La chiusura dell’Unità, la crisi de Il Gargano Nuovo

Teresa Maria Rauzino e Il Gargano Nuovo

Mi arriva un link di Teresa Maria Rauzino che riguarda Il Gargano Nuovo. Apro subito l’alert pensando di trovarmi davanti al nuovo numero in edizione digitale del glorioso periodico, che sfoglio sempre con piacere (e soddisfazione). Invece no. Questa volta non c’è il giornale, e l’alert è un allarme vero e proprio. Il Gargano Nuovo potrebbe chiudere i battenti. Per difficoltà finanziarie, e Teresa si domanda che fare.
Il post innesca un dibattito vivace sul social network. Lo leggo non senza amarezza, proprio nel giorno che potrebbe essere l’ultimo delle pubblicazioni di un altro giornale che ho sempre letto con piacere e soddisfazione, l’Unità.
Le due vicende hanno tanti punti in comune. Sullo sfondo c’è la crisi generale della carta stampata, assediata dalla digitalizzazione, dalle nuove tecnologie, dalla rete e da costi sempre più alti e proibitivi, soprattutto per quanto riguarda la distribuzione. C’è un contesto negativo diffuso: basti pensare alla crisi delle tipografie e delle edicole che hanno reso sempre più problematica la produzione editoriale.
C’è poi una certa crisi di rappresentatività. La mia opinione sulla chiusura del quotidiano fondato da Antonio Gramsci è secca, ed amara: l’Unità è costretta a sospendere le pubblicazioni, prima di tutto perché non c’è più il pubblico che ne era una volta il lettore naturale: la sinistra. La sua platea si è trasferita su altri lidi dove prendono il sole altre sinistre o pseudo tali: quella giustizialista de Il Fatto Quotidiano, quella tutta lustrini e paillettes di Repubblica.

La crisi che attraversa Il Gargano Nuovo fa il paio con un altro grido d’allarme che Rauzino va puntualmente lanciando da qualche mese: la rarefazione di quel gruppo di intellettuali, esponenti della società civile, cittadini attivi, associazioni che partendo da vicende contingenti come le trivellazioni intendeva sognare nuovi modelli di sviluppo, di impegno civico e di partecipazione per il promontorio.
Sul punto – avvalendomi del mio piccolo ma significativo osservatorio rappresentato da Lettere Meridiane – mi permetto di dissentire sommessamente da Teresa Maria, la cui amarezza però capisco e condivido. Non c’è post di questo blog che affronti argomenti  garganici che non venga letto, condiviso, discusso, spesso ad altissimo livello. E molto, molto di più di quanto non accada, per esempio, a Foggia.
La tensione ideale e culturale, il desiderio di partecipazione, la capacità creativa e progettuale che si respirano nel Gargano, seppure in misura ridotta rispetto all’atmosfera di qualche anno fa, restano un modello per l’intero territorio.
Non sono però capaci di sprigionare momenti e strumenti aggregativi come potrebbe (e naturalmente dovrebbe) essere, appunto, un giornale. Che fare? Onestamente non lo so. Fare un giornale di questi tempi è veramente un’impresa proibitiva.
È però possibile – forse necessario – ripensarne il modello, concentrandosi più sui contenuti (la comunicazione, le opinioni, il pubblico, la scrittura, gli articoli) che non sui contenitori (la carta).

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Author: Geppe Inserra

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