Si sente spesso ripetere negli ultimi tempi – non da ultimo nella campagna elettorale appena conclusa – che “con la cultura si mangia”. Concordo, ma fino a un certo punto.
La cultura è la dimensione produttiva della identità di un territorio. Se questa identità non esiste, o è malferma (scarsamente percepita e riconosciuta), diventa impossibile produrre cultura, e vivere di cultura rimane un bel sogno.
Anche perché per “mangiare con la cultura” occorre un pubblico di consumatori dei prodotti culturali. E mi sembra che a Foggia questa elmentare precondizione non esista.
L’Università sta per compiere i suoi primi quindici anni di vita (accadrà il prossimo 6 agosto). Quando una Università comincia a mettere radici, generalmente nella città che ospita l’Ateneo aumentano le librerie, le case editrici, gli indici di lettura. A Foggia hanno prosperato soltanto le copisterie.
Prima della campagna elettorale mi è capitato di partecipare a qualche incontro sulle politiche culturali a Foggia, rimaste orfane di quei finanziamenti pubblici che erano stati elargiti dalla Provincia e dal Comune, prima che arrivasse la crisi della finanza locale. Era tutta una (giusta) lamentazione. La rarefazioni degli investimenti pubblici nelle politiche culturali ha reso problematico, se non impossibile vivere di cultura.
Più che inseguire sogni e invocare altro e impossibile danaro pubblico, considerato che quello disponibile ormai basta a mala pena per mantenere aperte le istituzioni culturali storiche (ne sono un esempio le vicende del Teatro Giordano e della Biblioteca Provinciale), bisognerebbe concentrarsi sul pubblico, incentivare il consumo di cultura, formare i consumatori.
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