Nel 1936, il centro di Foggia fu interessato da imponenti lavori di sistemazione e di bonifica. Il vecchio Borgo Scopari, che si snodava nelle strada comprese nel triangolo piazza XX settembre – corso Cairoli – corso Vittorio Emanuele, venne quasi interamente demolito (si salvarono solo gli edifici esterni, che sorgevano lungo la piazza e i due corsi), ed al suo posto sorse l’assetto attuale di quella che è stata per molti decenni la city di Foggia: il cuore pulsante delle attività economiche e commerciali della città, con la sede della Camera di Commercio e quella dell’Associazione Provinciale degli Industriali che sorsero praticamente una a fianco all’altra.
Dal punto di vista urbanistico, il progetto di risanamento rappresentò una delle prime fasi attuative del piano regolatore generale di cui la città (una delle prime in Italia) si era dotata.
Tecnicamente, si trattò di un piano particolareggiato del piano regolatore generale che era stato redatto dall’ing. Cesare Albertini.
Fu un progetto ambizioso, di cui si occupò la stampa nazionale, anche quella specializzata. Sul numero di luglio-agosto 1936 della rivista Urbanistica venne pubblicato un lungo articolo sull’argomento (potete scaricarlo qui, se siete interessati), non privo di qualche critica, prevedendo l’anonimo estensore dell’articolo, com’è poi puntualmente accaduto, che l’ampliamento di via Giungai (toponimo che si sarebbe trasformato in via Dante) e di vico Galiani finisse col congestionare il traffico su piazza XX settembre.
Il quartiere viveva in condizioni igieniche e sanitarie preoccupanti, come documentano le fotografie che illustrano i post. “Il borgo – si legge nella rivista – è costituito per la massima parte da un ammasso di casette antigieniche, quasi esclusivamente a solo piano terreno, servite da stradine e vicoli strettissimi, la cui aria è ammorbata dalle nocive esalazioni delle acque luride, a scolo superficiale. Solo le fronti lungo la piazza e i due corsi sono costituiti da buona edilizia, mentre quello sul corso Cairoli è costituito anch’esso di casupole (vedi fig. 4). Il quartiere non offre nulla di urbanisticamente interessante: anche l’orditura viaria è trita ed irrazionale, priva di elementi caratteristici.”
L’amministrazione comunale aveva anche l’obiettivo di liberare e rendere disponibili aree fabbricabili in pieno centro “la cui deficienza ha finora impedito la necessaria costruzione di importanti edifici pubblici”.
La figura 5 documenta l’’assetto previsto a piano ultimato: si può dire che l’esecuzione è stata piuttosto rispettosa salvo la piazzetta, che ha finito con il non affacciarsi più sull’asse stradale principale, ma è rimasta all’interno (Largo degli Scopari).
Qualche considerazione a parte sulla toponomastica: la denominazione originaria del borgo era stata rimossa per molti anni, ed è stata recentemente ripristinata, appunto nel Largo degli Scopari. Del tutto scomparsa e dimenticata, invece, via Giungai col relativo toponimo, mentre continua ad essere storpiato quello che si riferisce a vico Galiano che invece era, come documenta anche la rivista, vico Galiani.
Ad un’etnologa attenta come Ester Loiodice, che proprio qualche anno prima aveva creato presso il Museo Civico la sezione tradizioni popolari, non poteva sfuggire la necessità di documentare come vivesse il Borgo prima del risanamento che l’avrebbe radicalmente modificato.
Le foto che illustrano il post sono parte del Fondo Loiodice custodito dalla Biblioteca Provinciale di Foggia, e sono realizzate dal fotografo foggiano Rodolfo Longo. Risalgono al 1934. Particolarmente curiosa, ma di grande efficacia, è quella che apre il post, e che mostra la popolazione residente nel Borgo sull’uscio delle proprie abitazioni, che si offre all’obiettivo di Longo come se volesse documentare la propria situazione di miseria e di povertà. È presente, forse proprio per prevenire eventuali turbative all’ordine pubblico, una guardia municipale.
Come sempre, Lettere Meridiane mette a disposizione di amici e lettori la versione ad alta risoluzione delle due immagini:
Views: 0