Checco Zalone mi piace. Mi diverte. Mi fa sorridere e ridere. Sono contento che Quo Vado sia destinato a battere i record di sempre al botteghino, soprattutto perché il buon Checco è pugliese, e il suo cinema si iscrive alla migliore tradizione comica e ridanciana della nostra terra. Sono felice che abbia battuto nel derby delle feste natalizie nientemeno che Star Wars, grazie anche ad un’intelligente strategia della distribuzione, che ha evitato lo scontro diretto, posticipando l’uscita a Capodanno.
Sarei contentissimo se vincesse l’oscar, così come sarei contento se il Foggia o perfino la Bari, vincessero la Champion League.
Però, da questo a dire che il successo di Quo Vado faccia bene al cinema italiano, come ha sostenuto l’onnipresente e pervasivo ministro alla cultura (?) Franceschini, ce ne passa.
Campioni d’incasso nel Bel Paese, i film della premiata ditta Zalone-Nunziante non sono mai usciti nelle sale estere. I diritti di Quo Vado sono state venduti in Francia, e nel Paese transalpino sta per essere girato un remake di Sole a Catinelle. Poco, troppo poco. Beninteso, il problema non riguarda soltanto i film di Zalone, ma tutto il cinema italiano: poco competitivo, troppo banale, troppo scontato per poter essere internazionalizzato con successo.
Restiamo purtroppo distanti anni luce da quella epoca d’oro, che va dal neorealismo a Sergio Leone, quando veramente i nostri film riuscivano a fare affari d’oro anche all’estero, soprattutto grazie all’assoluta qualità di quel cinema.
Il cinema italiano è in crisi da anni. E non perché manchino le idee, le creatività, gli autori. Manca la distribuzione, e di conseguenza il pubblico.
Come Franceschini sa benissimo, il problema vero non è chi vince e chi perde nella sfida tra Star Wars e Quo Vado. È vero il contrario: la pervasività di sfide del genere, dei cinepanettoni, toglie incassi, spazio vitale, possibilità di distribuzione e di programmazione a tutto l’altro cinema italiano, soprattutto quello indipendente, che è il più vitale, ma anche il più dimenticato.
Più che saltare sul carro del vincitore, il ministro Franceschini dovrebbe preoccuparsi di ridare all’altro cinema italiano quegli spazi di vitalità che, opportunamente riempiti, possono, questi sì, far bene all’Italia ed alla sua cultura.
P.S.: Non ho ancora visto Quo Vado e non andrò a vederlo in sala, perché c’è di meglio. E poi non mi va di fare la fila per andare a vedere un film. Aspetterò, come ho già fatto per gli altri suoi film, che passi su Sky o che venga programmato, come immancabilmente succede, dall’autista del pullman, alla prossima manifestazione sindacale o alla prossima gita.
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