Enrico Ciccarelli interviene con una lucida e puntuale analisi su quanto sta avvenendo a Teleblu e sulla lettera meridiana dedicata a questa vicenda. Ecco il contributo di Enrico, che ringrazio affettuosamente (g.i.)
Caro Geppe, l’analisi è interessante, ed è lodevole come ogni tentativo
di riflessione in una società come quella foggiana, che appare
sostanzialmente incapace di riflettere sul proprio destino. Mi permetto
di intervenire in modo critico perché penso che non serva a nessuno, men
che meno ai colleghi di Teleblù, un esercizio consolatorio.
Innanzitutto
un rilievo storico: l’attuale Teleblù, la Teleradioerre di Tavasci
(così come la Teledauna di Colecchia e poi di Di Carlo) furono la
risposta alla ritirata della politica, che dal 1984 aveva infeudato per
quasi un decennio l’emittenza locale. Non lo dico per stabilire una
graduatoria di merito: sono orgoglioso di avere contribuito, con Franco
Cafarelli e con sua moglie Liliana, ai primi passi di Teleblù, così come
sono felice di avere collaborato a lungo con la Teleblù di Salatto e la
Teleradioerre di Tavasci ed Euclide Della Vista. Sottolineo soltanto
come il tema della politica, delle sue divisioni, del pluralismo più o
meno genuino che determinava, si sia pari pari riprodotto nella stagione
successiva, quando la politica non era più direttamente “domina”.
Lo
rimarco perché sai benissimo che il peccato originale dell’emittenza
locale foggiana sia stata la mancanza di una prospettiva di territorio,
nel perseguire quasi ossessivamente una divisione che è andata ben oltre
la legittima concorrenza. Attualmente, dopo il crollo di Videofoggia,
la città di Foggia conta quattro emittenti private. Per avere un termine
di paragone, sono il 10% di quelle attive in Germania. In compenso,
sono pochissime le webtv dedicate alle piccole realtà (quelle che in
altri Paesi d’Europa hanno una dimensione suburbana o rionale). Il
progressivo inaridirsi delle fonti di finanziamento (e mi pare
ingeneroso negare a Salatto il merito di avere difeso per più di
vent’anni posti di lavoro veri, con contratti e buste paga in regola) ha
ricevuto come unica risposta non un ravvedimento e un tentativo di
unificazione, ma al contrario una corsa al dumping sempre più
accentuato, il progressivo taglio degli unici costi comprimibili, cioè
quelli del personale, un affievolimento e un impoverimento progressivo
delle produzioni.
In tutta sincerità non so (e non lo sapremo mai)
se un agire diverso avrebbe permesso risultati migliori: la verità è che
l’emittenza televisiva locale in Italia è un morto che cammina; non
ignori che il “titano Telenorba” vive una situazione gravida di incubi,
che solo robuste provvidenze pubbliche consentono talora di diradare. La
stagione nella quale abbiamo vissuto io e te, e con minor confort i
bravissimi colleghi che hanno raccolto il nostro testimone, è ormai alle
nostre spalle. Il settore è obsoleto come le cabine telefoniche a
gettone e i laboratori per lo sviluppo della pellicola. Stiamo tornando
alla situazione che ti ha visto muovere i primi passi, quando
l’erogazione delle notizie era affare di un paio di pagine della
Gazzetta o di una del Tempo. Ci sono sul web (Foggia Today, Foggia Città
Aperta, il Mattino di Foggia, Teleradioerre, Rec24 e chiedo scusa a
quelli che dimentico) novità e spunti interessanti. È possibile, è
sperabile, che l’annunciata collaborazione Teleblù-Teleradioerre
rappresenti una svolta, chissà. Ma diciamoci la verità, caro Geppe:
questa non è la crisi degli editori, è la crisi dell’editoria, id est
della democrazia. E porta anche la firma dei troppi foggiani che hanno
sempre considerato l’informazione una cosa inutile, di cui approfittare
parassitariamente e di cui dir male a prescindere, nella più classica
delle buttate di acqua sporca con tutto il bambino.
Enrico Ciccarelli
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