Luoghi simbolici della Capitanata, magnifici ma tristissimi. Kunst, il blog di storia dell’arte di Mario Cobuzzi, lancia l’allarme sullo stato di inquietante degrado in cui versano la Fortezza Angioina di Lucera e la Regia Masseria del Pantano di Foggia.
L’autore ha visitato i due siti ad una certa distanza di tempo e già nel suo blog aveva sottolineato la necessità di interventi di salvaguardia. Per il castello lucerino si tratterebbe di interventi manutentivi, volti ad assicurarne l’agibilità e il decoro. Per la Masseria federiciana che sorge all’estrema periferia del capoluogo, la situazione è ancora più critica, se non drammatica: senza interventi di recupero si corre il rischio che crolli. Da un momento all’altro.
“Entrambi i siti sono tornato a visitarli di recente, e purtroppo le loro condizioni sono tutt’altro che migliorate”, scrive Cobuzzi (qui potete leggere il post integralmente).
Scarsa per non dire inesistente la manutenzione del castello di Lucera. “Con le piogge copiose degli ultimi tempi – si legge – , la fortezza ha visto buona parte dell’enorme spazio all’interno delle mura tramutarsi in una sorta di disordinata boscaglia che rende la visita completa del sito ancor più impervia. Se durante la mia prima visita era rischioso addentrasi nelle varie torrette che costellano la cinta muraria, ora è diventato impossibile anche il solo avvicinarsi ad esse.”
I piccioni depositano indisturbati i loro escrementi nella Torre della Leonessa. In compenso le piogge abbonamenti hanno fatto crescere tanta rucola selvatica, che viene tempestivamente raccolta come si vede in una delle foto pubblicate dal blog.
“Sono passati quasi due anni dalla mia prima visita alla Fortezza che vi documentai nell’altro post: se qualcosa è cambiato, è cambiato in peggio. E di questo io per primo provo un’enorme vergogna” commenta amaramente Cobuzzi.
Non vanno meglio le cose per la Masseria anzi vanno decisamente peggio: “ogni volta che ripasso lì vicino, il magone diventa sempre più grosso: vederla poi così, assediata e quasi inghiottita dalla vegetazione selvaggia che ne copre la parte bassa del perimetro e, dunque, una parte importante di quel che da fuori si può vedere dell’interno, getta davvero nello sconforto; nel farsesco, invece, fa piombare la ridicola recinzione, tra l’altro rotta in più punti, che è messa lì a proteggere non si sa bene come un cadavere volutamente e criminosamente lasciato in decomposizione.”
Sono contesti e situazioni diverse, puntualizza tuttavia l’autore che opera una netta distinzione tra la sensibilità dei lucherini e quelli di quanti risiedono invece nel capoluogo.
Considerazioni amare, pesanti, destinate a far discutere: “Foggia e Lucera distano tra loro venti chilometri scarsi: ma sono venti chilometri che conducono da una realtà, Lucera, che tiene alla sua storia, la conosce, la cura, una realtà che dunque è orgogliosa di se stessa e delle sue radici (di recente è stato ultimato il restauro dell’Anfiteatro romano) a un’altra, quella foggiana, che il suo passato non lo conosce o che, quando lo conosce, lo lascia lì a morire infischiandosene. I foggiani tengono a ben altre cose: al calcio, soprattutto, unico vero collante di una comunità priva di altri legami identitari.”
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