Bat 84,2, Bari 85,6, Taranto 84,7, Brindisi 86,2, Lecce 87,8.
La situazione come si vede, non è drammatica, e nemmeno preoccupante. Ma l’aria tersa, limpida e pura che la provincia di Foggia può vantare in riferimento alle polveri sottili e al biossido di azoto non si conferma per quanto riguarda l’ozono.
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