Acuto osservatore della città, Lorenzo Brescia (alias Viere Ferro sul social) ci ha messo un nonnulla a scoprire e localizzare lo stemma di Foggia che avevo pubblicato qualche giorno fa: adorna il palazzo di viale Manfredi che si affaccia sul piazzale della Stazione ferroviaria, come dimostra la mappa google postata dallo stesso Brescia.
Una curiosità: le tre fiammelle sono raffigurate più volte, ed assieme allo stemma sabaudo, come si vede nella foto di sopra, che illustra il post.
Il progettista del palazzo dimostrò una positiva attenzione verso la città, raffigurandone i simboli in modo così evidente.
Ma quanto antico è lo stemma di Foggia? La risposta nel bell’articolo che segue, a firma di Michele Paglia, che lo pubblicò qualche anno fa su Reciproca, la rete civica provinciale.
Lo scritto di Paglia conferma il legame indissolubile tra lo stemma civico e la tradizione religiosa: le tre fiammelle sull’acqua simboleggiano, infatti, in rinvenimento dell’Icona Vetere, patrona della città.
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La più antica rappresentazione sino ad ora conosciuta dello stemma civico di Foggia è quella visibile in una veduta della città, di autore ignoto, disegnata con inchiostro nero, conservata nella Biblioteca Angelica di Roma, che risale al penultimo decennio del XVI secolo. Questo disegno, eseguito per iniziativa dell’agostiniano padre Angelo Rocca, fondatore della Biblioteca Angelica, avrebbe dovuto far parte di un atlante di città negli anni ’80 del Cinquecento.
Lo stemma (fig. 1) mostra alcune fiamme “aperte”, accostate tra loro quasi a formare un unico fronte di fuoco, che guizzano da una superficie d’acqua leggermente mossa. Nella legenda che accompagna la veduta della città si legge ai numeri 19 e 20: “il campo di sotto dell’arma è acqua”, “il campo di sopra fiamme di fuogo”.
Nel XVII secolo lo stemma assume l’aspetto attuale con tre fiamme nettamente separate tra loro.
Nel XVIII secolo l’Università (Comune) di Foggia fa uso di sigilli in cui, ai lati dello stemma, sono presenti come “tenenti” i santi Guglielmo e Pellegrino (fig. 2).
L’attuale stemma della città di Foggia è quello blasonato nel decreto di riconoscimento emanato dal capo del Governo il 3 giugno 1941: “…D’argento a tre fiammate guizzanti dalla superficie del mare e in questo specchiantisi, il tutto al naturale” con “Ornamenti esteriori da Città”.
Sulle motivazioni che hanno determinato la nascita dello stemma con le sue figure, le tesi sono più di una. La più antica fa derivare lo stemma dai fattori climatici e idrogeologici della zona in cui sorge la città. Ad essa si contrappone quella che collega lo stemma cittadino con la prodigiosa invenzione dell’Icona Vetere.
La prima fa capo all’autore della didascalia scritta a fianco dello stemma presente nella citata veduta conservata nella Biblioteca Angelica, che recita: “L’arma è aqua, et fuoco perché sotto ogni poco, che si cava sottoterra, si trova aqua: et sopra è caldo fa da mille fuochi: et è detta Foggia dalle fosse, che vi sono in gran quantità di grano perché fossa dicesi in quella lingua loro foggia”.
È inoltre sostenuta da Marc’Antonio Coda che nella seconda metà del Seicento scrive, riferendosi a Foggia: “…alza per sua impresa Acqua, e fuoco, volendo con questi due elementi additare il calore immenso, che per stare discoverta a’ raggi del Sole, nell’Estate riceve, e l’abbondanza dell’acque per temperarli” (M. A. Coda, Breve discorso del principio, privilegii et instruttioni della Regia Dohana della mena delle pecore di Puglia, Napoli, 1666; Trani, 1698, pag. 14).
A questi autori si aggiunge nel Settecento il canonico Paquale Manerba: “…circa li tempi de’ nostri Sovrani Aragonesi si fosse dal Comune presa tale Impresa in significato di avere estinto totalmente le acque pantanose, che in alcuni luoghi di Fogia fin allora risedevano…” (P. Manerba, Memorie sulla origine della città di Fogia e sua maggior chiesa, Napoli, 1798, rist. anast. Foggia, 1990, pag. 38).
Il primo autore, invece, che pone in relazione l’acqua e il fuoco dello stemma di Foggia con l’invenzione dell’Icona Vetere è Domenico Antonio Guelfone nel 1669. Egli, rifacendosi a Giuseppe d’Almeria, sostiene che delle due figure che compaiono nell’arma cittadina l’acqua simboleggia la Vergine Maria e il fuoco Iddio che, prima di creare il mondo, abitava nella purezza verginale (Orazione del molto Rever. Pad. D. Domenico Antonio Guelfone da Foggia, Monaco Celestino dell’Ordine di S. Benedetto, Detta l’Anno MDCLXIX nella Chiesa Maggiore della Città di Foggia, per la Festa dell’Icona Vetera…, Foggia, 1669, pagg. 12-16).
Anche Girolamo Calvanese in una relazione del 17 dicembre 1694 asserisce che lo stemma di Foggia ricorda il rinvenimento del Tavolo dell’Icona Vetere: “…la nostra Icona donata alla Chiesa d’Arpi…, che poi distrutta quella città…, devoto cittadino la trasportasse nella terra di Fossa hoggi Fogia e quivi la sepelisse vicino un lago, dal quale tractu temporis assorbita fu poi scoverta per adoratione d’un bue, uscendo dall’acque più fiamme, e perciò la Città per quella memoria fa per impresa acqua e fuoco” (Relazione del canonico Girolamo Calvanese sullo stato della Chiesa Collegiata di Foggia per la S. visita di Mons. Emilio Giacomo Cavalieri, Vescovo di Troia in M. Di Gioia, Il Duomo di Foggia, Foggia, 1975, pag. 174).
Questa seconda tesi, che vuol far discendere la composizione dello stemma dall’episodio dell’invenzione dell’Icona Vetere, appare più fragile rispetto alla prima, non solo perché successiva, ma anche perché i suoi primi sostenitori, il Guelfone e il Calvanese, non indicano in tre le fiamme che hanno determinato il rinvenimento del Tavolo con l’effigie della Madonna. Al contrario, il canonico Donato Zizi, nel titolo di un sonetto pubblicato unitamente all’Orazione del Guelfone, parla di “una fiamma di fuoco” (op. cit.), così come il notaio Giuseppe Lombardi, in un atto redatto in Foggia il 30 novembre 1681 su istanza dei canonici del Capitolo della Chiesa Collegiata e degli amministratori dell’Università, scrive di “una fiaccola accesa” (G. Calvanese, Memorie per la Città di Foggia, Foggia, 1931, pag. 177).
Bisogna attendere il Pacichelli perché le fiamme che rivelano il luogo ove era l’Icona Vetere divengano tre e coincidano, nel numero, con quelle che appaiono nell’arma cittadina: “Sepolta nell’acque di un Lago nel 1062 si manifestò con tre fiamme, somministrando queste per corpo d’Impresa alla Città” (G. B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, Napoli, 1703, rist. anast. Sala Bolognese, 1979).
Michele Francesco Paglia
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E' necessario precisare che "Tre fiamme sull'acqua (sullo stemma civico di Foggia)" fu pubblicato nel volume "SALUTI DA FOGGIA", edito dalla Provincia di Foggia e dal Cenacolo Culturale "Contardo Ferrini" nel 1997.
Questa "guida della città" con contributi di Savino Russo, Gaetano Cristino, Gennaro Arbore, Daniela Mammana, Gloria Fazia, Maria Teresa Masullo, Marina Mazzei, Michele Francesco Paglia, Maria Nardella, Saverio Russo, Gaetano Matrella, Salvatore Ciccone fu presentata nel Salone Regio di Palazzo Dogana il 9 aprile 1997.
Lo stemma di Foggia non costituisce uno stemma con simboli, ma si potrebbe dire un’istantanea di un rito pastorale che si attua oggi dall’estremo oriente all’…estremo occidente, su fiumi e specchi d’acqua e talora in mare. Ho elencato il luoghi in varie mie pubblicazioni, ed anche nella recensione, purtroppo negativa, al libro di Infante La madonna velata. All’allevamento ovino è legata buona parte della nostra lingua come: posa, calma, meriggio, gregge, egregio, congregare, ago (lat.) agitare, abigeato, esigere, coagulo, quagliare, da pedica ‘laccio per i piedi’ : impedire, impicciare, spicciare tramite il lat. im+pedicare etc… La diffusione del rito dimostra la sua antichità e si tratta di millenni. La simbologia è chiara e la ho illustrata parecchie volte. La fiamma agile è il maschio, l’acqua e la femmina, rito funzionale ad una società pastorale.Recentemente nell’etimo di Arpi ho fatto notare come il nome della città derivi dalla radice areg da cui argento, argilla, arguire, argomento, attibuto di Venere Argiropeza ‘dai piedi d’argento’ per la schiuma che si formava nel suo sorgere dalle acque. Così la Madonna foggiana, la cui immagine vien fuori dalle acque. La stessa che dette il nome ad Arpi che deriva, secondo il Parlangeli, massimo studioso dell’etimo di Arpi, di cui sono stato allievo e di cui ho proseguito gli studi in merito, da `Àrgipia, sdrucciolo, da cui il vero antico nome della città: Arpa. La ho collegato ad una divinità che sorgeva dalle acque, e quindi argentea, feconda, saggia, ed il rito la ricordava. Divinità con suff. -ja erano diffuse, fra esse Segetia, la dea delle messi, da cui nel 900 si trasse il nome della borgata. Questo è l’etimo di Arpi.