Di ogni pietra della Cattedrale poteva raccontarvi il significato, il valore simbolico. Per lui il Duomo di Troia era assai più di un monumento di pietra: era racconto, epopea, poema.
La scomparsa di don Mario Maitilasso priva la comunità cattolica e il mondo culturale pugliese di di un grande uomo di fede e di un impareggiabile studioso, che è sempre riuscito a collocare l’oggetto delle sue indagini in un contesto più ampio, starei per dire in un disegno salvifico.
Come custode del Tesoro della Cattedrale è stato un conservatore nel senso più autentico del termine. Divenne famoso quando negò agli Exultet di Troia di partire per Montecassino, dove dovevano essere esposti in una mostra internazionale che cercava di raccogliere tutti questi straordinari oggetti di arte e di fede. Giunsero da tutto il mondo. Restò vuota soltanto la teca troiana.
Mi fece arrabbiare sul serio quando, in occasione della cerimonia del restauro della Porta di Bronzo della Cattedrale, consentì alla esposizione degli Exultet, ma all’ultimo momento riuscì a non farne niente. Allora ero assessore alla cultura nella cittadina del Rosone.
L’esposizione degli Exultet venne annunciata dalla stampa e dalle televisioni. Arrivarono i Carabinieri in alta uniforme, per sorvegliare i preziosissimi rotoli. Sul più bello, ci accorgemmo, sconcertati, che i rotoli esposti non erano gli originali, ma soltanto una riproduzione fotografica.
Quella volta me la presi, ma avrei capito le ragioni del comportamento di don Mario qualche anno più tardi, quando assieme al sindaco Domenico La Bella andammo a Napoli, alla Biblioteca Nazionale, per discutere della possibilità che venisse restituito a Troia il Codice Cavalieri, una ricchissima collezione di codici miniati, che venne proditoriamente sottratta alla Chiesa troiana dalla soldataglia napoleonica.
Il Consiglio Comunale aveva approvato un ordine del giorno in cui si chiedeva la restituzione di quel materiale, di enorme valore storico e culturale.
Nel viaggio di andata don Mario scherzava: “Non ce li faranno neanche vedere, figuriamoci se ce li restituiranno.”
Invece il confronto con il direttore della Biblioteca fu quanto mai positivo. Pur dicendo che in linea di principio non era infondata la tesi che il Codice dovesse tornare nel posto in cui si erano formati, il direttore ci fece presente che Troia non disponeva delle strutture necessarie a custodire un patrimonio di così grande valore (il Codice viene conservato a Napoli in una camera blindata, costantemente deumidificata e pressurizzata per evitare danni ai libri antichi) ma si impegnò a far giungere a Troia i microfilm di tutti i libri facenti parte del Codice.
Vista l’atmosfera distensiva del confronto, don Mario chiese titubante il permesso di poter vedere, la collezione, che raccoglie secoli di libri donati alla diocesi dai Vescovi che vi ci sono avvicendali. La responsabile del fondo acconsentì subito: “Ma certo”. Vidi don Mario emozionato come un bambino che ha appena ricevuto il regalo più importante della sua vita, quando prese in mano quei libri. Li sfogliava con una delicatezza estrema, le mani quasi tremanti.
Ecco la chiave: il conservatorismo di don Mario nasceva da un lato dalla necessità di proteggere al meglio un patrimnoio da tramandare attraverso i millenni, dall’altro dal profondo amore e dall’assoluto rispetto che egli nutriva per tutto ciò che fosse traccia del passato.
Don Mario è stato un uomo coraggioso, coerente fino all’estremo con i valori in cui credeva. E poi, tifava Inter. E credetemi, ci vuole cuore e fegato per amare i colori nerazzurri in quel di Troia, roccaforte bianconera ancor prima dello Juventus Stadium.
Anche per questo, gli ho voluto bene. Che adesso se la goda in Paradiso, quell’eternità che ha meritato.
(La foto che illustra il post è tratta dal sito di Aria di Troia)
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