Maurizio De Tullio interviene nel dibattito avviato da Lettere Meridiane sul derby tra Gargano e Salento. È il caso di precisare che l’articolata riflessione di Maurizio, che chiama espressamente in causa il cosiddetto foggianesimo (vale a dire la tendenza foggiana a lamentarsi sempre) è stata scritta prima della drammatica alluvione che ha colpito il promontorio. La calamità non cambia ovviamente nulla nei termini del dibattito, che tuttavia mi era sembrato il caso di sospendere, vista l’accaduto. Il contributo è interessante, e sicuramente suciterà altre riflessioni, riguardando un tema più vasto di quello iniziale.
Gianfranco Pazienza ha svelato in pieno le “nostre” criticità, mentali,
culturali e organizzative. Dovremmo smetterla una buona volta di
guardare all’erba del vicino o farlo, magari, solo quando può esserci
d’insegnamento.
Ero bambino (di anni ne ho 56) che già sentivo i mal
di pancia nostri nei confronti dei baresi. Poi, crescendo, si sono
aggiunti quelli nei confronti del Salento. Colpa sempre degli altri: se
non andavamo in serie A nel calcio, se la Fiera del Levante era più
bella della nostra, di treni e aeroporti non sto qui a parlarne…
Naturalmente abbiamo subìto anche scelte penalizzanti ma, a conti fatti,
siamo più malati noi di “Foggianesimo” o è il resto della Puglia a
dover chiedere scusa nei nostri confronti?
Ognuno ha i politici che
si merita, e non lo dico tanto in chiave di potere o di “attributi”: ne
parlo in termini di preparazione e sensibilità culturale. Perché se un
territorio non lo ami davvero, quasi visceralmente oserei dire, non
serve a nulla rivendicare “tanto-per”.
Gianfranco (che saluto sempre
con enorme piacere) ci riporta a un elementare obbligo, morale prima di
tutto: bisogna amarla per intero la Puglia e, soprattutto, ognuno deve
fare la sua parte in termini di miglioramento ed esaltazione del proprio
territorio. Ognuno deve sparare le cartucce che ha ma se non è in grado
di competere, taccia. O vada a scuola, non per strappare un diploma o
una laurea (anche quelli possono servire) ma per capire bene l’abc di
come fare imprenditoria e, soprattutto, come “fare sistema”, imparando a
capire i vantaggi della parola ‘plurale’. Poi si vede chi è magari più
capace di sviluppare occasioni di lavoro, di attrarre turismo e
investimenti.
Il Gargano (con i grandi uomini del passato: Vocino era
uomo di cultura ma anche politico, e non solo lui; e con belle figure
di intellettuali come Fiorentino e il “padauno” Acquaviva) il Gargano ha
avuto tempo e occasioni per smarcarsi, ma non ha saputo farlo come
altrove è stato fatto. Trovo invece straordinaria la reazione dei Monti
Dauni che senza “padri putativi”, e testimonial d’eccezione, sta
risalendo la china, sul piano della piccola imprenditoria e dell’offerta
culturale, quella che può anche far mangiare.
Certo, Blasi oggi è
autocritico ma ci rendiamo conto di cosa è stato capace di sviluppare
per il suo territorio in 16 anni? Le storture si possono sempre
drizzare. Chiediamoci cosa abbiano fatto in tutti questi anni i nostri
politici che hanno solo cercato un consenso fine a se stesso in
Capitanata. Volete i nomi? Li conoscete meglio di me.
“Mangiare con la cultura”. Bravo Gianfranco. Dimostriamolo che si può fare, sul Gargano come sui Monti Dauni.
Ma
su Stornara ci andrei un po’ cauto, non perché quella realtà di per sè
non meriti, ma prima ripristiniamo le regole di legalità e civiltà che
proprio in quei campi mancano da troppo tempo. Ed è la terra di Peppino
Di Vittorio! Lo dico per ammonire i nostri “compagni”, che hanno dovuto
aspettare Fabrizio Gatti, il giornalista dell’Espresso che, nel 2006,
per aprire anche i nostri occhi, realizzò un dossier svelando DAL DI
DENTRO l’orrore dei “nostri” civilissimi imprenditori: “Inutile
pattugliare le coste, se poi gli imprenditori se ne infischiano delle
norme. Ma da queste parti se ne infischiano anche della Costituzione:
articoli uno, due e tre. E della Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo. Per proteggere i loro affari, agricoltori e proprietari
terrieri hanno coltivato una rete di caporali spietati: italiani, arabi,
europei dell’Est.”
Ecco, cultura da un lato ma in mano teniamo
sempre accesa la lanterna della legalità, magari con l’aiuto più di un
giornalismo locale di servizio che di quello che ama solo fare le pulci a
tizio o caio per vendere 50 copie in più.
Cordialmente
Maurizio De Tullio
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