La lezione d’identità di un salentino che ama Foggia

Tutto si può dire ai salentini (e talvolta Lettere Meridiane non ha risparmiato critiche ad una certa pervasività del brand Salento) ma non che siano profondamente attaccati alla loro terra, alla loro identità, alla loro cultura e alle loro radici.
Diciamo anche che sono stati questi gli ingredienti del miracolo Salento di questi ultimi anni, dell’exploit che ha portato questo magnifico pezzo di Puglia ad affermarsi in tutto il mondo. Ragione per cui una lezione d’identità che giunge ai foggiani da un salentino deve spingerci a riflettere, tanto più quando è sentita e vera come quella che ha scritto Fabio Ria, commentando il post di qualche settimana fa su Foggia bella o brutta. Parole semplici, ma assai stimolanti: “Io sono un leccese che ha vissuto per necessità lavorative nove anni a Foggia. Sì, all’inizio Foggia mi è sembrata brutta nel senso di troppo moderna quindi vuota di contenuti. Poca storia raccontata dai palazzi e monumenti; poi però ho “ascoltato” la sua Storia e ho cominciato ad amare Foggia.
Avete un brutto difetto voi foggiani: di un palazzo o di un oggetto della memoria qualsiasi voi dite che è VECCHIO e mai ANTICO !
Fabio Ria”
Come non essere d’accordo? La bellezza non è qualcosa che si impara sui libri di scuola. Te la devi sentire attorno, addosso e dentro. È qualcosa, appunto, che ti fa riconoscere in un palazzo, in un angolo della città, l’antico (la cultura che parla, l’identità che ti chiama) e non il vecchio.
Quest’estate sono stato nel Salento e in un lido balneare nei pressi di Gallipoli ho trovato che sul registratore di cassa era incollato con bella evidenza un adesivo che inneggiava alla salentinite
Per noi la foggianite è quasi una malattia. Nella Puglia meridionale la salentinite è un motivo di vanto. La differenza sta tutta qui.

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Author: Geppe Inserra

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