Una persona che assai più di altri avrebbe avuto tutte le ragioni per lasciare Foggia, ed anzi tagliare qualsiasi ponte con la città, è Daniela Marcone. Non l’ha fatto. È rimasta. Anzi, in un certo senso è tornata. A cimentarsi con la sfida che a volte pare impossibile di restituire vivibilità e decoro ad un posto che li ha smarriti, a fare i conti con quella solitudine che assale tutti quelli che non s’arrendono.
Intervenendo nella discussione su Foggia, chi resta e chi parte (potete trovare tutti gli interventi finora pubblicati su questa pagina di Lettere Meridiane), Daniela regala agli amici e ai lettori del blog questa profonda riflessione. Che dovremmo non soltanto condividere. Dovremmo portarcela dentro.
La foto che illustra il post è di Michele Sepalone. Come altre che ho utilizzato durante la discussione ci mostra il volto d’una Foggia bella. Che spesso sfugge al nostro sguardo (ma non all’obiettivo di Michele).
Alcuni amici sono partiti, hanno lasciato Foggia. Lo avrei fatto
anch’io, un po’ di tempo fa, ero diretta a Roma. Poi è accaduto qualcosa
che mi ha fatta restare.
E sono qui, in un pomeriggio di sabato, a
pensare alla mia città. A tutta l’energia, la pazienza, il tempo che
dedico a queste vie, a queste piazze.
La vorrei diversa, una città senza
colpi di arma da fuoco sparati, in primo luogo. E poi, e poi, ci
sarebbe tanto da dire e l’ho fatto in molte sedi.
In alcuni giorni
finiscono le parole e le idee, chiudo i battenti. Poi mi guardo in giro e
riprendo a sperare.
Lo farò fino a quando sentirò che il mio fare è
utile.
La città deve andare avanti, risorgere. Anche per coloro che sono
andati via, perché sempre torneranno e vorrei che trovassero il sole ad
attenderli.
Daniela Marcone
Views: 0