Mandorle attorrate e non atterrate. Parola di poeta.

Si dice mandorle atterrate o mandorle attorrate? Se lo chiede Davide Leccese rilanciando un’antica e irrisolta questione. In effetti storici e gastronomi si sono arrovellati ed accapigliati per decenni, senza venire a capo del busillis.
Però la rete fornisce oggi nuove opportunità di analisi, mettendo a  disposizione di ognuno strumenti di ricerca linguistica e di confronto di cui prima non si disponeva.
La risposta dei motori di ricerca è che entrambe le locuzioni sono valide: mandorle atterrate è sicuramente più diffuso di mandorle attorrate, ma queste sono assai più antiche.
Ma che si dica in un modo o nell’altro, che cosa significa l’attributo attorrate o atterrate?
La risposta giunge, a sorpresa. dal poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli, che in un sonetto scrive: “Ste mmànnole più presto me l’attorro” (Queste mandorle al più presto me le attorro”, aggiungendo in una nota di suo pugno: “Mandorle attorrate: abbrustolite, cioè, poi conciate con zucchero.”
L’etimo non è tuttavia dialettale, ma classico, perché risale addirittura al latino, come scrive nel suo Vocabolario romanesco belliano e italiano-romanesco, Gennaro Vaccaro: “ATTORRA (lat. torrere, con pref. d’avvicinamento ad – at-) v.t. Abbrustolire. Tostare”. Vaccaro cita, oltre al sonetto di cui ho detto prima, anche una lettera che il poeta aveva scritto al suo figlio, l’11 ottobre 1855: “Credo che v’intervenga anche il Papa colle saccocce piene di tisichelle e di mandorle attorrate.”
La ricerca linguistica offre anche sorprendenti risposte ai dubbi sull’origine delle leccornia natalizia. Nel 1792, nel suo Notiziario delle produzioni particolari del Regno di Napoli e delle cacce riserbate al reale divertimento, Vincenzo Corrado ne fa risalire la produzione a Trani. Nel Dizionario geografico-ragionato del regno di Napoli, Laurent Justinien scrive che “a Bari, si lavora con qualche particolarità il torrone, mandorle attorrate, ed un certo rosolio, che chiamano acqua stomatica di un gusto veramente delicato e molto giovevole.”

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Author: Geppe Inserra

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