Liverpool, Matera: ecco come – secondo Ceschin – anche la Capitanata potrebbe “mangiare con la cultura”

Con la cultura si mangia, si sente ripetere da più parti. Ed è vero. Solo che si corre il rischio che questa idea intrigante resti soltanto un bello slogan.
La cultura può essere un formidabile motore di crescita, non solo spirituale, ma anche economica, produttiva ed occupazionale: ma occorre ch il territorio sia attrezzato a sorreggere questo percorso. Che lo sviluppo culturale possa contare su progetti di largo respiro e di ampia condivisione. Altrimenti si resta al palo.
Federico Massimo Ceschin si occupa da anni di questi temi. Le sue iniziative per consolidare progetti più ampi di ricaduta economica e produttiva attorno alla valorizzazione delle vie sacre che convergono in Capitanata rappresentano ormai un caso di scuola, così come l’intuizione della possibilità di candidare i Monti Dauni ad un’eccellenza turistica fondata sul turismo esperienziale, coniugato con la particolarissima cultura delle nostre colline.
In occasione della recentissima proclamazione di Matera a Capitale europea della cultura 2019 e nell’imminenza di Expo 2015, Ceschin ha scritto sul suo profilo facebook una nota in cui analizza l’impatto e la ricaduta territoriale che una opportunità quale quella che occorrerà a Matera ha provocato a Liverpool, che fu Capitale europea della Cultura nel 2008.
Non traggano in inganno contesti a prima vista distanti della nostra realtà, quali Liverpool e Matera. L’articolo di Federico possiede una straordinaria attualità anche per tutti quanti si occupano di cultura in provincia di Foggia e condividono l’idea che possa diventare un motore di sviluppo per un tessuto produttivo che vede fortemente messe in discussione le vocazioni del territorio.
L’idea, la sfida è di ricominciare dalla cultura anche per valorizzare e consacrare le tante eccellenze del territorio: dal turismo, all’agroalimentare. Come? Facendo – naturalmente con le debite proporzioni – in provincia di Foggia come si è fatto a Liverpool, come si farà a Matera. Ceschin non lo dice apertamente nella sua nota, approfondita e dettagliata: ma il modello Liverpool offre molte occasioni di riflessioni anche sulla nostra realt. Ecco l’articolo di Federico.

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LIVERPOOL CITTA’ EUROPEA DELLA CULTURA 2008
più di un lustro di distanza, brevi considerazioni sulla “Città degli Scarafaggi“.La Gran Bretagna, con Londra in prima fila, era appena uscita dall’incubo del Baco del Millennio: la grande paura informatica che aveva lungamente minacciato di paralizzare il pianeta, a partire dalle metropoli. Il “Millenium” aveva comunque lasciato segni importanti nella capitale d’oltre Manica: ben oltre il noto Ponte, basti ricordare il “Dome” che – oltre il monumentale edificio O2 – aveva di fatto trasformato il depresso quartiere di Greenwich in un distretto culturale di enorme attrazione con sale espositive, arena spettacoli, music club, cinema multisala e intere piazze con bar e ristoranti.

Questa l’atmosfera che accolse la notizia di “Liverpool Città Europea della Cultura 2008“. Con qualche rammarico delle altre candidate (Bristol, Birmingham, Cardiff, Newcastle e Oxford) e non senza qualche sogghigno poco benevolo per la “città degli scarafaggi” che ancora non riusciva ad uscire da una crisi post-industriale durata mezzo secolo, che l’aveva desertificata economicamente e socialmente.
Qualcuno ricorderà le atmosfere ritratte dalle pellicole dell’epoca, i film di Danny Boyle o Shane Meadows (o almeno quelle di “Full Monty“).

Ricordo gli anni che precedevano il 2008 come un periodo sospeso nel tempo, fervido di attività, con un diffuso senso di rivincita per l’intera Regione nord-occidentale, con la nascita di nuovi gruppi di interesse, nuovi movimenti culturali e nuove riviste e magazine (qualcuna ancora la conservo). Con il senno di poi, forse è stato proprio quello il periodo migliore, con tanti cittadini, operatori e volontari attivi nel percorso di partecipazione ed una fortissima interazione sociale: l’opportunità di accogliere visitatori stranieri in città, sommata al riscoperto orgoglio di promuovere la cultura e il patrimonio locali, avevano finito per innescare un’attesa febbricitante.

Anche se – va detto – oltre un sesto delle persone coinvolte a vario titolo nell’organizzazione proveniva da altre regioni inglesi (e ben il 5% da altri Paesi, Italia compresa).
Il Programma determinò nel solo anno del suo svolgimento, circa 7.000 attività. Ma va osservato che – dalla nomina al termine del Programma, nel periodo dal 2004 al 2008 – le attività furono complessivamente 40.000, così suddivise: 20.000 spettacoli e attività, 20.000 laboratori e corsi di formazione, con “soltanto” 276 grandi eventi (“highlight events“).
Al fine di soddisfare un pubblico che superò i 18 milioni di partecipanti, furono necessarie complessivamente 7.000 giornate/lavoro, garantite in parte dal personale impegnato ma, in grande parte, da un esercito di oltre 1.000 volontari.

Al termine dell’evento, uno studio commissionato all’Università di Liverpool per individuare e monitorare gli indicatori di impatto del Programma (“Impact08“) restituiva da subito alcuni dati sorprendenti. Alcuni scontati, altri molto meno.
Anzitutto il numero di visitatori, giunto alla significativa quota di 9,7 milioni di visite (Liverpool partiva da un consolidato degli anni precedenti di soltanto un terzo inferiore), con un impatto economico aggiuntivo stimato oltre un miliardo di euro.

E’ Interessante però raffrontare i dati con quelli del 2004: l’aumento registrato nel periodo è stato del 50%, con più di 5,5 milioni di presenze aggiuntive!
Nel 2008, gli arrivi internazionali si attestarono a quota 2,6 milioni (un quarto del numero complessivo), quasi tutti per la prima volta in città. Il totale dei pernottamenti toccò
quota 1,14 milioni negli hotel di Liverpool (26% in più rispetto all’anno precedente), ma anche 1,29 milioni nel resto del Merseyside e ulteriori 1,7 milioni se si considera l’intera Regione di Nord Ovest.
L’evento ha stimolato un aumento sostanziale del numero dei posti letto: oltre 600 soltanto nel 2008, ma l’incremento complessivo fu di 1.200, se si considera il periodo 2006/2009.
Un’offerta che ha incontrato la domanda mediamente al 76% (all’86% nei fine settimana). Con tassi di occupazione rimasti elevati anche nel 2009, tra il 54% e il 77% (con punte del 90 % nei fine settimana).
Un altro dato significativo: le imprese del settore creativo e culturale operanti in Liverpool a fine 2008 sono state 1.683 (+8% rispetto al 2004), con impiego di 11.000 nuovi posti di lavoro.
Il divario storico tra Liverpool e il resto del Paese si era ridotto e, allo stesso tempo, si era sviluppato un nuovo modello di partenariato per rigenerare la città anche da un punto di vista urbanistico, con un aumento degli investimenti sia nel settore pubblico che privato, incoraggiati dai significativi finanziamenti nazionali ed europei.

Eh già, perché il Governo inglese fece la sua parte, eccome!
Basti pensare ai 500 milioni investiti per rigenerare i Docks. Oppure al National Museum, finanziato direttamente dal Dipartimento della Cultura, che nel periodo poté disporre della ragguardevole disponibilità di 30 milioni di euro. Per non parlare della Tate Gallery, reduce dai successi di Londra, dove nel 2000 aveva creato Tate Modern nel quartiere South Bank: con un investimento di 200 milioni di euro tra risorse pubbliche e private, era riuscita a diventare – in quegli otto anni – il museo d’arte moderna più popolare al mondo, attraendo
oltre 30 milioni di visitatori (la maggior parte dei quali under 35) e diventando la seconda principale attrazione turistica della Gran Bretagna. Generando 4.000 nuovi posti di lavoro.

Presente a Liverpool dal 1988, all’interno di un magazzino convertito all’interno dell’Albert Dock sul lungomare, la Tate completò le ristrutturazioni nel 2007, presentandosi rinnovata per la grande esposizione su Gustav Klimt del 2008. Risultato? Oltre un milione di visitatori, raddoppiando le attese e contribuendo al 5% al totale dell’impatto economico complessivo
del Programma in città…Cosa accadrà nei cinque anni che ci separano da Matera 2019? Quali saranno le analisi, gli investimenti e i risultati?
In fondo, Matera Capitale Europea della Cultura – come Expo 2015 – si terrà nel Bel Paese, che “detiene la maggior parte dei siti culturali patrimonio dell’umanità“…
Liverpool dimostra che i risultati raggiunti sono stati resi possibili da:
1. la gestione affidata ad una società di diritto privato (“Liverpool Culture Company“) creata dal Comune;
2. un team di professionisti esterni con precise responsabilità e mansioni (finanze, organizzazione, programma, marketing turistico) separate dalla board nominata dall’Ente;

3. disponibilità di grandi investimenti, pubblici e privati;

4. trovarsi in un Paese, il Regno Unito, che ha raggiunto la consapevolezza di avere la più importante economia culturale del mondo in rapporto al PIL, dove ogni pound (1,26 euro) investito in cultura, produce 2 pound (2,52 euro);

5. di rivolgersi ad una società, quella inglese, in cui 2/3 della popolazione adulta visita siti storici, ama i musei, va per gallerie e gode delle belle arti.
SU TUTTO, INFATTI, BASTI PENSARE CHE 8 SU 10 DELLE PRINCIPALI ATTRAZIONI TURISTICHE DEL PAESE SONO MUSEI NAZIONALI.
Certo, non è tutto oro quel che luccica. Dal 2010 anche Liverpool ha ripreso a soffrire la recessione, insieme all’intero Regno Unito. Con tagli alla cultura anche pesanti, che forse per la prima volta hanno inciso e incideranno pesantemente sui livelli occupazionali.
Ma non c’è dubbio che il volto della “città degli scarafaggi” sia cambiato. Per sempre.
Federico Massimo Ceschin
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Approfondimenti e dettagli possono essere reperiti attraverso una vasta letteratura di ricerca. Suggerisco almeno:
– Creating an Impact: Liverpool’s experience as European Capital of Culture
University of Liverpool: Reviewing the contribution of culture in regeneration
– Minutes of the Meeting of the Board of Trustees of the Tate Gallery held on Wednesday 8 July 2009 at Tate Liverpool

 

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Author: Geppe Inserra

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