Come ha lasciato chiaramente intendere il Ministro alle Infrastrutture, Del Rio, magna pars del Masterplan per il Mezzogiorno annunciato dal premier Renzi sarà rappresentata dalle opere pubbliche, e in fondo non potrebbe essere diversamente. La chiave di volta del divario che contrappone Nord e Sud è proprio il gap infrastrutturale, determinato non solo dall’assenza di autentiche politiche per il Mezzogiorno che ha contraddistinto i governi degli ultimi vent’anni (soprattutto quelli di centrodestra, ma anche quelli tecnici e quelli di centrosinistra hanno avuto le loro responsabilità), ma anche dalla incapacità del Mezzogiorno di spendere presto e bene i finanziamenti che pure gli sono stati assegnati.
Pur con tutte le cautele e con tutta la prudenza che il caso richiede, il varo del Masterplan potrebbe coincidere con una nuova stagione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno, ed è perciò necessario lavorare fin da subito nei territori subregionali per individuare le opere, i progetti, gli obiettivi che dovranno essere inclusi nel programma.
Per quanto riguarda la provincia di Foggia c’è di che essere preoccupati. Anzi, molto preoccupati. Da anni il dibattito sullo sviluppo è asfittico. Dopo l’intensa fase concertativa che produsse Capitanata 2020 e il generoso Progetto Capitanata della Cgil c’è stato poco o nulla. Le opere di Capitanata 2020 sono tutte in ritardo, a cominciare dalla sua idea portante, che ruotava attorno al treno tram. Nel frattempo, sono state definanziate opere di rilevante importanza strategica, come la seconda diga sul Fortore, a Piano dei Limiti.
Riprendere la riflessione e il confronto sullo sviluppo è non solo importante, ma urgente. Occorrerà lavorare prima di tutto per sventare un equivoco che potrebbe risolversi per la Capitanata in un danno pesante: far confusione tra “grandi opere” (di cui non hanno bisogno alcuni territori meridionali e che perciò potrebbero addirittura provocare nuovi divari interni) e le opere tout court di cui vi è necessità per riprendere il cammino verso lo sviluppo.
La soppressione delle Province ha fatto venire meno, per la Capitanata, quell’ente intermedio che negli ultimi decenni è stato un protagonista delle strategie di sviluppo territoriale (basti pensare alla stagione della programmazione negoziata). Bisognerà farsene una ragione, da un lato cercando di valorizzare quel che resta di Palazzo Dogana, dall’altro tentando di promuovere nuove reti istituzionali, che dovranno vedere in prima fila i comuni e coinvolgere il mondo del lavoro e dell’impresa. Un modello interessante può essere quello sperimentato, proprio a Palazzo Dogana, con il protocollo d’intesa per Garanzia Giovani, che ha riunito attorno allo stesso tavolo istituzioni, sindacati, imprese, scuola e università.
Il ruolo più importante spetterà alla Regione, e chissà che proprio dal governo regionale guidato dal “sindaco di Puglia” Michele Emiliano non giunga una bella sorpresa. Un buon viatico in questa direzione può essere rappresentato dalla delegazione foggiana in giunta, forte di Leonardo Di Gioia che fu il protagonista di Capitanata 2020 e di Raffaele Piemontese, titolare dei cordoni della borsa regionale, nonché segretario provinciale del Pd, ovvero del partito del premier. Due assessori in una posizione nevralgica per fare in modo che la Capitanata possa dire la sua nella complessa congiuntura che sta per aprirsi. Ma sarà importante non lasciarli soli: che le scelte da operarsi siano il frutto di una riflessione e di un confronto, non più rinviabili.
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