L’anniversario dimenticato: dieci anni fa moriva Matteo Salvatore

“Se l’Italia avesse un minimo di dignità e d’onore l’alta Puglia non sarebbe il luogo del culto di Padre Pio ma di Matteo Salvatore. Matteo Salvatore è stato un miracolo vivente degli ultimi cinquant’anni, un grande poeta popolare, un cantante sopraffino di ineguagliabile musicalità, un ottimo chitarrista con una tecnica autodidatta ma di audace raffinatezza.”  Così scriveva, qualche anno fa, il cantautore Alessio Lega.
Difficile immaginare che, dieci anni dopo la sua morte, non solo la “fortuna” del folksinger di Apricena non sarebbe stata neanche lontanamente paragonabile a quella del frate di Pietrelcina, ma che sarebbe passato del tutto sotto silenzio un anniversario così significativo come il decennale della sua morte.
Va detto che le istituzioni questa volta c’entrano fino a un certo punto. I grandi assenti sono gli intellettuali, le associazioni culturali che fino a qualche anno fa si litigavano l’eredità di Matteo, ma che non sono alla fine riusciti a fare sistema a creare qualcosa di serio e di duraturo nel nome e nel ricordo del poeta cantautore.

C’è un solo modo per custodire, tutelare e valorizzare l’eredità di un personaggio straordinario, monumentale com’è stato Matteo: non stancarsi mai di cantarlo, di suonarlo, di ascoltarlo.
È proprio questo che non c’è stato. All’indomani della sua morte, il nome di Matteo Salvatore è stato speso per svariate produzioni creative: editoriali, cinematografiche, teatrali.
Nel leggere le cose che su di lui sono state scritte, i documentari che sono stati girati, nel vedere gli spettacoli, mi sono spesso domandato che ne avrebbe pensato.
Mi sono risposto che avrebbe fatto come tante volte l’ho visto fare: avrebbe imbracciato la chitarra, cantando le sue canzoni.
È questo che ci è mancato. È questo che avremmo dovuto fare.

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Author: Geppe Inserra

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