di Maurizio De Tullio
Ho molto apprezzato l’ottimo lavoro – che lo riconcilia con la sua anima di giornalista – compiuto da Geppe Inserra sul suo blog ‘Lettere Meridiane’, nel ricostruire le fasi di quanto accaduto sul Gargano da fine agosto al 5 settembre, chiamando in causa gli attori dell’emergenza e altri soggetti e protagonisti coinvolti.
Vorrei, però, fare qualche riflessione a voce alta. Parto dalle “notizie reali”, cioè dal grido d’allarme lanciato non il 5 settembre 2014, scontato e inutile, ma da quello di geologi, associazioni ambientalistiche, altri esperti e da qualche vero amante del territorio dauno in tutti questi decenni. Inutilmente.
Da quanto tempo sapevamo che certe criticità ambientali avevano un nome e un cognome? Da quanto tempo se ne segnalavano i rischi dirompenti? Risposta: da tanto e troppo tempo, ma ignorare è più comodo che prevenire e poi, come si fa a dire di No quando di mezzo ci sono elezioni (in Italia ci sono sempre delle elezioni) o quando c’è da accontentare qualche amico o parente anche di serie C?
Il Sindaco di S. Marco in Lamis, Cera, ha giustamente ricordato che i “garganici non si abbatteranno”, ma – parafrasando – sarebbe bello se i garganici “abbattessero” quel che andrebbe abbattuto: dal villaggio abusivo di Torre Mileto a camping, lidi balneari, aziende e case che ostruiscono corsi d’acqua.
Ecco, siccome in realtà tutti sapevano – compresi gli imprenditori turistici che adesso piangono miseria –, va da sé che i danni ci sono e tutto è drammaticamente “comprensibile”, ma sono sempre in troppi a dire “Io non sapevo”, “Nessuno ci ha avvisato”: questo non è del tutto tollerabile.
Amaramente, poi, succede che anche quando qualche amministratore decida coraggiosamente di alzare la voce e agire contro l’abusivo di turno, a Roma qualche buontempone – della Prima e della Seconda Repubblica – tiri fuori l’ennesima “sanatoria”; come se una accomodante deroga alle leggi bastasse a salvare il territorio dalle inevitabili catastrofi!
E vengo al secondo punto, legato a quest’ultima considerazione. Vorrei sapere dai signori dell’informazione locale – e dentro vi metto tutta la stampa cartacea provinciale, le nostre belle televisioni e radio locali e i tantissimi siti web – tutti insieme abbracciati in un grido di dolore a posteriori, vorrei sapere quando mai hanno sentito il bisogno di fare della puntuale, sistematica e qualificata “informazione di servizio”, quella della quale da almeno 15 anni ne denuncio l’assenza totale?
Se si esclude il ruolo de “il Gargano nuovo”, di Teresa Rauzino, che è mensile (ahimè: era, nel senso che ormai anche questa bellissima esperienza editoriale ha chiuso i battenti), quante altre testate giornalistiche hanno saputo e voluto fare della puntuale, disinteressata e qualificata informazione?
Eppure giornalisti e presunti tali, professionisti della parola, facebookisti dal “mi piace” facile non ne mancano, né a Foggia e nemmeno sul Gargano; eppure parlano solo a cose fatte, limitandosi a ricordare – per darsi un minimo di contegno – che “… eppure lo si sapeva”, “i geologi lo denunciavano da tempo”, “non è la prima volta…”, e via di questo passo.
Per favore, amici e colleghi giornalisti: sguazzate di meno nell’informazione pallonara (che vi fa così poco onore) e tirate fuori le palle (al posto dei palloni), dimostrando cosa significhi “fare informazione”. Sforzatevi di andare sui luoghi della disfatta (non parlo dei campi di calcio), o in quelli della sempre possibile futura tragedia, per raccontare quel che “è stato/non è stato fatto” ai danni della natura e del territorio; spiegate cosa prevedono leggi e regolamenti; verificate se davvero si poteva e si possa edificare e chi – con nomi e cognomi – abbia concesso o concederà dubbie autorizzazioni; e se ciò non risultasse conforme alle regole, rivolgetevi presso amministratori e funzionari chiamandoli direttamente in causa e inchiodandoli alle loro responsabilità.
Non aspettiamo che arrivi il solito Fabrizio Gatti di turno, o il simpatico Nicolino da Bari, a fare resoconti e denunce puntuali, come se noi non ne fossimo capaci. Che poi non si chiede di fare chissàchecosa! Semplicemente di fare i giornalisti con gli occhi aperti e la tastiera libera. Con l’enormità di dotazioni tecnologiche disponibili, da anni avremmo dovuto e potuto difendere meglio questo territorio dall’incuria, dagli abusi e da soggetti che guidano la cosa pubblica con lo sguardo teso altrove.
Invece siamo stati bravi – al solito – a far vedere il fango che a tonnellate scendeva giù dalla montagna senza dimostrare perché la montagna mandava giù quelle tonnellate di fango, distruggendo quel che trovava e che non avrebbe mai dovuto trovare. Certo, le “bombe d’acqua” ci sono state, ma cosa succede a Foggia quando fanno anche le classiche “due gocce d’acqua”? E a San Giovanni Rotondo, lo scorso autunno, io c’ero quando ha piovuto un po’ più del solito, eppure le strade erano del tutto impraticabili e sembravano fiumi in piena.
Le “bombe d’acqua” sono un pretesto per ignorare altre bombe, da decenni sparate ai danni della natura e del territorio senza che nessuno – se non le solite ammirevoli eccezioni – abbia avuto il coraggio di denunciare situazioni a rischio, abusi e, soprattutto, fare i nomi dei responsabili che le autorizzazioni a costruire – dove non si doveva – le hanno date.
Se poi vogliamo dirla tutta, non sarà forse il caso di scomodare anche in questo caso l’Antimafia? Già, perché il Gargano non è solo un “Paradiso” da sbandierare ai cinque continenti, ma anche un pezzo d’inferno dove non è sempre facile dire di No. Ma in questo caso si abbia almeno il coraggio di dire “Non ho il coraggio”, così che si capisca dove l’impraticabilità amministrativa e politica è viziata da ostacoli di natura mafiosa.
Ma continuare a dire accomodanti Sì in luogo di necessari No finisce per complicare maledettamente le cose. Nessun medico obbliga i cittadini a fare gli amministratori pubblici. E tanto vale anche per i giornalisti e per coloro i quali ritengono che fare informazione sia solo leggere veline, comunicati-stampa e parlare di calcio.
Maurizio De Tullio
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