Il terremoto del 1731? L’epicentro non fu a Foggia

Non ha più segreti, il terremoto che il 20 marzo del 1731 sconvolse Foggia e la Capitanata. Con l’acquisizione di importanti carte dagli archivi segreti del Vaticano e lo spoglio di documenti tecnici e di perizie rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Foggia, il tragico evento è stato infatti analizzato e descritto in via definitiva dal CFTI – Med 4.0  (Catalogo dei forti terremoti dal 461 a.C. al 1997), che ha di recente completato il processo di revisione e di aggiornamento della relativa scheda. Il CFTI – Med 4.0  è un laboratorio di sismologia storica e macrosismica che gestisce un database che comprende tutti gli eventi sismici che si sono verificati dal 461 a.C. al 1997. Per quanto riguarda il terremoto di Foggia, il catalogo indica i seguenti  parametri  di spazio e di tempo: data dell’evento, 20.3.1731; ora, 03.00; latitudine 41.267; longitudine 15.75.
Le coordinate spaziali rappresentano la novità più interessante rispetto agli studi  del passato. Il PFG (Catalogo dei terremoti italiani dall’anno 1000 al 1980, curato dal CNR) collocava l’epicentro del sisma alla latitudine 41.27 e longitudine 15.55. 
Tradotto in misura lineare fa una differenza di circa 28 chilometri. L’ipotesi del CFTI pone l’epicentro più a sud rispetto a quanto era stato sempre ipotizzato, come vediamo nella mappa Google. Il segnaposto giallo indica la zona dell’epicentro secondo il CNR: nella periferia della città, tra il cavalcavia di via Manfredonia e viale Fortore, all’altezza del cimitero.
I più recenti studi del CFTI spostano l’epicentro decisamente più lontano rispetto all’abitato della città capoluogo, in una zona di campagna compresa tra Stornara e Stornarella, all’altezza della Strada Vicinale Cenerata. Il punto preciso è evidenziato nella mappa con il segnaposto rosso.
Non è un caso che mentre il calalogo PFG indica quale comune di localizzazione dell’epicentro Foggia, il CFTI più genericamente scrive “Foggiano”.
A queste conclusioni i ricercatori del  CFTI sono approdati sfogliando una considerevole mole di documenti, puntualmente elencati nella scheda del database CFTI, che potete visionare al seguente collegamento: http://storing.ingv.it/cfti4med/quakes/01667.html .
Altro particolare curioso. Diversamente da quanto è accaduto per l’altra immane tragedia che ha  colpito la città di Foggia, i bombardamenti dell’estate del 1943 (con la susseguente polemica sul numero esatto delle vittime…) il CFTI ritiene che le vittime furono largamente sottostimate dai cronisti dell’epoca (che parlarono di 164 morti), anche perché non si tenne conto dei pastori transumanti che affollavano le campagne del Tavoliere. Secondo i ricercatori, le vittime nella sola Foggia superarono il mezzo migliaio.
Di seguito la prima parte dell’interessante scheda del CFTI.

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Stato della revisione del terremoto
È stata revisionata la bibliografia del Catalogo ed è stata sviluppata una ricerca bibliografica e archivistica. La ricerca, che ha portato al reperimento di una vasta documentazione coeva, è stata condotta presso i maggiori archivi locali e nazionali con particolare riferimento alla regione pugliese, per la quale lo spoglio archivistico può dirsi esaustivo. Presso l’Archivio di Stato di Foggia sono stati reperiti numerosi documenti relativi sia alle perizie tecniche condotte per accertare i danni agli edifici, sia ai provvedimenti amministrativi presi dalle autorità locali per fronteggiare l’emergenza.

L’epicentro, secondo il CFTI

Le ricerche svolte presso gli archivi di Stato di Napoli, Taranto, Bari hanno fornito ulteriori informazioni positive. È stata esaminata in modo approfondito anche la documentazione ecclesiastica. È stato eseguito presso l’Archivio Segreto Vaticano lo spoglio della documentazione costituita dalle relazioni sulle diocesi pugliesi e i carteggi dei vescovi locali con il nunzio di Napoli, Simonetti, per un totale di 33 relazioni indipendenti che delineano gli effetti nelle località colpite. Successivamente, è stato sviluppato un approfondimento presso gli archivi ecclesiastici locali (Acquaviva delle Fonti, Bisceglie, Campi Salentina, Cerignola, Molfetta, Oria, San Marco in Lamis, Troia), alcuni dei quali (in particolare gli archivi diocesani di Oria e Troia) contengono numerosi documenti relativi a interventi di restauro di singoli edifici. Notevole il contributo informativo della documentazione conservata presso l’archivio privato Doria-Pamphilj, dove è stata reperita una cospicua corrispondenza (26 lettere) tra il principe Giovanni Andrea III, le autorità pubbliche e i fattori delle proprietà della famiglia nella regione di Melfi. È stato quindi complessivamente analizzato un consistente patrimonio documentario, sconosciuto alla precedente letteratura sismologica, e inedito.

L’epicentro, secondo in CNR

La ricerca si è estesa alle gazzette del tempo (3 testate) e alla memorialistica manoscritta locale conservata presso le biblioteche di Molfetta, Manfredonia, Napoli, Bari, Bitonto. Lo studio è stato completato da un esame della storiografia locale tra XIX e XX secolo e della letteratura sismologica recente (Molin 1985).
Sviluppo della revisione del terremoto
Di grande interesse si è rivelato lo spoglio del fondo della “Dogana delle pecore” conservato presso l’Archivio di Stato di Foggia, in particolare le serie denominate “Carte patrimoniali e amministrative”, “Contabilità e Segreteria” e “Processi civili”. È stata reperita e studiata una notevole quantità di documenti, comprendenti anche perizie tecniche, inerenti agli effetti di danneggiamento sugli edifici pubblici e privati di Foggia. La serie delle “Carte patrimoniali e amministrative”, che conserva i bandi emanati nei giorni immediatamente successivi al terremoto dal Presidente della “Dogana delle pecore”, si è dimostrata di grande utilità ai fini della ricostruzione dell’attività straordinaria svolta dalle autorità locali in occasione dell’evento. Sono state condotte ricerche anche in altre sedi archivistiche (Archivi di Stato di Bari, Taranto, Napoli, Archivio e Biblioteca di Molfetta) che hanno consentito il reperimento di documentazione meno significativa rispetto a quella presa in esame presso l’Archivio di Stato di Foggia.
Informazioni, utili per allargare l’area degli effetti ad alcune località della Basilicata, sono scaturite dall’esame della documentazione conservata presso l’Archivio Doria Pamphilj di Roma. La corrispondenza intercorsa tra i membri della famiglia Doria, i loro rappresentanti in loco e le autorità di governo, ha permesso di acquisire, relativamente a un’ampia regione comprendente il territorio melfese, importanti informazioni sulla portata degli effetti sulla cronologia delle scosse e sulla natura dei provvedimenti adottati dalle autorità per fronteggiare l’emergenza.
Per quel che concerne il vaglio della documentazione prodotta dalle autorità ecclesiastiche sono stati esaminati i seguenti fondi dell’Archivio Segreto Vaticano: “Segreteria di Stato”, “Vescovi”, “Sacra Congregatio Concilii, Relationes”, “Tesoreria generale”. Le informazioni raccolte si sono dimostrate particolarmente utili ai fini della classificazione di nuove località interessate dall’evento. Le “Relationes ad limina” dei Vescovi consentono, associate alla corrispondenza conservata negli altri fondi vaticani compulsati, di delineare un quadro sufficientemente dettagliato degli interventi di restauro e ricostruzione che interessarono gli edifici di culto e il patrimonio immobiliare di proprietà della Chiesa.
Lo studio della documentazione prodotta dalle autorità ecclesiastiche non poteva trascurare gli Archivi Capitolari e Diocesani locali: Archivio Capitolare della Chiesa Collegiata di Campi Salentina, Archivio Capitolare di Bisceglie, Archivio Capitolare di Cerignola, Archivio della Chiesa Matrice di San Marco in Lamis, Archivio della Curia Prelatizia di Acquaviva delle Fonti, Archivio della parrocchia di Santa Maria in Sylvis di Serracapriola, Archivio Diocesano di Molfetta, Archivio Diocesano di Oria, Archivio Vescovile di Troia. La documentazione reperita ha consentito di rintracciare informazioni relative a una serie di località per le quali non si disponeva di notizie ufficiali. Sempre per quel che concerne la testimonianze di ambito ecclesiastico è stato effettuato un sondaggio presso l’Archivum Romanum Societatis Iesu, che conserva tutti i documenti relativi all’attività della Compagnia di Gesù. In particolare sono state vagliate le “Litterae annuae” riguardanti la circoscrizione amministrativa della Provincia Napoletana fino all’anno 1734. I dati reperiti hanno consentito di ampliare il numero delle località classificate.
Interessanti, ai fini della ricostruzione del campo macrosismico e dell’impatto dell’evento sulla società, si sono rivelate alcune cronache e corrispondenze pubblicate sulle “Gazzette” a stampa coeve, reperite in alcune biblioteche nazionali.

Effetti sul contesto sociale
Il terremoto interessò la Capitanata e il suo centro amministrativo principale, Foggia, che nella realtà del Regno di Napoli rappresentavano un polo di grande importanza per gli equilibri finanziari, economici e politici dello Stato. Foggia era la sede della “Dogana della mena delle pecore”, che estendeva la sua giurisdizione su un’ampia regione che da Andria, Barletta e Corato giungeva sino a Castel del Monte e Canosa di Puglia. Le magistrature residenti nella città assicuravano la riscossione dei tributi gravanti sulla pastorizia transumante e sulla commercializzazione dei suoi prodotti. Il notevole flusso finanziario veniva convogliato nelle casse dell’erario anche attraverso il controllo e la centralizzazione del mercato che si realizzava nell’annuale importantissima fiera foggiana di Maggio. I proventi di questo mercato erano, all’epoca del terremoto, appannaggio della guarnigione militare tedesca di stanza nel Regno di Napoli.

Tenendo conto di questa particolare situazione, si comprende perché l’evento sismico, verificatosi in un periodo dell’anno precedente la fiera commerciale, suscitò grandi preoccupazioni nelle autorità civili a livello locale e centrale. La loro azione fu infatti immediatamente tesa a evitare che le distruzioni subite dalla città di Foggia impedissero lo svolgimento della fiera e le normali attività economiche che le erano collegate. Sotto questa luce va interpretata la “pronta rinascita” delle attività cittadine e la sollecitudine delle istituzioni per l’opera di soccorso, riportata dalle fonti coeve. Il terremoto danneggiò gravemente gli assetti economici della città legati anche ai redditi prodotti dal mercato immobiliare che, in seguito al terremoto, fu colpito da notevoli fenomeni speculativi.

L’attività agricola nelle campagne foggiane fu fortemente compromessa dal crollo degli edifici rurali e dalla perdita di animali e scorte alimentari sotto le macerie. I fondi agricoli facevano capo a grandi unità aziendali, le “masserie”. Nelle pianure semideserte del Tavoliere, il flusso invernale dei pastori transumanti trovava alloggio negli “jazzi”, modestissimi ripari che, assieme alle masserie, rappresentavano le tipologie insediative prevalenti nella Capitanata agricola del Settecento. Queste strutture edilizie furono molto danneggiate. La gran parte della popolazione viveva in pochi grandi centri situati alla confluenza delle strade e dei tratturi o nei centri costieri, la cui funzione prevalente era quella di scali marittimi adibiti alla commercializzazione dei prodotti agricoli.

A Foggia, che contava allora 15.000 abitanti, ci furono più di 500 morti (3%). Le fonti non consentono di valutare in modo attendibile la mortalità verificatasi nelle campagne circostanti. I dati reperiti attestano la generale rovina dell’edilizia rurale nella pianura foggiana, pertanto è credibile che la mortalità abbia raggiunto livelli elevati in tutto il circondario, al punto da causare un bando del preside della “Dogana della mena delle pecore”, marchese Ruoti, che per motivi di tutela dell’igiene e dell’ordine pubblico, vietò il trasporto di cadaveri provenienti dalle campagne circostanti nei cimiteri cittadini. Studiosi dell’Ottocento stimarono in 3.600 il numero complessivo dei morti in tutto il foggiano.

Elementi demografici
Il numero delle vittime causate dal terremoto a Foggia, che nel 1731 contava circa 15.000 abitanti, fu oggetto di diverse stime, sovente molto discordanti tra di loro. Alcuni cronisti coevi riportarono la cifra, alquanto inverosimile, di 164 morti, mentre sulle gazzette, sugli avvisi a stampa dell’epoca ed in alcune testimonianze dirette si scrisse di un migliaio di morti nella città e di circa 200 vittime nelle masserie e negli edifici rurali ad essa vicini. Queste stime non tenevano conto della mortalità avvenuta tra i pastori transumanti abruzzesi che, in quella stagione, si trovavano con gli armenti nei pascoli invernali del Tavoliere. I dati reperiti attestano la generale rovina dell’edilizia rurale nella pianura foggiana, pertanto è credibile che la mortalità abbia raggiunto livelli elevati in tutto il circondario, a tal punto da indurre il Preside della “Dogana della mena delle pecore”, marchese Ruoti, ad emanare un bando che, per motivi di tutela dell’igiene e dell’ordine pubblico, vietò il trasporto di cadaveri provenienti dalle campagne circostanti nei cimiteri cittadini . Studiosi dell’800 stimarono in 3.600 il numero complessivo dei morti in tutto il foggiano.
Alcune relazioni edite nei giorni immediatamente successivi al terremoto riportarono appunto la cifra di 500 cadaveri disseppelliti dalle macerie. I morti nella città di Foggia superarono probabilmente il mezzo migliaio, corrispondenti a più del 3% della popolazione. Le testimonianze reperite sono concordi nel segnalare una rapida ripresa delle attività cittadine dopo il terremoto.

(1.continua)

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Author: Geppe Inserra

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