Confesso. Questa volta avevo creduto a Matteo Renzi e al suo impegno per il Mezzogiorno. Ricorderete la seduta monotematica della direzione del Pd dedicata al Sud, agli inizi di agosto. Ricorderete l’impegno solenne assunto dal premier in quella occasione: un masterplan per il Mezzogiorno da mettere a punto prima della legge di stabilità, che è poi la legge che determina il bilancio dello Stato.
Il premier aveva fissato, com’è nel suo costume, una road map severa: entro settembre avrebbe dovuto essere pronto il programma per il Sud, che avrebbe dovuto poi trovare la relative poste finanziarie nella legge di stabilità.
Da allora non è successo nulla: Renzi ha disertato l’inaugurazione della Fiera del Levante in cui si sarebbe dovuto sapere qualcosa di più sulla svolta meridionalistica del Governo. Il masterplan non s’è ancora visto e, stando ai rumors trapelati in questi giorni sulla legge di stabilità (visto che il testo vero e proprio ancora non c’è, ma nel frattempo si sono sprecati tweet, messaggi sul social e via dicendo); le poste del bilancio dello Stato espressamente riservate al Mezzogiorno sono scarse, briciole, che si limitano alla Terra dei Fuochi, al completamento della Salerno-Reggio Calabria e all’Ilva di Taranto.
Nel frattempo – come ha argutamente sottolineato qualche giorno fa sulla Gazzetta del Mezzogiorno, Lino Patruno – il Governo ha cassato le quote di cofinziamento statale dei progetti europei da realizzarsi nel Mezzogiorno, e che non sono stati ancora avviati, utilizzando quelle quote per misure a sostegno dell’occupazione, che hanno funzionato – per espressa ammissione dello stesso premier – molto più a Nord che non al Sud.
Morale: i soldi promessi non arriveranno, e quelli già destinati al Sud sono stati devoluti ad investimenti che hanno privilegiato il Settentrione.
La seduta monotematica della direzione del Pd venne convocata qualche giorno dopo la pubblicazione dell’annuale rapporto Svimez che evidenziata il rischio di una crisi non più reversibile per il Sud e richiamava la necessità di una inversione di tendenza. “Si ricordano del Sud una volta l’anno – scrisse Lettere Meridiane in quella occasione-. Come succede a Natale, che siamo tutti più buoni, o alla Domenica delle Palme, che si fa la pace con quelli con cui ci guardiamo in cagnesco. Accade tutti gli anni, all’indomani della presentazione dell’annuale rapporto Svimez. Un giorno o due di sdegno e preoccupazione, di riflessioni, di promesse, poi tutto torna come prima.”
E’ andata così anche quest’anno. Ma il peggio è che neppure ci scandalizziamo. Questo Sud, rassegnato, è destinato al sottosviluppo.
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Geppe Inserra, alcune volte serve fare autocritica mettendo da parte ogni ulteriore considerazione. Sulla incapacità di utilizzare i fondi comunitari del sud, ma faccio principalmente riferimento alla Capitanata, i due Sistemi, Politico e Produttivo, vedono i fianziamenti non come opportunità per crescere ma come opportunismo. Riescono a fruire dei finanziamenti solo chi si assoggettati a determinati iter burocratici piuttosto tortuosi che non tutti sono capaci di seguire . Chi può e chi riesce sono molto pochi.