Dalle colonne de l’Attacco, Gianni Mongelli riflette criticamente sulle imminenti elezioni provinciali (in programma il 12 ottobre) che daranno vita all’ente di area vasta, trasformando l’amministrazione di Palazzo Dogana a tutti gli effetti in un ente di secondo livello.
Cosa sarà esattamente, quali funzioni svolgerà, che ruolo potrà avere la nuova Provincia nel governo di un territorio complesso qual è quello della Capitanata, è tutto ancora da vedere. In ogni caso, si tratterà di fare i conti con le sempre più magre risorse del bilancio provinciale. Prima ancora di essere soppresse, o trasformate in quel che sarà, le province sono state già, di fatto, strangolate dalla spending review. E si prospettano tempi tutt’altro che facili per i nuovi amministratori provinciali.
La grande novità delle elezioni autunnali è che non si svolgeranno a suffragio universale, per la prima volta: ad eleggere presidente e consiglio provinciale saranno i soli consiglieri comunali. Le urne porranno termine ad una lunga fase di gestione commissariale.
L’ex sindaco di Foggia lamenta che questo delicato processo si stia svolgendo “senza il coinvolgimento democratico dei cittadini e senza la necessaria chiarezza amministrativa rispetto alle competenze ed alle risorse umane e finanziarie disponibili” e punta l’indice contro “partiti e forze politiche, impegnati esclusivamente nel gioco della candidature, delle alleanze più o meno variabili, piuttosto che in un confronto sul progetto, su ciò che dovrà essere la Capitanata tra dieci o vent’anni, sulle opzioni strategiche per dare alla Provincia gli indirizzi del futuro.”
Concordo che Mongelli, che incalza indicando quale nodo prioritario da affrontare quello della marginalità: territoriale, economica. sociale.
Il tema è intrigante, perché probabilmente la chiave delle crescente periferizzazione che sta colpendo la Provincia di Foggia sta proprio nella difficoltà di Foggia a svolgere fino in fondo il suo ruolo, non diciamo di capitale, ma almeno di capoluogo.
Lettere Meridiane ha già affrontato altre volte questo tema, qualche settimana fa indicando una delle ragioni della mancata percezione che i foggiani hanno della bellezza del territorio proprio nella scarsa consapevolezza di vivere nel capoluogo di una delle province più grandi e più belle d’Italia.
Mongelli affronta la medesima questione, ma da un altro punto di vista, lamentando la perdita di peso specifico della classe dirigente foggiana nelle stanze del potere provinciale.
“Ad emblema della marginalità fissata dal capoluogo – scrive – basti una considerazione, scevra da campanilismi: alla guida delle più significative associazioni di categoria (Confindustria, Confcommercio, Conferesercenti) vi sono oggi imprenditori non foggiani, bensì provenienti da Manfredonia, Cerignola e da altre realtà territoriali della provincia e della regione”.
Pur indicando quale “significativa e positiva eccezione” la presidenza foggiana di Fabio Porreca alla Camera di Commercio, Mongelli individua quale “caso sintomatico che nessun imprenditore foggiano faccia parte della nuova presidenza di Confindustria, guidata da Gianni Rotice.”
Il problema posto da Gianni Mongelli è concreto, evidente e non campanilistico. Ma è il classico caso in cui si ragiona se sia nato prima l’uovo o la gallina. Se è vera la tesi che il declino (specifico) di Foggia sta trascinando nel vortice della marginalità anche il resto della Provincia, l’alleggerimento del peso specifico della classe dirigente foggiana doc nei complessivi equilibri di potere, è il meno che ci si possa aspettare. Insomma la causa prima della marginalità della Capitanata è la crescente marginalità (declino) del suo capoluogo.
Proprio perché si tratta di una provincia grande e complessa, la sfida alla marginalità che viene giustamente lanciata da Gianni Mongelli può essere vinta affermando una nuova idea dello sviluppo, che punti prima di tutto alla dimensione della relazione, attraverso la presa di coscienza e il rilancio della funzione di Foggia come città capoluogo, e nello stesso tempo attraverso la proiezione del quadrante dello sviluppo all’esterno del territorio, rilanciando quella posizione geografica naturalmente centrale che la natura e la geografia hanno assegnato a Foggia ed alla sua provincia.
Insomma, Foggia deve vivere con maggior consapevolezza la sua funzione metropolitana.
Chissà che la Provincia dei Sindaci e dei Comuni che sta per nascere non possa essere un buon viatico, in questa direzione.
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