Giovanni è foggiano, e ha perso il lavoro da qualche anno. Ha sessant’anni e vive a Como. Non ha una fissa dimora, la notte dorme sotto i portici di piazza Duomo. Dovrà aspettare altri nove anni prima che gli venga erogata la pensione, e così tira avanti come può. Pensa che la colpa sia del Governo, ma non è arrabbiato: “In fondo sto bene così. La mia vita è beata; l’importante è che sto bene in salute.”
A raccontare la sua storia è stato Matteo Viviani al Le Iene. La redazione della popolare trasmissione di Mediaset era stata messa in guardia dalle immagini di un video di QuiComo, testata giornalistica on line dal capoluogo dauno. Vi si vedeva il clochard alle prime ore del mattino, mentre era intento a svuotare i sacchetti dei cestini porta rifiuti, sostituendoli con i nuovi, per consegnare quelli pieni ai netturbini ufficiali.
Intervistato dal direttore di QuiComo, Giovanni ha raccontato che per quel suo lavoretto, i netturbini gli davano qualche euro alla settimana, dieci o venti. Tanto è bastato a scatenare Le Iene sulle tracce del misterioso barbone: si trattava di un episodio di sfruttamento o al contrario di solidarietà?
Nessun bieco sfruttamento, ma tutto il contrario: tra Giovanni e quelli che abitano o lavorano nel centro storico di Como c’è un rapporto speciale, di reciproco aiuto.
Privo di lavoro stabile e di mezzi di sostentamento, Giovanni si è ingegnato a fare tutta una serie di piccoli lavori di pubblica utilità: dopo aver terminato la pulizia e la sostituzione dei sacchetti nei cestini portarifiuti del centro storico, ecco che spazza per terra ai Mercati Generali, porta via cartoni o imballaggi dai negozi o esegue piccole commissioni.
Il bello di Giovanni è che si dedica a tutte queste attività con scrupolo e passione, mettendoci tanta cura e attenzione che si è guadagnato l’affetto di tutto il quartiere: chi gli offre un piatto di pastasciutta, chi una camicia usata, chi qualche spicciolo.
Giovanni non ha mai preteso un euro per questi suoi lavoretti: li fa per prima di tutto per sentirsi utile e il quartiere gli riconosce questa sua utilità. Quando Matteo Viviani gli si è avvicinato per intervistarlo, la prima risposta di Giovanni è stata: “Ora non posso, ho da fare.”
Poi si è concesso alla telecamera e ai microfoni, ed ha raccontato la sua storia: viene da Foggia, ed ha lavorato senza riuscire a mettere da parte quanto gli sarebbe servito per affrontare una vecchiaia dignitosa. Pur avendo cominciato a darsi da fare da quando aveva 15 anni, la pensione arriverà, ma tra nove anni. Si è sposato ed ha poi divorziato. Da quel matrimonio sono nati tre figli, con i quali ha però perduto ogni contatto. Non sa dove siano, né questi lo hanno mai cercato. La sua speranza più grande sarebbe quella di rivederli. Il suo sogno? “Un tetto, poter tornare a casa dopo aver fatto i miei lavori, mangiare qualcosa, e poi andare a dormire.”
Per poter vedere il servizio messo in onda da Le Iene, andate a questo link.
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GIOVANNI EST PAS UN BOHEMIEN…
… un letterato, un musicista impoverito e marginalizzato.
E la povertà non è mai romantica.
Si tratta in verità di puro realismo.
Riguarda la divisione della ricchezza in una nazione, le modalità con le quali essa è contesa e con le quali altri si appropriano con la forza o l'intelligenza o la scaltrezza o perché contrattualizzati a vita e sindacalizzati o, raccomandati…
Riguarda la vita degli uomini…
Riguarda le possibilità negate ma offerte dalle scoperte tecnologiche, dalle risorse energetiche, dall'ingegno dell'uomo…
Riguarda tutti coloro che principalmente non hanno goduto della stabilità economica perché la società è escludente…
Ma riguarda anche tutti coloro che pur avendo ricchezza, potrebbero perderla da un giorno all'altro.
Tutta la vita senza mai una soluzione definitiva dell'esistente.
Eppure, basterebbe affermare una uguaglianza economica di base, un impegno lavorativo ridotto per tutti a favore della comunità in cambio di un reddito base e la possibilità di crearsi un proprio lavoro per il restante tempo contribuendo ulteriormente alla sua ricchezza e a quella della comunità tutta.
E se non fosse sufficiente a garantire una continuità lavorativa per tutti, allora si provvederebbe con una turnazione del lavoro: chi esce lascia a chi entra e a tutti pensa lo Stato con una protezione reale in attesa del rientro al lavoro.
Eguaglianza dei diritti.
E' il contrario dell'accaparramento generale, dei redditi alti e protetti e delle tante famiglie dove lavorano marito e moglie e i figli possono studiare mentre in altre famiglie, non c'è alcun reddito.
E' la concreta possibilità per tutti di lavorare per un reddito proporzionato ai costi della vita con i governi che non usurano la nostra esistenza con la richiesta di nuove persistenti tasse.
E' l'idea di una moneta circolante in forma di credito per ognuno di noi.
E' il recupero della sovranità monetaria a favore dello Stato.
E' la fine dell'indebitamento perenne ed inestinguibile che attanaglia la vita dei non protetti o meno protetti mentre gli altri collaborano a mantenere l'esistente.
Auguri ai tanti Giovanni che girano per le strade d'Italia e per tutti coloro che inevitabilmente prima o poi lo diventeranno senza possibilità di riscatto…
Per Alessandro Mastrodomenico:
Anch'io ho visto ieri sera il bel programma de 'Le Iene' (finalmente desessualizzato!) e avevo pensavo di scrivere qualcosa, poi Geppe Inserra mi ha preceduto.
Ma è il suo intervento che mi lascia perplesso. Posso garantirle di vedere giornalmente suoi concittadini rivolgere non un moderato (e comprensibile) "No grazie" a qualche extracomunitario insistente non nel chiedere l'elemosina ma nell'offrirsi a lavare il vetro dell'auto, o a vendere fazzolettini, il tutto per pochi centesimi che non mancano a nessuno.
Come ho visto signore impellicciate (che fanno bella mostra di sè la domenica mattina a Messa) rispondere a male parole a qualche altro extracomunitario (pochi in verità) che fino a qualche mese fa stazionavano tra i vialetti dell'Ipercoop e si offrivano di portare pesanti buste dal carrello al portabagagli in cambio di qualche monetina (E le risposte erano della serie: "Non ti permettere di toccare le buste!", "Vattene via o chiamo i vigilantes!").
Verrebbe da usare una celebre frase: "Io non sono razzista. Sono loro che sono neri…".
Cordialmente (Maurizio De Tullio)