Una Foggia multiculturale, bella e colorata che non t’aspetti. Si materializza d’improvvisa alla controra di una domenica di fine settembre. Piazza Giordano. Giusto alle spalle della statua bronzea due immigrati, probabilmente indiani, giocano a cricket.
Ma dico, l’avete mai visti due che giocano a cricket, in pieno centro a Foggia, e nella piazza che è un po’ il salotto buono della città? Tranquilli, la palla che si usa è morbida, e poi il lanciatore non la tira direttamente al battitore. La fa rimbalzare per terra.
I due devono essere indiani. La passione per il cricket disegna complicate geografie nel mondo dello sport. È nato in Inghilterra ma si è poi diffuso a macchia di leopardo principalmente nei paesi del Commonwealth: Bangladesh, India, Sri Lanka, Pakistan, Galles, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Zimbabwe e nei Caraibi.
Alla base c’è un solido aspetto culturale e morale: è la disciplina che più di tutte premia ed incoraggia il fair play, ed è bello vedere questi due ragazzi, con i loro gesti morbidi e ariosi disegnare gesti di culture diverse e lontane, in un desiderio di integrazione che almeno in questa pigra controra domenicale sembra davvero a portata di mano.
Ho imparato ad amare il cricket (che però continuo a non capire, perché è il gioco più complicato del mondo), grazie allo stupendo romanzo La città invincibile di Joseph O’Neill (Rizzoli 2009), eletto da Barack Obama quale suo libro preferito. Racconta la storia di un olandese che alloggia al mitico Chelsea Hotel, e che dopo l’attentato dell’11 settembre viene abbandonato dalla moglie e dal figlio, che tornano in Europa.
Dovrà adattarsi a vivere in una città impaurita e ferita: ad aiutarlo in questa difficile metabolizzazione sarà appunto il cricket.
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Geppe, non è che, col rinnovato caldo di queste ore, hai preso un abbaglio?
Invece che "Ammazz… o cricket!" forse, più semplicemente, giocavano a "Mazz e bustic"?!
Un abbraccio, cugino interista (m.d.t.)