La rete sta uccidendo le reti (e la partecipazione)

I gruppi facebook venivano indicati una volta come le piazze della nuova democrazia digitale. Negli ultimi tempi stanno conoscendo una crisi profonda, soprattutto quelli legati al territorio, alla città, al paese, al quartiere. È una sensazione a pelle, non confortata da dati statistici anche per l’inaccessibilità delle metriche di Facebook, però maturata e confermata dalla quotidiana frequentazione del  maggior social network, per pubblicarvi i collegamenti alla diverse Lettere Meridiane.
Nella scheda (recentemente ristrutturata e migliorata) di Facebook che dal diario consente di avere accesso al cruscotto dei gruppi cui si è iscritti, è facile rilevare la frequenza degli aggiornamenti. La stragrande maggioranza è al di sotto dei venti aggiornamenti quotidiani, numero che il sito del social network ritiene indicativo come indice di una certa popolarità del gruppo.
Da un po’ di tempo mi accorgo che gruppi storici, che una volta pullulavano letteralmente dei post dei propri adepti, con aggiornamenti frequentissimi,  sono divenuti sempre più asfittici. Qualcuno non pubblica più nuovi post da settimane. Il problema riguarda tanto i gruppi quanto le pagine legate ad argomenti locali: la loro crisi rimanda forse alla crisi più generale della partecipazione, dell’incontro, del confronto che produce democrazia e opinione pubblica.
Discussioni e commenti sembrano essersi trasferiti dalle piazze che erano i gruppi e le pagine, alle bacheche dei singoli utenti, facendo venire meno la dimensione collettiva, di agorà, appunto, della comunicazione tipica del social. Per definizione, la bacheca dell’utente è qualcosa di individuale, anche se i complessi algoritmi di Facebook si occupano di irradiare i contenuti ai diversi seguaci. In sostanza vince chi ha più amici. La diffusione dei contenuti della comunicazione viene affidata ad astratte entità matematiche, e non alla capacità del messaggio di “produrre senso”, all’interesse concreto che viene generato dalla qualità dei contenuti della comunicazione.

La “desertificazione” ha colpito soprattutto i gruppi più generalisti, ovvero quelli nati attorno a temi generali quali lo stimolo alla partecipazione e alla riflessione sui problemi della città. Se la passano decisamente meglio i gruppi tematici che riescono anche a produrre aggregazione reale, come succede a quelli che si occupano dei problemi dell’aeroporto di Foggia o come il gruppo del Comitato per il Monumento alle Vittime della tragica estate del 1943.
Il fenomeno colpisce in modo più acuto i gruppi foggiani, mentre quelli del resto del territorio provinciale riescono ancora a  mantenere accettabili standard di aggiornamento e di partecipazione degli utenti. Si registra un meccanismo inversamente proporzionale: più è grande la città cui il gruppo si riferisce, più difficoltà manifesta nell’aggregare gli utenti, mentre invece i gruppi dei paesi più piccoli resistono ancora con una certa brillantezza. Forse la crisi delle piazze virtuali del social network  è la conseguenza della crisi della mission che si erano dati. A passarsela maluccio, a Foggia, non sono soltanto i gruppi di Facebook ma l’associazionismo in quanto tale.
L’esempio più eclatante viene da una pagina nata nella scorsa primavera con l’ambizioso obiettivo di costruire un network di operatori del terzo settore, di istituzioni e soggetti del mondo economico finalizzato a stimolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. L’esordio fu più che promettente, con quasi 5.000 mi piace in poche settimane. Soltanto pochi giorni dopo la presentazione pubblica della iniziativa, la pagina ha cessato di essere aggiornata (gli ultimi aggiornamenti risalgono a marzo scorso) e cliccando sull’indirizzo web che rimanda al sito del network, si apprende che il dominio (cioè il nome del sito) è disponibile perché non è stato rinnovato quello precedente.
Si dovrebbe riflettere e discutere approfonditamente su questo fenomeno che rende ancora più esigua l’agibilità di uno strumenti chiave per la democrazia quale la partecipazione. Rifletterne, discuterne, ma dove?

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “La rete sta uccidendo le reti (e la partecipazione)

  1. Proprio oggi, su CIVITAS TROIANA XXI sec., ho rivolto un timido invito a trattenersi di più su post che ciascuno ritenga interessanti, aprendo con i commenti una conversazione, più che compulsivamente postare, postare … Credo che sia questa sovrabbondanza ad allontanare la frequentazione. Non si può sbattere in faccia alla gente una scarica di post, diventa una violenza. A volte, su un argomento già in discussione, anziché intervenire nella discussione in corso, si apre altro post di analogo argomento, aprendo una stupida gara.

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