Ricevo e pubblico dall’amico e collega Maurizio De Tullio. Alla fine la mia risposta. Trovo questo confronto molto interessante. Sono graditissimi altri commenti ed altre opinioni.
Legandomi alla tua Lettera nella quale prendevi le distanze dalla ‘Notte della Taranta’, almeno per quello che è diventata ultimamente, vorrei dire che siamo di fronte a giudizi eccessivi (su Melpignano) e apologetici (su Stornara).
Forse ti sfugge, Geppe, il fatto che dopo 16 anni il Festival (che coinvolge numerosi Comuni dell’area salentina) ha messo le ali e, ingrandendosi, comincia a far emergere inevitabili criticità, come quelle espresse dalla signorina Dimitri ma che, a mio avviso, per quanto vergognose sono assimilabili a quelle di un “normale” concerto di musica rock e giù di lì, e che una domenica sì e l’altra pure vediamo nelle curve di mezza Italia.
E poi la ‘Notte della Taranta’ è solo l’apice di una manifestazione ben più ampia, articolata e che affonda nella cultura di quei territori. Può piacere o non piacere, e infatti a me non piace.
Sorvolo su quanti fossero gli spettatori della prima edizione del 1998 (5.000) e quanti si assiepavano quest’anno (140.000); sorvolo su chi sia stato per alcuni anni Presidente della omonima Fondazione (l’ex Ministro della Cultura Bray). Non sorvolo sul fatto che quest’anno la manifestazione abbia ottenuto i riflettori della RAI con la diretta televisiva.
Come fa a sfuggire a Geppe (ma so che non gli sfugge, perché lo conosco troppo bene…) il contributo in termini di offerta culturale, di benefici economici, turistici e mediatici che questa manifestazione da 16 anni dà al Salento? Quel Salento tanto criticato dai foggiani per il solo fatto che sanno cosa sia gestione del turismo, marketing territoriale, sana ospitalità ai fini di un ritorno economico.
Sedici anni fa era il Gargano a primeggiare e il Salento era poco conosciuto e valorizzato. E oggi?
Basta chiedere a nostri parenti e amici se sono mai stati nel Salento per vacanza o turismo: io ne conosco a decine e nessuno che se ne sia mai lamentatom anzi. Di contro, avete mai notato salentini venire dalle nostre parti ed, eventualmente, parlarne bene (bellezze a parte)?
E infine, per stare sull’argomento Stornara: quando scrivi “Gli amministratori del piccolo comune dei cinque reali siti e gli organizzatori della serata (Project Area) hanno di che essere soddisfatti. Le politiche di marketing territoriale funzionano. Il corso che conduce alle location dei concerti è gremito di bancarelle che vendono i prodotti locali. Stornara approfitta con intelligenza della sua posizione geografica strategica, al centro di un bacino che comprende Foggia, Cerignola e i Cinque Reali Siti, e riempie le piazze” mi vengono i brividi a pensare che i Tavola 28 e qualche bancarella che espone prodotti locali possano far fare un salto di qualità al nostro territorio!
Naturalmente non ho nulla contro Stornara e i Tavola 28, beninteso.
Cordialmente, Maurizio De Tullio
La pizzica mi piace molto, così come la tarantella (i confini tra l’una e l’altro sono assai più labili di quanto non si creda, come ho scritto già in una recente lettera meridiana). Mi piace molto Roberto Vecchioni, ma penso che tra Lu rusciu de lu mare e Luci a San Siro ci corra un abisso, e che in tema di contaminazioni il troppo stroppia. Odio i brand in genere, perché puzzano di capitale, e quando la cultura si sottomette al capitale a farne le spese è l’identità. Temo stia succedendo questo a Malpignano e dintorni.
Il rimpianto per i vecchi tempi della Notte della Taranta non è solo mio. Nel post virgolettavo alcune frasi di Sergio Blasi, che è tra gli inventori della manifestazione di Melpignano. Dietro l’exploit del Salento in questi ultimi ci sono state l’orgogliosa difesa e la tenace valorizzazione dell’identità, che il turismo e la cultura di massa stanno minacciando.
Al Gargano non manca certo l’identità culturale, che credo sia assai più profonda e complessa di quella salentina (prima di me lo ha detto molto molto bene Sabino Acquaviva, che andrebbe riletto). Il promontorio ha conosciuto già decenni orsono certi fenomeni di assalto speculativo verso il territorio che hanno prodotto un turismo corsaro, poco attento alla valorizzazione dell’identità. Teresa Maria Rauzino ha pubblicato recentemente sul suo bel blog Uriatinon il racconto La zuppa di Elia di Francesco Paolo Tanzj, in cui si narrano le origini del turismo e il dazio successivamente pagato al brand… Ti invito a leggerlo, e invito i lettori a far altrettanto: è molto istruttivo.
Per ricucire questa dolorosa cesura, qualcosa si sta muovendo sul Gargano ed è proprio la musica a sostenere questo desiderio intenso di radici. Il Carpino Folk Festival sta diventando un modello. Avesse goduto della stessa attenzione (e contributi) ricevuti dalla Notte della Taranta forse oggi non staremmo a parlare di sorpasso.
Sono partigiano? Sì, lo sono. Nella nostra terra, tradizionalmente amante dei forestieri, non ci siamo accorti che da qualche tempo è in corso una selvaggia competizione tra i diversi territori. La Puglia è tornata ad essere le Puglie. Nella volata senza fine tra Bari e Salento, noi restiamo alla funestra, nel migliore dei casi ci lamentiamo. E le prendiamo. Ben vengano, dunque, anche piccoli ma riusciti esempi di marketing territoriale come quello visto a Stornara (ma nel blog ho parlato anche di Biccari, Rocchetta Sant’Antonio, San Marco in Lamis).
Sono partigiano, sì. Scrivere un blog guardando le cose ad altezza d’occhi, senza dover dar conto ad editori di sorta, se non ai lettori, ha di bello che puoi rinunciare alle equidistanze.
L’hip hop non mi piaceva e non sta tra i miei prefeirti su Spotify, ma sentire i Tavola 28 è stata una esperienza molto bella. Ed ancora più bello è stato scoprire come questi ragazzi, lontani anni luce da quella cultura paludata che riempie le terze pagine dei quotidiani, riescano a raccontare la nostra terra e le nostre radici con coraggio, autenticità ed un’onesta intellettuale assolutamente ammmirevole.
In una terra che produce ormai poca poesia, è stato bello scoprire la poesia di questi ragazzacci di periferia che cantano l’anima di Candelaro.
Un abbraccio, Geppe Inserra
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Il Gargano ha la sua identità. … Geppe richiama Sabino Acquaviva, "santo patrono" di una effervescente cultura garganica. E fa bene. Io rileggo mentalmente i giornali salentini e le pubblicazioni autoportante dei vari gruppi culturali attivi che, soli dopo pochi anni, erano e sono critici verso le contaminazioni moderniste della pizzica, tradimento della monolitica cultura della Grecía salentina. Al matrimonio di carissimi amici, mix puglia veneto, alla musica della pizzica e la tarantella, nessuno si preoccupava se era notte della Taranta o Carpino Folk Festival, in purezza o contaminazioni. Era Puglia e mi chiedevano di ballare con loro, di insegnare i passi, da profano io, danzatore fino per loro. È evidente che soprattutto in estate la fame di divertimento è devastante. In Puglia offriamo prodotti culturali ancora genuini, tutto sommato. La disputa, se così vogliamo definirla, tra Gargano e Salento deve produrre maggiori approfondimenti e stimoli culturali; più prodotti e occasioni. Mangiare con la cultura. Questo mi sembra elementare. Quello che la cultura garganica ritrovata, non riesce assolutamente a scalfire, è la granitica cultura della chiusura del territorio recintato fino al mare. Un solo esempio aperto è quello di Francesco dr rosa "mamma li turchi" un non lido a Torre Mileto. Una sosta sul mare ove ritrovare gusto per il Gargano. Un piccolo lembo di libertà.
Gianfranco Pazienza ha svelato in pieno le "nostre" criticità, mentali, culturali e organizzative. Dovremmo smetterla una buona volta di guardare all'erba del vicino o farlo, magari, solo quando può esserci d'insegnamento.
Ero bambino (di anni ne ho 56) che già sentivo i mal di pancia nostri nei confronti dei baresi. Poi, crescendo, si sono aggiunti quelli nei confronti del Salento. Colpa sempre degli altri: se non andavamo in serie A nel calcio, se la Fiera del Levante era più bella della nostra, di treni e aeroporti non sto qui a parlarne… Naturalmente abbiamo subìto anche scelte penalizzanti ma, a conti fatti, siamo più malati noi di "Foggianesimo" o è il resto della Puglia a dover chiedere scusa nei nostri confronti?
Ognuno ha i politici che si merita, e non lo dico tanto in chiave di potere o di "attributi": ne parlo in termini di preparazione e sensibilità culturale. Perché se un territorio non lo ami davvero, quasi visceralmente oserei dire, non serve a nulla rivendicare "tanto-per".
Gianfranco (che saluto sempre con enorme piacere) ci riporta a un elementare obbligo, morale prima di tutto: bisogna amarla per intero la Puglia e, soprattutto, ognuno deve fare la sua parte in termini di miglioramento ed esaltazione del proprio territorio. Ognuno deve sparare le cartucce che ha ma se non è in grado di competere, taccia. O vada a scuola, non per strappare un diploma o una laurea (anche quelli possono servire) ma per capire bene l'abc di come fare imprenditoria e, soprattutto, come "fare sistema", imparando a capire i vantaggi della parola 'plurale'. Poi si vede chi è magari più capace di sviluppare occasioni di lavoro, di attrarre turismo e investimenti.
Il Gargano (con i grandi uomini del passato: Vocino era uomo di cultura ma anche politico, e non solo lui; e con belle figure di intellettuali come Fiorentino e il "padauno" Acquaviva) il Gargano ha avuto tempo e occasioni per smarcarsi, ma non ha saputo farlo come altrove è stato fatto. Trovo invece straordinaria la reazione dei Monti Dauni che senza "padri putativi", e testimonial d'eccezione, sta risalendo la china, sul piano della piccola imprenditoria e dell'offerta culturale, quella che può anche far mangiare.
Certo, Blasi oggi è autocritico ma ci rendiamo conto di cosa è stato capace di sviluppare per il suo territorio in 16 anni? Le storture si possono sempre drizzare. Chiediamoci cosa abbiano fatto in tutti questi anni i nostri politici che hanno solo cercato un consenso fine a se stesso in Capitanata. Volete i nomi? Li conoscete meglio di me.
"Mangiare con la cultura". Bravo Gianfranco. Dimostriamolo che si può fare, sul Gargano come sui Monti Dauni.
Ma su Stornara ci andrei un po' cauto, non perché quella realtà di per sè non meriti, ma prima ripristiniamo le regole di legalità e civiltà che proprio in quei campi mancano da troppo tempo. Ed è la terra di Peppino Di Vittorio! Lo dico per ammonire i nostri "compagni", che hanno dovuto aspettare Fabrizio Gatti, il giornalista dell'Espresso che, nel 2006, per aprire anche i nostri occhi, realizzò un dossier svelando DAL DI DENTRO l'orrore dei "nostri" civilissimi imprenditori: "Inutile pattugliare le coste, se poi gli imprenditori se ne infischiano delle norme. Ma da queste parti se ne infischiano anche della Costituzione: articoli uno, due e tre. E della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Per proteggere i loro affari, agricoltori e proprietari terrieri hanno coltivato una rete di caporali spietati: italiani, arabi, europei dell'Est."
Ecco, cultura da un lato ma in mano teniamo sempre accesa la lanterna della legalità, magari con l'aiuto più di un giornalismo locale di servizio che di quello che ama solo fare le pulci a tizio o caio per vendere 50 copie in più.
Cordialmente (Maurizio De Tullio)