diverso modello di integrazione e di coesione territoriale. L’dea di un
territorio dilatato che abbracci la Pentapoli, e non solo. ma che parta dalle
eccellenze. Dalle molte eccellenze che il territorio provinciale possiede, e
che dovremmo abituarci a chiamare più spesso Capitanata e non provincia di
Foggia. La stessa rete ospedaliera può venire riorganizzata all’interno della
idea e della sfida del territorio dilatato. La capacità visionaria di Franco
Antonucci questa volta vola davvero alta, a suggerire prospettive nuove e
diverse per il nostro futuro. Leggete, meditate, dite la vostra (g.i.)
Qualche mese fa ho letto qualcosa sull’Università di
Foggia e le sue difficoltà di radicamento nel territorio. Non solo nella città
di Foggia. Credo sia opportuno affrontare più in profondità la questione, non
solo per l’importanza che una struttura del genere rappresenta per la cultura
in senso assoluto, ma anche e soprattutto per le interconnessioni che si
instaurano con lo sviluppo globale di alcune città e del territorio, che esse
conformano come insieme sempre più complesso.
Mi riferisco, in particolare,
alla struttura-universitaria come elemento diffusivo nei confronti del
territorio, considerato in questo caso come un “conduttore esteso” di
effetti impalpabili, di tutti i tipi, che, pian piano, diventano meccanismi
solidi, che “muovono” un processo di avanzamento complessivo
inaspettato. Più in particolare un “collante speciale” nei
confronti delle varie parti di un territorio altrimenti disperso in tanti
rivoli, ciascuno di portata insignificante rispetto alla visione globale. È
anche questo uno dei tentativi concettuali, che mi impegnano a voler cercare
quali siano, in effetti, gli elementi che “uniscono” il territorio di
Capitanata, viceversa segmentato in tante realtà incomunicabili. A parte ogni
ipotesi materica, infrastrutturale o altro, tesa ad una nuova “sintesi
territoriale” credo che l'”Università” espressa alla scala
territoriale (simbolo di una cultura portata al massimo livello), possa fare
molto di più di qualsiasi altro meccanismo solito. Il discorso riguarda il
territorio di Capitanata in modo più appropriato che mai.
(Mi voglio abituare a chiamare il mio territorio
“Capitanata”, piuttosto che “Provincia di Foggia”. Per
riferirmi a qualcosa che presumo più realmente e psicologicamente
“omogeneo”). È indiscutibile che l’Università, distesa in un
territorio vasto come la Capitanata, morfologicamente variegato, disperso,
sezionato, segmentato, è strumento determinante di presenza essenziale, prima
di tutto (deve esistere), e, quindi di forte, nuova e contestuale
“coesione territoriale”. Quindi “Nessuno tocchi l’Università di
Capitanata. Quindi “l’Università come sinonimo di territorio”. La
costante fissazione è quella di ricomporre una Capitanata attualmente
“divisa” in cinque grandi città ed altri Abitati comunque di
consistente dimensione e ruolo, in continua competizione, ovvero disinteresse
reciproco, ovvero duplicazione di iniziative, di strutture e di cultura.
Distribuite a grande rete “dilatata” in una immensa pianura agricola
“dilatata” (città contadine di una volta).
Gli
insediamenti urbani di Capitanata sono in effetti una serie di
“punti” tra loro praticamente divergenti, che contribuiscono
negativamente allo stato di “marginalità” complessiva della Capitanata,
nell’ambito regionale e oltre. È di certo una delle cause degli ultimi posti
ricorrenti della Capitanata nelle varie Graduatorie tematiche nazionali. Appare
indiscutibile e necessario, quindi, un qualsiasi intervento di raccordo
territoriale, non competitivo, prima di tutto al livello territoriale, ad
effetto unificante. A condizione che sia efficace e non ulteriormente
divaricante. Non una banale unità policentrica e/o “poli-urbana” dei
vecchi modelli utopistici della “città-territorio” o di
“territorio-città”, ma un sistema di entità urbane, che rimangono
loro stesse, pur anche nella loro diversità di origine e di evoluzione ultima.
Quindi, come oggi si dice, mantenendo la loro “identità” di base,
cercando, al tempo stesso, quegli elementi speciali e caratteristici “per
unire” in un “sistema territoriale” più complesso. La cui
peculiarità essenziale e vincente è proprio il loro induce di
“territorialità”. Gli elementi prettamente urbani interni restano
urbani e basta. Si mettono, quindi, in comune solo gli “effetti
territoriali”, effettivi e potenziali, che, comunque, ogni Polo urbano di
Capitanata possiede senz’altro in abbondanza.
L'”Università territoriale” è uno di questi
elementi. Una “Università dilatata” in un “territorio
dilatato”, determinando una nuova integrazione territoriale omologamente
“dilatata”. Che mantiene le distanze e le rispettive caratteristiche,
e che, per questo, è meglio chiamare “coesione territoriale”. Sia
pure virtuale, “a distanza”. Con Programmi territoriali
comuni. Distribuendo gli effetti territoriali in “comune denominatore
territoriale”. Il termine di “integrazione” induce, di solito,
l”immagine di un ravvicinamento fisico continuo. Quasi un fenomeno di
metabolizzazione urbana, come avviene nel fenomeno, noto e non sempre virtuoso,
delle metropolizzazioni urbane progressive.
La “Pentapoli universitaria”, sorpassa gli
eccessi romantici di una “Pentapoli tout court”. Immagino questa
“Pentapoli” speciale, come un territorio, sia pure sparso, ma
psicologicamente ravvicinato, dove gli Studenti iscritti all’Università di
Capitanata possono girare liberamente, senza costi (movimento gratuito per
questa speciale categoria di giovani, che sono il futuro di Capitanata). I
Giovani, e i giovani studenti universitari tra questi, devono sempre più
“possedere” totalmente e profondamente l’intero loro vasto
territorio. Assimilando nei loro giri ciclici tutti i sapori storici,
culturali, artistici dei “luoghi dispersi” nell’intera Capitanata.
Visitati e vissuti. In particolare ricostruendo una “sommatoria unitaria
ideale”, comunque variegata, di tutti i “Centri storici” della
“Pentapoli universitaria”. Quasi ri-componendo nell’immaginario
collettivo di queste nuove generazioni estremamente fantasiose, e poi nella
mente di tutti, un ideale “Centro storico della Capitanata”.
Assemblato in modo sinergico ed armonioso da tante parti peculiari, che non si
snaturano nel loro accostamento ideale. Non importa se contigui o distanti.
Questo è solo un esempio di come costruire un modello di “coesione
territoriale”, senza fare ricorso a unioni e/o fusioni comunali di
altro genere. Solo utilizzando strumenti profondi, anche questi “ad
effetto territoriale”. Esistono altri strumenti dello stesso tipo e
risultato. Pensavo tempo fa alla maggior parte delle province italiane
mono-urbane. A differenza della Capitanata, che, come detto, è poli-urbana.
Nelle altre province esiste solo un Ospedale urbano e,
quindi, provinciale. In Capitanata esistono cinque Ospedali, oltre l’Ospedale
di San Giovanni Rotondo, che è, in effetti, un’eccellenza extra-provinciale.
(Potremmo aggiungere le Terme di Castelnuovo della Daunia e altro). Si delinea,
facilmente, un “Sistema ospedaliero” territoriale esteso e vario, che
oggi “sistema” non è. Ogni Ospedale del presente, infatti, vive di
vita propria, rischiando per questo di essere considerato come entità autonoma,
e in quanto tale da conservare o da sopprimere. L’insieme degli Ospedali di
Capitanata – che “un insieme” ancora non è – potrebbe, invece,
diventare un “Sistema ospedaliero di diffusione ed eccellenza
territoriale”, portando nei singoli elementi componenti una
complementarietà di “coesione territoriale” speciale e specialistica.
Che non solo porta una funzione essenziale in forma distribuita sul territorio,
ma che – anche qui – provoca una dinamica circolatoria interna di
territorio, questa volta rivolta alla popolazione totale. Che da una sola ed
iniziale esigenza funzionale, si trasforma pian piano in una circolazione
culturale. La cultura territoriale unitaria, sotto i vari aspetti, è il vero
collante di un territorio coeso.
Eustacchiofranco
Antonucci. 25.01.2016
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