È diventata quasi proverbiale la campagna elettorale di un candidato sindaco di Foggia, il conte Franchini, che promise ai cittadini di portare il mare a Foggia, se le urne l’avessero premiato. Da allora, nel capoluogo dauno “portare il mare a Foggia” sta a designare la promessa elettorale esagerata, il sogno che mai si realizzerà.
In realtà, il visionario progetto del buon Franchini, era tutt’altro che una boutade. Era stato effettivamente preso in considerazione dal Governo, e già molti anni prima che il Conte se ne servisse per cercare di conquistare la fascia tricolore.
L’idea era di creare un canale navigabile tra il capoluogo dauno e la riviera sipontina, potenziando uno dei corsi d’acqua già esistenti, in modo da poterlo utilizzare – e non si può negare che l’ipotesi avesse taluni aspetti di pura genialità – anche a fini irrigui. Ad accarezzare questo sogno fu il tanto vituperato governo borbonico che nel 1838 spedì a Foggia, per realizzare quello che si definirebbe oggi uno studiò di fattibilità, un luminare dell’epoca, Vincenzo Antonio Rossi, esperto di trasporti fluviali ma anche di bonifica.
L’ingegnere approdò a conclusioni sorprendenti: bocciò l’idea di rendere navigabili i corsi d’acqua già esistenti, anche a causa della endemica penuria idrica del territorio, ma ritenne che sarebbe stato possibile realizzare un canale ex novo, con la particolare tecnica che vedremo dopo.
Esimio componente dell’Accademia Pontaniana, una delle più antiche istituzioni culturali d’Italia, che ha sede a Napoli (fu fondata nel 1458), Rossi riferì della sua esperienza in Capitanata ai soci dell’Accademia, nella tornata del 18 agosto 1838, e più tardi, nel 1845, dette alle stampe la sua relazione che venne pubblicata a Napoli da’ torchi del Tramater.
Il libro è una preziosa testimonianza non soltanto della situazione geografica della provincia di Foggia, ma anche di quella economica e commerciale. Lo ha reso disponibile on line attraverso Google Book, la Biblioteca Nazionale di Napoli, che custodisce quella che è forse l’unica copia. Potete leggerlo o scaricarlo a questo link.
Lo studio dell’ing. Rossi è particolarmente approfondito, e dettagliato.
“Fu immaginato – vi si legge – di stabilire una navigazione mediterranea in Capitanata , ed in ispezialtà tra Foggia e Manfredonia : e di far valere le acque che servir dovevano per la navigazione alla irrigazione ancora. Ma non abbastanza nota l’indole de’ fiumi di quella provincia, da una parte chi immagino la cosa troppo ripromette vasi, dall‘ altra vi era chi di troppa bizarria l’ accusava. Fu perciò che il Governo risolvette di spedire colà un ingegnere all’oggetto: ed un tale onorevole incarico fu a me affidato. La mia gita in Capitanata pel detto oggetto ebbe luogo nei primi mesi dell‘anno 1838.”
La relazione conferma dunque che i Borbone furono particolarmente attenti alla idea di “portare il mare a Foggia”, attraverso la realizzazione di un canale navigabile.
Ed è questa l’ipotesi che Rossi affronta dopo aver scartato per diverse ragioni quella di rendere navigabili i fiumi attuali (per le barche a chiglia – scrive motivando la bocciatura – vi manca sempre, meno che per qual che brevissimo tratto, la profondità, per le barche piatte vi si oppone potentemente la variabilità delle sponde o del letto , e le istantanee piene- per entrambe la soverchia pendenza. Né opere d’ arti anche le più difficili , potrebbero valere a renderli navigabili con profitto in ogni stagione; non potendo esse stabilirsi senza un’ arginatura quasi generale).
Circa il costruendo canale artificiale, lo studio è particolarmente analitico. Quello che Rossi progetta e ritiene fattibile non è un corso d’acqua vero e proprio ma un ingegnoso sistema di vasche mobili (tecnicamente sostegni a doppie porte), tra di loro collegate attraverso chiuse, come quelle che all’epoca erano stati sperimentati con successo in alcune parti della Francia.
L’ingegnere si sofferma sul dimensionamento di ciascuna conca: “le troppo grandi dimensioni conducono a grandi spese, consumano molt’acqua, richiedono troppo tempo pel passaggio pei sostegni, e rendono men facile la manovra delle porte, non sono veramente utili che quando si debba in una sol volta assai trasportare. Se le minime richiedono minore spesa, d’altra parte vi è perdita di tempo dovendosi per non perdere forza attaccare ad un sol cavallo un convoglio di più battelli, nè ogni sorta di genere vi si può trasportare senza avaria.”
Rossi giunge al dimensionamento ottimale del canale analizzando con dovizie di dati il volume del trasporto di merci che sarebbe andato a realizzarsi, una volta completata l’opera.
Stima la grandezza dei battelli (“barche di larghezza pal. 8,32 , di lunghezza pal. 86,56, e di altezza pal. 4,54, aventi la portata di 22 tonnellate”, ovvero, convertendo l’antica misura dei palmi si ottiene un natante di circa 2,2 metri di larghezza, quasi 23 di lunghezza e poco più di un metro di altezza.) Un calcolo molto accurato Rossi svolge anche per misurare la caduta di ciascun sostegno, vale a dire l’altezza tra una vasca e l’altra, nonché sul consumo complessivo di acqua, basato sulla previsione del numero di battelli che avrebbe dovuto annualmente navigare lungo le conche del canale: poco meno di 4.000 viaggi, con un consumo d’acqua complessivo di 20.681.537 palmi cubici d’acqua) per il solo servizio dei battelli, al netto delle perdite derivanti da evaporazione e di infiltrazione, che portano il consumo annuale complessivo a 81.368.322 palmi cubici, pari a circa un milione mezzo di metri cubi d’acqua.
Ma come fare fronte ad un fabbisogno idrico così considerevole, in una terra per sua natura arsa e sitibonda? L’ing. Rossi indica la soluzione nella utilizzazione della acqua dei torrenti Celone e Cervaro.
Un’opera imponente dunque, per alcuni versi addirittura faraonica.
Il punto è: è conveniente o meno? L’ingegnere incaricato dal Governo di verificare la fattibilità dell’opera la giudica senz’altro utile, ma non conveniente, almeno per quei tempi.
La conclusione della relazione che Rossi svolge per i colleghi accademici è sorprendentemente attuale: “parmi che queste mie memorie così ordinate, offrano bastevoli elementi onde possa conchiudersi della convenienza dell’opera; ché sapete ottimamente come male si avviserebbe chi credesse doversi mandare ad effetto l’impresa solo perché possibile, o non doversi solo perché di grave spesa: dovendosi sempre instituir paragone tra i capitali da impiegarsi e la utilità che da essi trarrebbesi per una data opera; onde poi poter conchiudere di impiegarli a preferenza per essa, od esser meglio volgerli a più necessario o più utile impresa. Quanto a me stimo utile la cosa , ma non conveniente , almeno per ora , mancando ancora quella provincia di buone e regolari strade rotabili; le quali sorte di comunicazioni debbono sempre, com’ è generale opinione, compirsi prima che intraprenderne di altre.”
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interessantissima notizia. Però come spesso accade la politica non fa i conti con la realtà, ovvero questi corsi d'acqua per molti mesi dell'anno sono in secca e negli altri è possibile il verificarsi correnti molto turbolente (questo accade oggi, comunque non credo che a quei tempi la situazione fosse molto diversa).
Un bell'articolo con una notizia che direi inedita.