Sono in tanti gli amici e i lettori di Lettere Meridiane che pur non avendo vissuto in prima persona storia di emigrazione forzata o volontaria dalla loro città, desiderano intervenire nella discussione su chi resta e chi parte. Pubblicheremo anche i loro interventi, ricordando che sul blog c’è una specifica pagina che raccoglie tutti gli interventi (clic qui per accedervi). Di seguito le riflessioni di Giuseppe Donatacci, responsabile di una gloriosa istituzione cittadina, l’Università del Crocese, particolarmente attenta ai valori dell’identità foggiana. La foto che illustra il post è di Michele Sepalone, cantore della Foggia che vorremmo…
Il fatto che alcune persone impegnate nel sociale abbiano lasciato Foggia non lo interpreto come un impoverimento della città, o meglio della comunità. Il grave difetto dei foggiani è quello di non sentirsi parte di uno stesso tessuto, come ben rileva Salvatore Speranza e questo, secondo me, è dato dal fatto che la comunità foggiana in passato non ha fatto molto per inglobare i cittadini della provincia che si sono stabiliti in città. Invero i “forestieri” hanno fatto corpo unico tra loro diluendo l’identità foggiana e rafforzando quella paesana. Potrei portare molti esempi a riguardo a cominciare dalla frequenza e dal sentimento delle feste patronali.
Dopotutto essere foggiani non deve necessariamente coincidere con la residenza, ancor meno col domicilio. Inoltre chi lascia Foggia e in generale la sua città natale, non lo fa perché non ha trovato il suo ruolo sociale ma per affermarsi nella professione mettendo in conto il distacco dagli affetti molto tempo prima di allontanarsi. Io credo che persone come Vigilante, Pellegrini e Speranza, ma anche come Tria e Sepiello,Allegretti e Schiavone sono più “utili” alla comunità foggiana lontano dal territorio, se continueranno ad amare la città proponendo, come fanno, soluzioni ai problemi, che restare ingabbiati in una città che non ha spazi professionali per loro.
I nostri amici “emigrati” rappresenteranno le lunghe e profonde radici di un albero oggi sfrondato che è Foggia, ma che vogliamo immaginarci sempre più rigoglioso.
Giuseppe Donatacci
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