Doveva essere riaperto il 9 agosto. Ma cos+ non è stato, nonostante la promessa fatta a suo tempo dall’allora sindaco Gianni Mongelli. L’ennesimo slittamento della data di riapertura del Teatro Comunale Giordano è stato comunicato a denti stretti dal nuovo sindaco del capoluogo dauno, Franco Landella che, come si legge nel sito di Foggia Città Aperta, non si è sbilanciato circa la data. L’ex assessore comunale Pippo Cavaliere, che ha gestita nell’ultimo scorcio della consiliatura comunale l’amara vicenda del Giordano tuttavia annuncia: “Come promesso, il teatro sarà pronto per la prossima stagione teatrale. Da quanto mi risulta, i lavori sono infatti in fase di ultimazione.”
La notizia ha suscitato sul social network i soliti furibondi commenti e polemiche che non portano da nessuna parte. Mi è invece particolarmente piaciuto quello di Gerardo D’Errico, intellettuale di altri tempi, provvisto di quell’aplomb utile a guardare ai problemi con uno sguardo più comprensivo. D’Errico in calce all’articolo di Foggia Città Aperta ha scritto (replicando a Cavaliere): “Carissimo ingegnere come ben sa c’è fase e fase, come vi sono frasi e frasi. Ho l’impressione che della cultura nella sua larga accezione non importi molto a questa città più plebea che mai. Se il Giordano fosse stato considerato un “tempio” , non si sarebbe costruito un immondo “grattacielo” e deturpata una piazza. Ma questa è storia alquanto passata. Paradossalmente vi sono altri luoghi adibiti a teatro, ma le scelte urbanistiche sono state le più improvvisate ed improprie. Basti pensare al Teatro Mediterraneo, costruito con una scelta demenziale del luogo, a ridosso della ferrovia ed una arteria di grande traffico. Che Foggia sia una città improbabile, salta chiaro a chi abbia girato un po’ il mondo a proprie spese e non solo in ristoranti pagati dalla collettività. Con queste premesse spero vanamente che qualche cosa cambi e che vi sia la più ampia fruibilità del Giordano soprattutto per le giovani generazioni. Cordialmente. G.D’E.”
Alle considerazioni di D’Errico si potrebbe aggiungere anche il caso del Teatro del Fuoco, realizzato a cinquanta metri dal Giordano dopo che si cercò, purtroppo vanamente, di realizzare un nuovo grande teatro, gestito assieme da Comune e Provincia, nella zona del campo scuola del Coni, nei pressi della Mongolifera.
Sono d’accordo con Gerardo. Quando si ragiona sul presente e sul futuro della città si dovrebbe avere sempre questo sguardo, capace di volgersi indietro, di comprendere il passato per non commettere gli stessi errori.
Ho molto amato un film di Nico Cirasola, geniale regista pugliese, che in Bell’epoker racconta la storia del Teatro Petruzzelli di Bari. È memorabile una sequenza che vede riuniti attorno allo stesso tavolo i palazzinari del capoluogo regionale, che come realizzare la city di Bari. Siamo alla fine dell’Ottocento (per la cronaca, il Giordano era già attivo da una settantina d’anni.)
Uno dopo l’altro, gli imprenditori edili annunciano i loro progetti. “Qui ci facciamo la camera di commercio, qui ci facciamo la banca…” Quando tocca all’ultimo, questi afferma: “E qui ci facciamo un teatro.” Gli altri lo guardano, increduli e scettici, e quello ribadisce: “Anche con la cultura si fanno i soldi.”
Sarà anche per questo che Bari è diventata Bari, e Foggia è rimasta Foggia?
[Nella foto sopra, tratta dal sito foggiainguerra.altervista.org, il Giordano quando si chiamava ancora Teatro Ferdinando, ed era provvisto di un porticato, che consentiva di accedervi dirattamente con la carrozza].
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I differenti atteggiamenti tra foggiani e baresi la dicono lunga sulla lungimiranza posseduta da questi ultimi e che alla gente del capoluogo Dauno non è stato mai fatto dono. Del resto non ci si può aspettare intraprendenza, sagacia, perspicacia, intelligenza, civiltà e cultura da chi fin dalla notte dei tempi ha sempre pasciuto pecore e non si è mai preoccupato di migliorare la sua condizione…
Ps. Mi è piaciuta molto la lettera di D'Errico