L’Epifania è luce, rivelazione e svelamento che nascono dall’illuminazione. L’Epifania racconta la grazia concessa ai Re Magi che si lasciarono illuminare e guidare dalla stella cometa, fino a trovare la Luce che era nata al mondo per illuminarlo e redimerlo dalle tenebre.
La tradizione cristiana è però ricca di leggende sul quarto Re Magio, non raccontato dai Vangeli perché non arrivò in tempo, si perse per strada.
La più nota è quella scritta da Henry Van Dyke, pubblicata nel 1907 (la foto che illustra il post è il frontespizio dell’edizione newyorkese) che racconta di Artaban, che non riuscì a raggiungere Gaspare, Melchiorre e Baldassare nel loro pellegrinaggio a Nazareth, e si mise comunque alla ricerca di Gesù, trovandolo solo alla fine della sua vita.
La storia più esotica narra invece di un Re che si mise in viaggio addirittura dal Perù, e nel lunghissimo e pericoloso tragitto perse tutti i doni che aveva portato con sé, salvo una pigna che gli venne restituita dal Bambino con la raccomandazione di piantarla nel terreno, una volta tornato in patria. E fu così che nacque il granturco, pianta povera che ha sfamato generazioni si sudamericani.
La cultura cattolica accoglie la metafora delle difficoltà di quel lungo viaggio che è la vita che affiora sia dal racconto di Van Dyke che dalla leggenda peruviana, per collocarli in una cornice ancora più umana.
La storia narra di un Re magio che si perse per strada e che dissipò nei piaceri della vita i doni che aveva portato con sè. Il suo viaggio si protrasse per anni ed anni: quando giunse a Gerusalemme, fece in tempo a vedere Gesù condotto al Calvario. Allora ricevette l’illuminazione che aveva perduto e poi vanamente ricercato per le lunghe e tormentate strade percorse nella sua vita. Il re ritardatario capì che l’uomo che cercava era quello inchiodato alla Croce, che gridava: “Padre, perché mi hai abbandonato”. E capì che quell’uomo morente l’avrebbe salvato.
I primi magi – scrive Enrico Pepe ne Il Santo del Giorno – furono guidati al presepio da una stella luminosa e poterono offrire a Gesù tre preziosi doni simbolici: l’oro per significare la regalità del bambino. L’incenso per riconoscerne la divinità e la mirra per indicare la sua futura passione; il quarto personaggio, pur di stirpe regale, fu guidato invece dall’esperienza dolorosa di una vita sbagliata, perché il dolore umano, anche quello causato dai nostri sbagli, se è unito a quello di Gesù, porta alla fede e alla comunione con Dio.
Bellissima la poesia-preghiera scritta da don Ruggero Marini ne Il Ruggito: La preghiera che disarma l’uomo per trafiggere il Cuore di Dio. Eccola, per gli amici e i lettori di Lettere Meridiane.
Il Quarto Re Magio
Era partito anche lui senza portare nulla.
Sempre in movimento alla ricerca di qualcuno.
La mente che giocava con il cielo, ora è inquieta domanda.
Il cuore sazio di amori comprati, ora è fremente bussola.
L’anima ricoperta di passato, ora vaga per scrivere il domani.
Gli occhi spenti da luci banali, ora bruciano nella Notte Divina.
Le mani colme di orpelli, ora nude per accogliere l’Evento.
I piedi, piagati da effimeri calzari, ora salgono mulattiere guidati dalla
Stella.
Signore, voglio essere creatura in movimento
sapendo che Fede e Amore vivono di passi.
Voglio essere il quarto Re Magio che non offre nulla, ma solo se
stesso.
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