di Maurizio De Tullio
Vorrei parlarvi oggi del mio lavoro, o meglio del mio posto di lavoro: la Biblioteca Provinciale (?) “La Magna Capitana” di Foggia. Si tratta di un’antichissima istituzione culturale italiana, risalente al 1834, con alle spalle, quindi, oltre 180 anni di storia.
“La Magna Capitana” di Foggia – che fa parte del sistema bibliotecario pugliese ed è la capofila nei progetti di assistenza a tutte le altre biblioteche della Capitanata e in altri a livello regionale – rientra in un polo culturale che comprende anche la Biblioteca dei Ragazzi (premiata a livello nazionale), l’Archivio Storico Provinciale, la Galleria d’Arte Moderna, il Museo di Scienze Naturali, il Museo Interattivo delle Scienze (secondo al Sud dopo quello di Napoli) e il Museo del Territorio.
Quella di Foggia è la seconda più grande e importante Biblioteca del Sud dopo la “Nazionale” di Napoli. Ha resistito alle bombe e – fino a ieri – anche all’insensibilità.
A regime vi opera(va)no in queste sette strutture circa un centinaio di lavoratori (ma solo una settantina dipendenti di ruolo); a breve saremo ex impiegati della Provincia di Foggia e in futuro, cioè fra qualche mese, non si sa cosa saremo e cosa andremo a fare. In virtù del riordino previsto dalla Legge Delrio, non siamo più né carne, né pesce.
La Regione Puglia tutto questo lo sapeva e lo sa, ma non si è decisa prima e continua a non decidere – comunicandolo a noi e a tutti i suoi cittadini e contribuenti – se la Cultura è un bene da preservare o una sorta di ISIS da combattere.
Per i detrattori del lavoro pubblico, il cui personale da sempre è considerato un esercito di nullafacenti, fortunati e ben pagati, sarà l’occasione per festeggiare. Eppure qui guadagniamo dai 900 ai 1.500 euro e nessuno di certo si è mai arricchito. Tanto, così va il populismo all’italiana: si riesce a intravedere sempre la pagliuzza nell’occhio altrui e mai la trave che ci penzola davanti.
Ma non è di questo che vorrei parlare: il pubblico impiego è pieno di gente infame che a mio avviso andava e va licenziata dopo cinque minuti per il male che fa, per il lavoro che non fa o che fa male, per l’assenza di un minimo senso del dovere. Per cui non sto a difendere posizioni di rendita, anzi, chi mi conosce sa come mi comporterei al posto dei tanti dirigenti che ho conosciuto in questi quasi 30 anni di lavoro pubblico.
È della Biblioteca che voglio parlarvi e della pena profonda che provo per questa città infame e per questa Istituzione ferita quasi a morte.
A leggere i resoconti della stampa cittadina si rinforza in me l’idea di come Foggia sia davvero destinata a implodere prima o poi, a non avere una vera classe dirigente degna di questa definizione, a non avere una Società Civile altrettanto capace di essere tale.
Leggo in questi giorni di una vittoria straordinaria che ha portato la città di Foggia a primeggiare in Italia. Se chiedessi a qualche giovane di cosa sto parlando, senza ombra di dubbio risponderebbe: ma del pugile foggiano (residente a Torino) Andrea Scarpa, che ha vinto la settimana scorsa un titolo mondiale di boxe!
Invece mi riferivo a ben altro risultato (beninteso: tanto di cappello al bravo boxeur foggiano per l’altissimo e prestigioso titolo vinto). Mi riferivo, cioè, alla vittoria dello spin-off dell’Università di Foggia al PNI 2015, “New Gluten World”, che ha fatto gridare al miracolo lo stesso Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Questa vittoria (ed anche quella di Andrea Scarpa) sono l’apice di una qualità dell’impegno foggiano: dell’Università da un lato e dello spirito foggiano in campo sportivo.
In basso, invece, e sempre a leggere la stampa locale e certi siti web, si sottolinea la strenua difesa dei “valori foggiani”, il mitico “orgoglio foggiano”: l’accensione dell’albero dinanzi il pronao della Villa Comunale, l’accensione del mega falò in via Imperiale, le casette di legno per il cosiddetto “mercatino natalizio foggiano” in piazza Giordano (foggiano? cinese piuttosto!! S SHAPE * MERGEFORMAT i veda nelle vicine Lecce e Benevento la voce “mercatino natalizio” in cosa consista!)…
Detto dell’apice e del pedice non resta da considerare l’immane spazio coperto dal resto. Cioè dal niente. Perché è in questa categoria che si colloca quel magma foggiano che nulla è, nulla fa, nulla sarà.
I foggiani sono pronti a tagliarsi le vene pur di esibire su una felpa lo slogan “Orgoglio foggiano” (Sindaco in testa) ma sono incapaci di dire “bah” di fronte a una sorta di omicidio preterintenzionale che si sta compiendo sui loro figli e nipoti, sul futuro culturale di questa loro città, come se questo aspetto, questa grande e storica Istituzione non li riguardasse!
Insomma, nessuno spasmo d’orgoglio nel difendere la “loro” Biblioteca Provinciale, quella che ha permesso a decine di migliaia di foggiani (e non foggiani) di studiare per diplomarsi, laurearsi, vincere un concorso, che ha permesso fino ad oggi di leggere per informarsi, di far crescere i loro bambini e ragazzi all’insegna di iniziative aggreganti e lievemente colte, di giocare ad imparare, che ha permesso di farli divertire, di vedere film, di ascoltare musica, di imparare lingue e idiomi diversi, di conoscere ed apprezzare le diversità, di conservare e divulgare la memoria storica, il nostro passato migliore. In una parola: l’orgoglio di una simile Istituzione culturale.
Tutto questo adesso rischia la scomparsa: dall’oggi al domani. Se non fosse per Filippo Santigliano della “Gazzetta del Mezzogiorno”, per il prof. Saverio Russo della ‘Fondazione Banca del Monte’ e per pochi altri – che da anni urlano ai quattro venti il dramma della nostra lenta agonia – nessun foggiano mediamente sobrio e conscio di quel che sta accadendo ai danni della loro città, ha alzato la voce.
E tutti gli altri “orgogliosi” foggiani dove sono? Il Sindaco di Foggia e quelli delle altre 60 piccole e grandi città della Capitanata dove sono? Gli Assessori alla Cultura di ieri e di oggi? E gli uomini e le donne della politica, dell’imprenditoria, della scuola, dell’università, del commercio, del terzo settore, dell’associazionismo, anche quelli della Chiesa e dello sport, il mondo dell’informazione, e tutti quelli che fino a ieri si sono riempiti la bocca di facili slogan come “Società Civile” dove sono? E dove sono le decine di migliaia di ‘vegetali digitali’ alle prese con faccine sorridenti, generosissimi ‘Mi Piace’ e fantomatiche ‘Condivisioni’?
Ecco, tra un apice di eccellenze e un pedice di mediocrità c’è il mare magnum dove bellamente naviga l’assenza dell’essenza.
Io non mi dolgo del lavoro di qualità – che insieme a decine di altri miei colleghi abbiamo finora svolto in Biblioteca – che rischia di sfumare: in fondo lo stipendio (ci dicono) sarà assicurato. Mi spiace solo che potremmo andare a lavare piatti in una ASL del Piemonte, a timbrare carte in un Tribunale mentre catene e lucchetti faranno bella mostra di sé in viale Michelangelo n. 1. Ma questo sarà sempre il male minore.
Il peggio è quello che resta qui: la città senza comunità, che perderà tracce della sua memoria condivisa, che non proverà per l’ennesima volta a crescere e a smarcarsi dalla mediocrità e da quel malinteso senso dell’orgoglio.
Il termine “orgoglio” (Dizionario Treccani alla mano) indica “Stima eccessiva di sé; esagerato sentimento della propria dignità, dei proprî meriti, della propria posizione o condizione sociale, per cui ci si considera superiori agli altri”.
Domanda: perché l’orgoglio di cui sopra nei foggiani non scatta ANCHE nel difendere un baluardo di civiltà che da 181 anni ha fatto da contraltare al deserto dell’incultura e della grettezza e che adesso si vuol gettare via come spazzatura?
Con sincera disistima, Maurizio De Tullio
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