Non parlo quasi mai di calcio, oltre al Foggia, su Lettere Meridiane. Ma come sapete tengo molto alla poesia. E quindi concedetemi una digressione.
Premetto di essere interista. Nel sangue, nell’anima e nel midollo. Aggiungo che nei diversi incroci tra il Foggia di Zeman e l’Inter ho tifato un po’ da una parte e un po’ dall’altra. E che, per questo, una volta ho perfino rischiato di prenderle, nella tribuna stampa dello Zaccheria. Aggiungo, ancora, che quando l’Inter perde sto male da cani almeno tutta le domenica sera, e spesso anche il lunedì.
Ma oggi no. Sono perfino contento. Perché ci tengo alla poesia. Oggi Zeman ha impartito al mondo del pallone una lezione di poesia del calcio. Mazzarri è un allenatore bravino e nulla di più: uno che non è riuscito a vincere con una squadra che aveva nel suo organico Cavani, Lavezzi e Hamsik, cosa pretendete possa fare con un organico che comprende giocatori che nel migliore dei casi ti prendono in pagella 6–, come Nagatomo, Jonathan e onesti pensionandi come Vidic? Temo che il buon mister, al quale voglio bene perché chi siede sulla panchina nerazzurra devi volergli bene e basta, sia meno bravo di almeno la metà degli allenatori di serie A.
Avesse perso oggi, mister Sdengo probabilmente sarebbe stato esonerato, come gli è successo tante altre volte. Invece no. Ha vinto e il suo calcio poesia di oggi ricorda quello che ci ha fatto sognare sugli spalti dello Zaccheria. E io sono contento. Anche perché il mio amore sconfinato per l’Inter è speculare all’insofferenza per la Juventus. E l’unico vero, supremo anti juventino d’Italia è lui.
Mi spiace per Moratti che è un grande uomo. Però il suo è un peccato di lesa poesia. Ha pensato tante volte di prendersi Zeman e… o la va o la spacca. Non l’ha fatto e purtroppo ha ceduto la squadra e la società a un tipo che ancora non abbiamo capito fino a oggi che vuole fare, dove andare e chi vuol essere da grande.
La nostra consolazione è che un’Inter così triste e mediocre non è che può durare ancora tanto. Con buona pace di Ausilio che ha l’incredibile faccia tosta di dire che il vostro obiettivo è di qualificarci ila quarto posto, e pensare che noi siamo tutti contenti. Jativinn. E subito.
Ma torniamo al peccato di lesa poesia. Se Moratti avesse preso Zeman, quando era tentato di farlo, la questione non è se avremmo avuto una Inter con qualche punto in più o in meno,. Avremmo avuto l’Inter, quella vera, quella squadra ancora di più genio e sregolatezza che abbiamo imparato ad amare visceralmente.
Sono contento che all’indonesiano venuto dal nulla la lezione sia stata impartita da un grande uomo come Zdenek Zeman. Speriamo comprenda, e tolga il disturbo. Mannaggia a Tohir.
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