Confermo quanto avevo già scritto nell’articolo Amare Foggia, urgente e necessario. Dietro la loro istintiva tendenza all’autoflagellazione, dietro le critiche e le autocritiche spesso esasperate, sono tantissimi i foggiani che si pongono il problema del futuro della città, di un futuro che possa in qualche modo fermare il processo di declino che la sta angustiando, ormai da troppi anni.
Tra una lite e l’altra, tra un insulto e l’altro, affiorano dal social network anche le tracce di una consapevolezza nuova, soprattutto nei giovani, e questo è molto confortante perché si tratta di ragazzi che non hanno neanche avuto modo di conoscere la Foggia bella di una volta, ma che semplicemente sono attaccati alla loro città, com’è giusto sia ad ogni latitudine.
Mi hanno fatto pensare molto alcuni commenti di amici e lettori sul post di cui ho già detto, per la loro lucidità. Se Giuliano Russo, riferendosi al titolo, si è limitato ad un laconico quanto significativo Urgentissimo!, Milly Pellegrini ha condiviso il post con queste belle parole: “Leggetelo e condividetelo, se amate questa città. E soprattutto se siete fuori, ma ve la portate dentro comunque, queste parole ve la faranno amare di più.”
Milly mi ha inviato più tardi una mail (non era riuscita a pubblicare il commento direttamente sul blog) in cui scrive diverse cose interessanti tanto su Lettere Meridiane, quanto sul problema del difficile rapporto dei foggiani con la loro città: “Sto leggendo con attenzione e partecipazione profonda le tue bellissime Lettere Meridiane. Ho apprezzato tantissimo quella intitolata Amare Foggia perché mi è sembrata capitare a fagiolo per i tanti, troppi commenti denigratori che ho letto oggi in occasione della partenza per la Toscana di un conoscente di fb che si trasferisce lì per insegnare. Mi ha fatto molto male leggere parole come “città di m…” e cose simili. Mi piace che invece ci sia moltissima gente che sta affermando con forza il suo amore verso questa città, con gruppi in cui si postano foto di una Foggia del passato, forse più bella ma non per questo meno cara di quella attuale. Mi è piaciuto moltissimo anche il racconto di Luciano Bianciardi (in cui il grande scrittore toscano parla del 22 luglio 1943, drammatica giornata in cui si trovò a Foggia, sotto le bombe alleate, n.d.r.), uno spaccato così reale da sembrare dei nostri giorni. Complimenti a Lettere Meridiane.”
Sul tema della disaffezione di molti foggiani verso la loro città interviene anche Tommaso Di Gioia, con un commento che mi ha fatto molto riflettere: “non si respira soltanto indifferenza o ignoranza (del passato) ma si percepisce anche un odio diffuso, oserei dire quasi endemico. Sensazioni del genere sono comuni un po’ in tutto il Sud ma a nella nostra città sono forti e tangibili. Foggia deve fare pace con se stessa, è una città orfana e finché permangono le divisioni e gli egoismi nulla cambierà.”
Bella l’idea della città che deve rappacificarsi: ma è evidente che la strada maestra per farlo passa per i foggiani, che dovrebbero imparare a volersi un po’ più di bene, dove il volersi bene è inteso sia verso se stessi (basta con l’autoflagellazione), sia gli uni con gli altri.
I foggiani hanno subito gli smacchi più pesanti per la loro fisiologica difficoltà a fare squadra. Ma si fa squadra prima di tutto imparando a volersi bene. Per questo mi piace utilizzare, come immagine di questo post, la Genesi di Jemenez Deredia che adorna la nuova sede della Provincia in via Telesforo, simbolo voluto da Antonio Pellegrino per indicare – attraverso la cultura e l’arte – la rinascita della città. Quanto dovremo ancora aspettare per il riscatto di Foggi? La risposta dipende solo da noi.
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