Piaccia o meno, l’intervento pubblico nel Mezzogiorno sarà nei prossimi anni, e forse decenni, orientato e pilotato dal Masterplan che il Governo ha licenziato nelle sue linee guida nelle scorse settimane. Spetterà alle Regioni e, come si usa dire, ai territori riempire di contenuti questo strumento, che convoglierà verso investimenti in infrastrutture, tutte le risorse finanziarie disponibili, di origine nazionale e comunitaria.
Renzi è stato di parola, ma non basta ancora: il Masterplan certifica la volontà del Governo di cambiare passo e marcia, rispetto al Mezzogiorno, che però si aspetta una svolta reale. Affermare che “le risorse ci sono” come vanno ripetendo da mesi autorevoli esponenti dell’esecutivo, è dire una mezza verità.
È vero che c’è un a cospicua disponibilità di risorse finanziarie, soprattutto comunitarie, che non vengono spese con la tempestività e con la qualità che sarebbe necessario. Ma bisogna sostenere con altrettanta chiarezza che spendere presto e bene questi soldi non è sufficiente a garantire il superamento del divario tra Nord e Sud.
Se veramente si vuole affrontare alla radice la questione meridionale (che è un problema comunque non solo economico e politico, ma anche morale) occorre invertire la tendenza anche per quanto riguarda l’intervento ordinario dello Stato, nel senso che bisogna spendere al Sud più che al Nord. Senza se e senza ma.
Premesso tutto questo, il percorso verso il Masterplan rappresenta sicuramente un banco di prova impegnativo per i cosiddetti territori, chiamati ad esprimere le loro istanze. All’interno del processo disegnato dal Governo, la Puglia appare ben presente e protagonista.
Lo strumento attuativo essenziale del Masterplan sarà rappresentato dai Patti per il Sud, che saranno definiti dal lavoro comune Governo-Regioni-Città Metropolitane. La Puglia è la sola regione meridionale per la quale ne siano previsti tre: uno per Bari, l’altro per Taranto, il terzo per la Puglia come tale.
La Capitanata dovrà cercare di star ben presente, a sua volta, all’interno di questo percorso, definendo da subito le priorità in termini di infrastrutture e cercando di riempire di contenuti un confronto sullo sviluppo da troppi anni latitante.
Una prima significativa tappa viene celebrata oggi con il convegno promosso da Lavoro&Welfare e Capitanata Futura (ore 17.30 presso la Sala Mazza del Museo Civico, sopra il programma). E non è un caso che a rompere gli indugi sia stata la società civile.
Il silenzio che ha accompagnato la fase di gestione del Masterplan da parte della politica e delle istituzioni locali (con la sola, lodevole eccezione della Camera di Commercio) non autorizza molte speranze, e così pure la tradizionale litigiosità che solitamente viene espressa dal tessuto sociale e civile quando si parla di opere pubbliche e di investimenti per il futuro.
Per dirla con un eufemismo (basti ricordare tutte le polemiche che puntualmente esplodono sull’allungamento della pista dell’aeroporto Lisa o sul completamento della superstrada garganica) il territorio non sembra capace di esprimere una visione unitaria e coesa del proprio futuro.
Ma è un lusso che non possiamo più permetterci, perché il Masterplan è davvero l’ultima spiaggia.
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