Un nuovo inizio per il Gargano. Se avessero detto al sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi, che l’inaugurazione della esposizione dei 77 reperti daunii ritornati da Vicenza e dell’acquerello “Vista di Manfredonia” dell’artista francese Claude Louis Chatelet sarebbe stata la prima manifestazione pubblica a svolgersi all’indomani di un evento così nefasto per il Gargano, non ci avrebbe creduto.
Invece è così, e tanto basta a conferire all’iniziativa sipontina un ulteriore valore simbolico. Il Gargano riprende a guardare verso il futuro a partire dalla sua memoria, dalla sua identità più remota, che si rintraccia, appunto, nella civiltà daunia.
La mostra permanente – che verrà ospitata nella Cappella della Maddalena – è arricchita da un altro significativo reperto: l’acquerello “Vista di Manfredonia” dell’artista francese Claude Louis Chatelet anche questo acquistato dal Comune sipontino, che con questa operazione ha dimostrato di credere veramente nel valore della cultura, della storia, della bellezza come motori trainanti di futuro.
La storia di questi reperti è singolare ed ha in particolare tre protagonisti: l’avvocato Paolo De Meo, Billa Consiglio, attuale presidente di Promodaunia ma che segue la storia dei repaerti da quando era assessora provinciale alle cultura e il sindaco Riccardi.
De Meo fu il primo a fiutare che la collezione, acquistata dalla Provincia di Vicenza e fatta restaurare dalla stessa amministrazione, poteva tornare nella sua terra d’origine, la Daunia. In quanti si occupano di politiche museali si va consolidando lìidea che un reperto, un bene, un’opera d’arte debba essere fruito nel posto in cui è nato e si è formato.
Questa filosofia ha già portato al ritorno ad Ascoli Satriano degli splendidi Grifoni Policromi, che vennero restituiti allo Stato italiano dal Getty Museum (che li aveva incautamento acquistati). Ma non era detto che, una volta restituiti all’Italia potessero far ritorno ad Ascoli, dove sono stati scolpiti dalla mano tanto ignota quanto prodigiosa di uno strarodinario artista.
De Meo (che ha ricevuto per la sua sensibilità e il suo impegno un encomio solenne dalla giunta manfredoniana) mise sul chi vive la Provincia e il Comune che immediatamente si mobilitarono, chiedendo alla Provinca vicentina di poter acquistare i reperti. Sia Riccardi che Consiglio si dichiararono entusiasti dell’idea, e concordarono una strategia comune per potesse consentire sia il rientro dei preziosi reperti, sia la loro più funzionale esposizione al pubblico.
Con il colpo messo a segno da Riccardi, Manfredonia diventa la città che possiede il più importante patrimonio di arte daunia. Oltre che ai vasi rientrati da Vicenza, c’è da ricordare che il Museo Nazionale ospita la straordinaria collezione delle Stele Daunie.
Insomma, Manfredonia detiene e mostra nei suoi musei un patrimonio unico al mondo, che potrebbe costituire il volano, la materia prima di uno sviluppo turistico all’insegna della cultura e dell’archeologia.
Come si legge nel catalogo della mostra a suo tempo allestita dalla Provincia di Vicenza (guidata all’epoca da un presidente leghista, che pur di arricchire il patrimonio artistico della sua amministrazione non esitò ad acquistare opere che certificano la grandezza delle antiche civiltà meridionali) le ceramiche danno testimonianza della capacità degli artigiani
apuli di restituire, attraverso la perizia tecnica, il livello raggiunto
che li distingue. L’ammirazione per il loro protagonismo si associa
alla distinzione delle diverse forme finalizzate alle caratteristiche
specifiche della mensa.
le decorazioni – si legge ancora nel catalogo – si comprende il diverso gusto estetico della committenza
nei vari luoghi geografici della Daunia al nord, la Peucezia al centro e
la Messapia al sud nell’antica Puglia. I motivi di tipo geometrico a
fasce monocrome, del VI secolo a.C. cedono all’introduzione di raffinate
raffigurazioni, influenzate dagli oggetti “a figure rosse” di
particolare effetto, provenienti dalle officine ceramiche dell’Antica
Grecia. Apre, ed è un motivo particolarmente apprezzato nei vasi della
seconda metà del IV secolo a.C. il profilo di una testa femminile.
Risalta la ricca raccolta di ceramiche a vernice nera, una delle
produzioni di vasellame da mensa tipica delle tavole alla moda in età
ellenistica (IV-II secolo a.C.), emergono le varianti particolarmente
raffinata di Egnathia finemente decorate in bianco e giallo. Valorizza
la chiusura del percorso espositivo una rara e piccola anfora
caratterizzata da una testa umana dagli esotici tratti somatici.
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