L’Europa non è più un lusso o una virtù: è una urgenza e una necessità

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Il POR (Programma Operativo Regionale) costituisce, assieme al PSR (Programma di Sviluppo Rurale), lo strumento fondamentale della programmazione comunitaria a livello regionale. Entrambi i documenti sono stati approvati dalla Regione Puglia e formalmente adottati dalla Commissione Europea, sicché dal primo gennaio 2016 (data in cui sarà definitivamente conclusa la precedente fase della programmazione comunitaria) è possibile e necessario cominciare a lavorare, per dare attuazione ai due programmi.
Il POR e il PSR mettono in campo risorse per 8 miliardi e 64 milioni di euro fino al 2020: 7,1 miliardi sono previsti per il POR (5 miliardi e mezzo a carico del FESR – Fondo europeo di sviluppo regionale – e un miliardo e mezzo a valere sul FSE – Fondo Sociale Europeo), mentre il PSR prevede risorse per 1,64 miliardi, in grado di mobilitare investimenti per 2,1 miliardi. Cifre da capogiro, che indicano quanto la nuova stagione di programmazione in fase di avvio, rappresenti una sfida decisiva per il futuro della Puglia e della Capitanata.
I tagli alla finanza pubblica (resi necessari in qualche modo proprio dall’adesione dell’Italia all’Unione Europea ed alle sue politiche economiche e finanziarie) hanno reso ormai asfittici i bilanci degli enti locali. La sola speranza di rispondere alle istanze ed ai problemi della comunità amministrate passa per la capacità dei governi locali di reperire risorse esterne ai bilanci ordinari, in primis attraverso gli strumenti comunitari.

Una volta, queste risorse venivano definite “straordinarie”: ma si tratta di una definizione ormai anacronistica. È il caso, una volta per tutte, di ribaltare la prospettiva, il punto di vista: l’Europa (la capacità di progettare secondo i canoni europei, utilizzando bene i relativi finanziamenti) non è un lusso, né una virtù: è una necessità e un’urgenza.
L’utilizzo delle opportunità offerte dalla programmazione comunitaria dovrebbe rappresentare una costante dei gruppi dirigenti: non solo dei decisori politici, ma anche della burocrazia, della tecnostruttura, delle imprese.
I bilanci di previsione sia pubblici che privati dovrebbero contenere nella parte dedicata alle entrate una quota significativa di risorse europee, senza che ciò resti un esercizio di fantasia ragionieristica. Una volta previste in seno ai bilanci, quelle risorse dovrebbe essere effettivamente mobilitate e quindi spese.
Questo meccanismo virtuoso dovrebbe costituire non più l’eccezione, ma la regola, tanto più che l’Italia – è un dato che va sempre ricordato – è un paese contributore dell’Unione Europea: vale a dire versa nelle casse comunitarie più danaro di quanto non ne riceva.
Nel 2014, eravamo il terzo contribuente netto dopo la Germania e la Francia. Nel 2012, in particolare, abbiamo versato 16,4 miliardi di euro e abbiamo ricevuto indietro 10,7 miliardi, con un saldo negativo di 5,7 miliardi. Quei 10,7 miliardi non rappresentano la previsione di entrata e non l’entrata reale, determinata appunto dalla capacità di spesa. 
Sono numeri tanto eloquenti da rendere superfluo ogni ulteriore commento: spendere presto e bene le risorse comunitarie (che non sono un grazioso regalo dell’Europa, ma un sacrosanto diritto dei cittadini che pagano le tasse) rappresenta un dovere civico e un obbligo morale. Per tutti.
L’accusa che viene spesso mossa alle Regioni, soprattutto meridionali, è che invece non riescono a spendere questi soldi con l’efficienza e la tempestività che sarebbero necessarie. Va detto che almeno per quanto riguarda la Puglia, l’accusa è infondata. Stando ai dati più recenti diffusi dal portale sull’attuazione dei progetti finanziati dalle politiche di coesione in Italia, Opencoesione.it, al 31 maggio del 2015 la nostra Regione aveva speso circa l’80 per cento delle risorse assegnate. Per la precisione, il 78,5 per cento, attestandosi leggermente al di sotto del target nazionale (79,2). Considerato che l’ultimo semestre è stato massivamente utilizzato per la chiusura e la rendicontazione dei diversi progetti, si può ragionevolmente prevedere che entro la fine dell’anno scorso, la percentuale di utilizzazione delle risorse abbia superato il 90 per cento.
È un risultato che va consolidato e migliorato nella stagione che sta per cominciare superando la logica della straordinarietà che ha ispirato le programmazioni precedenti.
Dobbiamo imparare a pensare europeo e a progettare europeo. Il che comporta che dobbiamo colmare quel gap – politico e culturale – che ci porta a ritenere la progettazione comunitaria roba da addetti ai lavori e non quella che veramente essa è: una concreta risorsa per modellare e costruire il nostro futuro, che può essere tanto meglio utilizzata quanto più viene democraticamente agita.
Un altro luogo comune da smontare riguarda il fatto che siano soltanto gli enti pubblici i soggetti attuatori e beneficiari dei progetti europei. Non è così: le opportunità del POR e del PSR si rivolgono anche alle imprese, ai soggetti privati. Colmare quel gap culturale e politico di cui si è detto prima, vuol dire dunque attenuare la distanza, purtroppo ancora notevole, che c’è tra l’Europa e gli attori territoriali della sua programmazione.
Per farlo non c’è altra strada se non quella di conoscere e far conoscere di più e meglio gli strumenti della programmazione, ed è quel che hanno cercato di fare, in un numero speciale della newsletter InformazioneLavoro, i settori Politiche del Lavoro e Formazione Professionale della Provincia di Foggia.
Lo speciale – che può essere scaricato nella versione pdf cliccando qui (è preferibile stamparla in A3, n.d.r.) – è dedicato al POR Puglia 2014-2020 che viene interpretato e declinato come se fosse una sorta di albero, che si dipana in rami (assi prioritari) che a loro volta si scompongono i sotto-rami (priorità d’investimento e, a scendere nel livello gerarchico, obiettivi specifici), per finire alle azioni che possono essere in qualche modo viste come le foglie dell’albero.
Un ulteriore livello di approfondimento viene offerto per quanto riguarda le politiche per l’occupazione, l’istruzione e la formazione, scandite dagli assi prioritari VIII (“Promuovere la sostenibilità e la qualità dell’occupazione e il sostegno alla mobilità professionale”) e X (“Investire nell’istruzione, nella formazione e nell’apprendimento permanente”).
Oltre al quadro delle priorità, degli obiettivi e delle azioni previsti da ciascun asse prioritario, vengono offerte le schede delle azioni selezionate per priorità d’investimento con approfondimenti sulla motivazione delle scelte, sui risultati che gli stati membri intendono ottenere con il sostegno dell’Unione Europea e sui principi guida per la selezione delle operazioni, in modo da mettere tutti quelli che intendono cimentarsi con la programmazione comunitaria, di disporre di un bagaglio iniziale di conoscenze, che consenta almeno di orientarsi all’interno di una filosofia ed una metodologia che sono comunque complesse.
Il tutto è completato da un glossario per facilitare la comprensione della terminologia comunitaria, con opportuni collegamenti a norme e regolamenti comunitari, per quanti volessero approfondire la materia.
Buona lettura e, soprattutto, buon lavoro, nella fiducia e nella speranza che una più diffusa conoscenza e comprensione della programmazione comunitaria possa migliorarne la qualità e gli effetti di ricaduta sul territorio.
Geppe Inserra

Dirigente Politiche del Lavoro e Formazione Professionale della Provincia di Foggia
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Author: Geppe Inserra

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