Manlio Lilli è un archeologo romano che affianca alla ricerca e all’insegnamento un’intensa attività pubblicistica. È autore di articoli e saggi, nonché curatore di diverse voci dell’Enciclopedia Archeologica e nel Mondo dell’Archeologia edita dalla Treccani. Conosce bene la provincia di Foggia, per aver lavorato in una campagna di scavo a Lucera.
Al capoluogo dauno ha dedicato, sulle pagine de Il fatto quotidiano, un lungo e documentato articolo (potete leggerlo integralmente qui) in cui racconta il degrado in cui versano due importanti beni culturali cittadini quali la Masseria Pantano e il villaggio neolitico nei pressi del Campo degli Ulivi.
Il denominatore comune che lega le due vicende è che entrambi i beni, dopo essere stati lasciati abbandonati a se stessi, sono stati ingoiati dall’asfalto e dal cemento.
I dati che cita Milli circa il consumo di suolo a Foggia, tratti dal Report Ispra, sono impressionanti. L’8,3% del suolo del capoluogo dauno, pari a 4.192 ettari di suolo, è impermeabilizzato, cioè coperto da strade o da palazzi. I dati si riferiscono al 2010, e sono i più recenti disponibili.
In soli cinque anni, il consumo di suolo a Foggia è passato dal 7,5% del 2004/05, quando ad essere impermeabilizzati erano 3.798 ettari, all’8,3% dell’ultima rivelazione. L’asfalto e il cemento hanno divorato altri 394 ettari. Se il capoluogo piange, non si ride nel resto della provincia: secondo i dati Istat, la cementificazione tra il 2001 e il 2010 – annota Lilli – ha raggiunto il 28%, cifra seconda solo a quella registrata per Matera.
In una siffatta situazione, non deve meravigliare l’amara sorte toccata alla Masseria Pantano e al villaggio neolitico.
Parlando della Masseria, Milli sottolinea che “dai balconi delle palazzine a tre piani costruite di recente, ci si può affacciare direttamente sulla Masseria Pantano. “Su quel che resta delle strutture ottocentesche delle quali si sono occupati in molti. Dal Fai, che si è fatto promotore di diverse iniziative per recuperare l’immobile e rendere fruibile l’area intorno, al Gruppo Archeologico Daunio, capofila di una serie di associazioni interessate alla tutela dell’area. Un impegno necessario perché l’immobile, di proprietà privata, accatastato come “fabbricato rurale”, è abbandonato da decenni.
La messa in sicurezza da parte del Comune, nel 2011, non ha prodotto alcun risultato. All’esterno erba sempre alta, tra cui spuntano immondizie di ogni tipo ed un’infinità di cumuli di materiali edilizi di risulta. All’interno, tra un crollo e l’altro delle coperture, ugualmente immondizie. Si sarebbe potuto procedere all’”esproprio, acquisendolo come bene culturale attraverso la valorizzazione di tutto il territorio, fondamentale come collegamento della città alla campagna. Un progetto di riqualificazione e un lavoro insieme alla Regione per far rivivere una fascia utile sotto il profilo agricolo-rurale”, come sostiene Vincenzo Rizzi, consigliere comunale indipendente ed ex presidente del Centro Studi Naturalistici.
Invece si è scelto di lasciare tutto così com’è.”
Non è toccata miglior sorte al villaggio neolitico vicino al quale sta nascendo un nuovo complesso edilizio, a poche centinaia di metri in linea d’aria, nonostante l’impegno da parte del Comune di Foggia a definire d’intesa con la Sovrintendenza le modalità più idonee di conservazione e valorizzazione dell’area.
Tutto perduto, dunque? forse no.
“Rimane ancora – si legge nell’articolo – una vasta area libera da costruzioni” dove “le fotografie aeree segnalano soprattutto una grande costruzione, la celebre residenza di svago di Federico II, circondata da un parco con giardini, zone boschive e palustri. Farne un parco “vero”, nel quale ambiente e storia materiale si armonizzino, sarebbe l’opzione più naturale. L’unica che il buon senso indichi. Forse proprio per questo, è probabile, che non se ne farà nulla.”
Amarissima la conclusione di Manlio Lilli che cita quanto scrive Salvatore Settis, in Paesaggio, Costituzione e cemento, “Vedremo boschi, prati e campagne arretrare davanti all’invasione di mesti condomini, vedremo coste luminosissime e verdissime colline divorate da case incongrue e palazzi senz’anima. Vedremo quello che fu il Bel Paese sommerso da inesorabili colate di cemento”.
“Sembra la descrizione delle espansioni di Foggia” conclude desolato l’autore dell’articolo, che potete leggere integralmente qui.
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