Il post sulla scarsa conoscenza che i giovani hanno della figura e delle opere di Giuseppe Di Vittorio ha suscitato diversi e interessanti commenti da parte degli amici e dei lettori di Lettere Meridiane.
Antonio Cera, preside in pensione, intellettuale e umanista, deposita sul blog una riflessione rivolta particolarmente ai docenti con un invito semplice semplice.
Scrive Cera: “A proposito del cippo e a proposito di giovani e memoria… ma se i docenti della Terra di Giuseppe Di Vittorio, e sono tantissimi, dalle scuole dell’infanzia a quelle superiori, ora che, speriamo, ci saranno delle belle giornate, portassero in visita bambini e ragazzi nel luogo dove è stato posto quel cippo e raccontassero i motivi per cui si trova lì, voi dite che farebbero lezione o andrebbero in “gita”? Magari potrebbero leggere loro e commentare la risposta di Di Vittorio al Barone Pavoncelli che voleva ingraziarselo con dei regali e prontamente rispediti al mittente. Molti, quando ci capita di ragionare di questi argomenti ci accusano di essere ammalati di nostalgia. Mah…”
Ho parlato dell’episodio ricordato da Cera in questo post. Se vi va, rileggetelo.
Di particolare interesse il commento di Gigi Pizzolo, che allarga la riflessione un po’ a tutta la questione della memoria (e delle sue tracce): “Al netto della “prontezza” con cui i lavoratori agricoli della CGIL hanno ripristinato il cippo danneggiato da vandali, c’è, secondo me, un problema ancora più serio che non ha solo a che fare con la memoria, ma con l’agire delle forze progressiste politiche e sociali. Oggi, nelle campagne di Cerignola, ma la cosa temo sia comune a tutto il Tavoliere, lavorano decine, centinaia di nuovi schiavi, la quasi totalità non italiani, completamente
abbandonati e ai più indifferenti. Sono lavoratori che dovrebbero essere tutelati e nei confronti dei quali, si prova una sorta di muto fastidio e di intima intolleranza. Dove sono i sindacati, il mio partito (PD), le altre forze politiche di sinistra e, appunto, progressiste? Allora, vogliamo dircela la verità? Tutto ciò è tollerato e, peggio, taciuto per non alienarsi le (improbabili) “simpatie” di piccoli, medi e grandi imprenditori agricoli che, su questa mano d’opera a bassissimo costo, prosperano o cercano di prosperare. Solo se ci occupiamo degli ultimi, possiamo tramandare dignitosamente l’insegnamento di Di Vittorio. Altrimenti ci saranno sempre più studenti, di qualsiasi grado, e giovani in generale, che non sapranno mai nulla di quest’uomo e, in definitiva, della nostra storia. A proposito, uno degli impegni irrinunciabili che la sinistra a Cerignola deve assumere per le prossime elezioni amministrative è il seguente: RESTAURARE L’OPERA DEDICATA A GIUSEPPE DI VITTORIO!”
Sul recupero e il restauro del grande e importante murale che Cerignola dedicò all’insigne sindacalista nel 1975, è attivo su Facebook un gruppo fondato da Giovanni Rinaldi che si sta tenacemente battendo perché questa autentica opera d’arte possa essere recuperata.
È possibile trovarvi dettagliate informazioni sulla storia del murale. Qualche giorno fa proprio Giovanni Rinaldi ha pubblicato il link a un articolo sull’argomento, dal titolo emblematico Di Vittorio è un’opera d’arte, scritto da Michele Fumagallo in occasione della Festa del Lavoro sulla rivista della Fiom. L’articolo, per chi volesse leggerlo, è scaricabile a questo indirizzo: https://db.tt/VR3KxVtD.
Lucia Cesaro offre, invece, un commento al tempo stesso politico e morale: “ovvio, mancano gli eredi morali ed i discepoli, e se anche fosse vero che non si diventa profeti facendo i discepoli: mancano anche i profeti.”
Loredana Olivieri esprime così il suo rammarico: “potrei capire un milanese ma un cerignolano che non conosce Di Vitttorio non si può sentire!“
Meno male che c’è anche chi non ha dimenticato, come Maria Salzarulo: “me ne parlava mio padre che anche lui era attivista del sindacato CGIL; è vero le riforme fondiarie furono ottenute grazie alle lotte del sindacato, fu un grande uomo Di Vittorio.”
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