Via Cimaglia: le tesi dei tecnici, e un esempio di grande trasparenza. Magari fosse sempre così.

Nella discussione sugli archi venuti alla luce durante i lavori di scavo in un cantiere edilizio in via Cimaglia, è accaduto qualcosa di importante che è sfuggito a molti degli amici e dei lettori di Lettere Meridiane, e inizialmente anche a me.
È intervenuto nella discussione uno degli ingegneri che si occupano del cantiere, offrendo il suo punto di vista, e dando una prova encomiabile di trasparenza e di responsabilità sociale dell’impresa. Magari succedesse sempre così, in questa città.
La discussione si è così trasformata in uno dei rarissimi esempi di confronto vero e concreto sulla città e ha permesso di chiarire che non si tratta di ipogei veri e propri ma piuttosto di fondazioni a pozzo di un vecchio stabile che sorgeva in via Cimaglia, crollato a causa dei bombardamenti.
Il tecnico in questione è l’ing. Gianfranco Consiglio, che all’indomani della pubblicazione della lettera meridiana in cui pubblicavo le fotografie di Antonio Fortarezza ha scritto: “Ma dove lo vedete l’ipogeo? Ditemi quando qualcuno ha trovato un ipogeo a 80 cm sotto il piano stradale. Fra l’altro in cantiere è già stata la Sovrintendenza che ha assolutamente escluso che si tratti di un manufatto con un qualunque valore storico, architettonico o artistico. In effetti si tratta solo di semplici fondazioni a pozzo di un vecchio fabbricato che si alzava nel cortile di via Cimaglia e che è caduto durante la guerra a causa dei bombardamenti.”
Per quanto mi riguarda, è il caso di precisare che nell’articolo avevo più che altro commentato il valore simbolico della fotografia di Fortarezza (la gru contrapposta a un’immagine che parla comunque del passato), senza entrare nel merito del valore storico e culturale dei manufatti venuti alla luce.
All’intervento dell’ing, Consiglio ha replicato Costantino Piemontese, un foggiano che vive a Lecce, con alcune riflessioni molto interessanti che riporto di seguito: “Non sono un tecnico e neppure un esperto in materia; voglio solo portare un contributo di riflessione in merito sia a quanto mostrato nella foto, sia a quanto scritto nell’articolo di Geppe Inserra, sia a quanto detto da Gianfranco Consiglio, affinché la discussione non resti confinata in una divergenza localistica.
Qui dove vivo, ovvero a Lecce (ma tengo a precisare di essere foggiano per nascita, sangue e affezione), molto si è fatto nel corso di questi ultimi decenni per salvaguardare e tutelare le emergenze archeologiche, architettoniche ed urbanistiche rivenienti da scavi o da lavori edilizi, sia nel centro storico sia nei dintorni della città -ugualmente ricchi di siti di rilevanza storico-archeologica. L’esito -sia ben chiaro- non è stato sempre pari agli sforzi teorici o agl’intenti attuativi iniziali, ma debbo dire che si è formata, ormai, una solida cultura del restauro e della ristrutturazione rispettosa delle forme e dei modelli costruttivi (intendo dire concernente sia l’aspetto stilistico-estetico che quello tecnico-esecutivo) del passato. 
Perché si è arrivati a questa “politica” del fare? perché si è capito che, sebbene sia più costoso e lungo ri-costruire salvaguardando il passato, il vantaggio era decisamente più grande sia dal punto di vista ambientale che da quello paesaggistico (la bellezza e la godibilità di una città stanno anche nel suo “aspetto” esteriore) ma -soprattutto, se vogliamo metterla in termini economici- dal punto di vista del ritorno turistico culturale economico. Nonché, per non portarla ancora per le lunghe, dal punto di vista scientifico. Come? semplice: l’Università del Salento è diventata un centro di ricerca d’avanguardia per tutti gli aspetti che riguardano ciò di cui abbiamo testè parlato: un’ottima facoltà di archeologia, un’altrettanto ottima facoltà di studi sull’antichità e di medievalistica. per non parlare, poi, di Ingegneria edile e dei materiali…. penso che basti così, almeno per suggerire, ai miei cari amici e compaesani foggiani, di pensarci bene due… anzi non meno di dieci volte, prima d’impiantare altro cemento armato nel “centro storico” della nostra amata Foggia.”
Interessanti le tesi sostenute da Piemontese, e sarebbe il caso di riflettere sui rapporti tra Università e città, così come sono venuti profilandosi a Foggia. L’amministrazione comunale ha affidato proprio all’Università lo studio e l’analisi degli ipogei. Cosa è accaduto dopo? Niente. Il punto – ma tornerò a parlare di questo – sta nel rapporto tra università e decisori, tra lo studio, l’analisi che dovrebbe sostenere le scelte e la politica che poi opera scelte poco rispettose degli studi e delle analisi.
All’intervento di Piemontese ha così ribattuto l’ing. Consiglio: “Sono d’accordo con Costantino Piemontese in linea di principio, ma qui stiamo parlando di altro. In quell’arco visibile nella foto non c’è assolutamente niente di storico o architettonico. L’ho già ripetuto fino alla nausea. Prima di abbattere il fabbricato vecchio abbiamo effettuato dei sondaggi inclinati fino a 30 metri, proprio per verificare se ci fossero ipogei o meno. Al centro storico della mia città ci tengo come e più di tanti altri. I sondaggi hanno dato esito negativo. Abbiamo trovato qualcosa, ma non ipogei, nel punto in cui volevamo mettere la gru. Abbiamo deciso di evitare e d’accordo con l’impresa l’abbiamo posizionata nel vano ascensore, con evidente aggravio di costi. questo proprio per evitare di rovinare eventuali manufatti (ma ripeto, non ipogei). L’arco visibile nella foto che, ripeto non ha alcun valore, è fuori dell’area degli scavi ed è venuto alla luce solo perché abbiamo demolito le fondazioni del vecchio fabbricato. Fabbricato, è bene ripeterlo, che sarebbe crollato nel giro di un mese e che ha vissuto un’odissea incredibile nel disinteresse generale. Per chi vuole conoscerne la storia l’abbiamo pubblicata alle pagine FB di Acser Area s.r.l., la società di ingegneria che ha gestito la progettazione. Il fabbricato si è ridotto in quelle condizioni a causa di cedimenti del terreno causati da numerose perdite di acque bianche e nere provenienti da vecchie fogne e da tronchi dell’acquedotto fatiscenti. Durante il corso degli scavi i tecnici dell’AQP sono dovuti intervenire più volte proprio a causa delle perdite che hanno danneggiato non solo il fabbricato esistente fino al punto da costringere all’abbattimento, ma anche la strade circostanti che sono in parte franate. Come ho già detto in altre occasioni, quella palazzina non aveva niente di storico o architettonico. Aveva però la colpa grave di essere nel centro storico. Una palazzina esistente in corso Giannone, della stessa epoca, è stata abbattuta senza che nessuno si scandalizzasse. Tanto era solo un rudere in corso Giannone.
In quanto al cemento armato nel centro storico esistono dei precedenti orrendi. Il palazzo costruito a ridosso della chiesa dell’Addolorata da un noto ingegnere, ispettore onorario della sovrintendenza(???). Il cemento armato può essere anche rispettoso dell’ambiente. Basta volerlo. Nel caso di via Cimaglia la Sovrintendenza ha chiesto (ove possibile) il recupero di tutti quegli elementi architettonici che potevano essere salvaguardati (cornicioni, ornie, ringhiere, etc.).
Adesso vorrei che tutto il chiasso che si sta facendo attorno ad un fabbricato senza importanza, si riversasse per salvaguardare palazzo Trifiletti che è destinato a crollare se non si interviene subito. Ho chiesto la disponibilità a creare dei gruppi di lavoro per studiare la possibilità di salvarlo, ma è caduta nel vuoto. Perché se si tratta di chiacchiere siamo tutti buoni, ma se dobbiamo regalare un po’ del nostro tempo e delle nostre professionalità, allora abbiamo altro da fare. Anzi… colgo l’occasione per invitare il mio amico Geppe a farsi promotore attraverso queste pagine dell’iniziativa. Chissà che lui ci arrivi… “

Ringrazio sinceramente l’ing. Consiglio per le informazioni fornite e per la sensibilità civica che ha mostrato nei suoi interventi. La pagina Facebook del suo studio (Acser Area s.r.l., società nata dalla fusione degli studi Consiglio e Antonucci, è in effetti un esempio di chiarezza e di trasparenza: vi sono documentate tutte le diverse fasi dell’intervento, nonché tutti i rapporti con la Sovrintendenza e con la burocrazia in generale. Fateci un salto, perché ne vale la pena. Io ho messo “mi piace”.
Quando alla raccomandazione dell’ing. Consiglio sulla vicenda di Palazzo Trifiletti, Lettere Meridiane ha promosso un dibattito quanto mai intenso sulla questione: gli amici e i lettori che l’avessero perso possono trovare qui tutti i post.

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Author: Geppe Inserra

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