Quanti seggi toccheranno alla maggioranza e quanti alla minoranza a Foggia? Per saperlo, bisognerà attendere ovviamente l’esito del ballottaggio. Ma, per strano che possa sembrare, neanche allora si potrà dirlo con certezza. C’è infatti un vuoto legislativo che – com’è già successo in altri casi – sicuramente produrrà contenziosi.
Il problema riguarda la modalità di calcolo del premio di maggioranza, resa complicata dalla legge finanziaria del 2010, che ha tagliato i seggi nei consigli comunali, ma nello stesso tempo ha dimenticato, come spesso succede in Italia, di chiarire le modalità di arrotondamento del calcolo quando si tratta di attribuire il premio. La questione riguarda i comuni superiori a 15.000 abitanti: per i comuni con popolazione inferiore, infatti, la fattispecie è disciplinata puntualmente dal Testo Unico degli Enti Locali.
Per i comuni come Foggia, il TUEL si limita a definire l’ammontare del premio di maggioranza, determinandolo nel 60% dei seggi spettanti al consiglio comunale, ma nulla dice sugli arrotondamenti.
Il problema è nato dopo l’innovazione introdotta dalla Finanziaria 2010 perché prima del taglio dei seggi, dal calcolo del 60% uscivano sempre numeri interi. La questione è insorta nel momento in cui la nuova normativa ha stabilito di ridurre del 20% i seggi spettanti all’assise municipale, portandoli, nel caso del capoluogo dauno, da 40 a 32.
Il 60% di 32 non è un intero, ma un decimale: fa 19,2. Come valutare quel resto dello 0,2? Se per analogia si volesse applicare quel che il TUEL prevede per i comuni più piccoli, il resto andrebbe a favore della coalizione sconfitta. Il decimale andrebbe insomma arrotondato per difetto.
Il comma ottavo dell’art.71 prevede infatti che “alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior numero di voti sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio, con arrotondamento all’unita’ superiore qualora il numero dei consiglieri da assegnare alla lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi.” Quindi alla maggioranza andrebbero 19 seggi, alla minoranza 13. Ma calcolatrice alla mano, in questo caso, alla coalizione di maggioranza non andrebbe proprio il 60 per cento dei seggi, ma qualcosa di meno.
Detto in soldoni, si deve procedere arrotondando per difetto o per eccesso?
Secondo il TAR abruzzese, chiamato in causa da un ricorso presentato da un candidato sindaco, eletto primo cittadino al ballottaggio, che si riteneva danneggiato dall’arrotondamento per difetto, si deve procedere analogicamente, applicando quanto prevede il TUEL per i comuni più piccoli.
Il giudice amministrativo ha scritto nella sentenza che “è del tutto impensabile che il legislatore abbia voluto lasciare carente di disciplina solo l’ipotesi in discussione, dopo aver disciplinato con arrotondamento le altre operazioni elettorali; è più plausibile che abbia ritenuto superfluo ripetere la stessa metodologia già indicata per le elezioni comunali.”
L’Italia, si sa, è la patria del diritto ma anche di Machiavelli. Sicché se il TAR abruzzese (ed anche quello lombardo) si sono pronunciati confermando l’arrotondamento per difetto, quando il decimale è inferiore a cinquanta centesimi, non dello stesso avviso sono stati il TAR calabrese e il consiglio di Stato, chiamati in causa da un ricorso che – guarda caso – riguardava proprio l’arrotondamento in un contesto identico a quello di Foggia: trentadue seggi da attribuire, il premio di maggioranza quantificato in 19,2.
L’Ufficio elettorale centrale arrotonda per eccesso e attribuisce 20 seggi alla maggioranza e 12 alla minoranza. Il TAR calabrese dà ragione all’operato dell’ufficio rilevando che come scrive in un documentato articolo su Nomos, Vincenzo Iacovissi, “l’attribuzione di un numero di seggi inferiore a 19,2 (ovvero “solo” 19 seggi, n.d.r.) avrebbe implicato una percentuale di seggi per la maggioranza inferiore alla soglia del 60% prevista come tassativa dalla legge, con evidente violazione del dato normativo”.
Il Consiglio di Stato ha confermato l’orientamento del TAR calabrese, in sede di appello “sostenendo – schive ancora Iacovissi – l’impossibilità di procedere ad un arrotondamento per difetto, in quanto,
“quando tale criterio è applicabile nelle elezioni amministrative, ciò è espressamente previsto dal Tuel”. La preferenza per l’arrotondamento per eccesso viene fondata, in ultima analisi, sul carattere tassativo assegnato alla previsione di un premio pari al 60% del plenum che – secondo il collegio di secondo grado – costituisce la ratio del legislatore nel promuovere la “migliore governabilità dei medi e grandi comuni”.
L’articolo di Iacovissi (disponibile qui per chi volesse leggerlo integralmente) raccoglie una casistica ampia, caratterizzata da pronunciamenti e sentenze ondivaghe, spesso in contrasto tra di loro. C’è un’altra sentenza del Consiglio di Stato che pare rivedere sostanzialmente quella precedente. In questo caso, infatti i magistrati interpretano la soglia del 60% – annota Iacovissi – “non più come tassativa e inderogabile – come invece nella sentenza n. 1197 dello stesso Consesso – ma come fissazione di un “limite massimo” del premio di maggioranza. Ne consegue che “quand’anche il rapporto percentuale non esprima un numero intero, le cifre decimali non potranno mai far variare in aumento il rapporto percentuale, facendo lievitare il numero dei seggi da assegnare alla coalizione collegata al sindaco vincente”
Il fatto è che la matematica non è una opinione. La legge spesso sì.
E allora? Che succederà a Foggia all’indomani del ballottaggio? Sarà l’Ufficio elettorale centrale, competente all’assegnazione dei seggi a doversi pronunciarsi in prima istanza. Ma si può scommettere fin d’ora che la parte politica o il candidato “danneggiati” dall’interpretazione dell’ufficio si rivolgerà alla magistratura. A meno che – come si auspica da più parti – non giunga un intervento legislativa a risolvere la querelle una volta per tutte.
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Tuttavia, la materia dovrebbe essere riletta anche alla luce dei principi contenuti a proposito della legge elettorale nazionale, ma con evidente valore di principio, nella Corte cost. 1/2014. Dunque: 19 e 13 mi pare la soluzione più corretta
Giusto, credo che la legge andrebbe riscritta, si è consolidata un'interpretazione che vede nella governabilità l'unico obiettivo delle elezioni. Invece ritenendo proprio che la governabilità non possa sacrificare la rappresentanza (come dice C.Cost. 1/2014) i Giuristi Democratici hanno fatto un ricorso: non sono i soli, ricorsi sono depositati in questi giorni in tutta Italia, ma abbiamo messo il ricorso sul sito, se può interessare…
http://www.giuristidemocratici.it/post/20140626101525/post_html