L’ho scritto e ripetuto tante volte, ormai. La questione dell’esatto numero dei morti provocati dai bombardamenti su Foggia nell’estate del 1943 non scalfisce neanche di un pelo il dato di fatto che si trattò di uno degli eventi più agghiaccianti di tutta la seconda guerra mondiale, e che fece di Foggia una città martire.
A volte la letteratura riesce meglio della storiografia a dar conto di una tragedia, e invito chi non l’avesse fatto a leggersi il racconto dei bombardamenti del 22 luglio di Luciano Bianciardi, grande scrittore del secolo scorso e testimone oculare di quegli orribili eventi, in quanto si trovata a Foggia come militare, di stanza nella Caserma Miale.
Discuterne, però, fa sempre bene. Se non altro per cercare di comprendere fino in fondo un evento che tanta parte ha avuto sul futuro della città, distrutta dai bombardamenti in termini di vite umane, di palazzi ma anche di memoria.
Della relazione di mons. Farina che ho pubblicato in una recente lettera meridiana mi hanno colpito in modo particolare alcuni passaggi. Il presule ritiene, in primo luogo, che la incursione più pesante fu quella del 19 agosto. Si azzarda anche a dare alcuni dati, sebbene riferiti al bombardamento del 22 luglio. “Si pensa che i morti non siano meno di duemila – scrive -. Di quattrocentottanta cadaveri raccolti e sepolti al Cimitero, solo un centinaio sono stati identificabili.”
Si tratta di cifre senz’altro superiori a quelle del rapporto Istat di qualche anno dopo, che quantificò il numero di morti in meno di mille.
Ma veniamo alla questione del 19 agosto. Da parte dei “minimizzatori” si è sempre sostenuto che il numero di vittime ufficiali (9.581 morti) della giornata è esagerato perché la città si era svuotata.
Il Vescovo scrive nella sua relazione a Pio XII che dopo la terribile incursione del 22 luglio “si era andata facendo strada, nella popolazione, l’idea che ormai non era più probabile che si avessero incursioni notevoli, poiché anche l’aeroporto era stato trasferito.”
È possibile dunque che seppure in una città martoriata e distrutta, la vita stesse riprendendo. E d’altra parte, se si vuol riflettere serenamente, anche i più scettici dovrebbero interrogarsi su un punto. Gli storici sono concordi nel ritenere che il pesantissimo bombardamento del 19 agosto rientrasse nella campagna di bombardamenti strategici decisa soprattutto dagli inglesi con il fine di terrorizzare la popolazione.
Se Foggia fosse stata veramente deserta, che senso avrebbe avuto accanirsi così pesantemente, tanto più che gli obiettivi militari erano stati già distrutti?
Sulla relazione di mons. Farina, mi hanno inviato due interessanti contributi Maurizio De Tullio e Tommaso Palermo, come sempre molto puntuali e dettagliati. Eccoli, di seguito.
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Caro Geppe,
al di là del sentimento di umana pietà che pervade ognuno di noi rispetto al dramma vissuto da Foggia e dai suoi cittadini in quella tremenda estate del 1943, come giornalista e come appassionato di ricerche storiche (compresi, quindi, quegli eventi sanguinosi, rispetto ai quali sto raccogliendo molto materiale) ci tengo a precisare che la Lettera di Mons. Fortunato Maria Farina di cui parli, non fu pubblicata per la prima volta da Gaetano Matrella nel 2005 ma comparve l’8 settembre 1968 sul settimanale religioso “La Voce” e sul n. 5 del “Notiziario del Comune di Foggia” (luglio-agosto 1968). Non solo. In buona parte fu pubblicata anche nel bel volume di Mons. Mario De Santis dedicato a “Mons. Fortunato Maria Farina Vescovo di Troia e Foggia”, lavoro edito nel 1995 come ristampa di due precedenti volumi usciti nel 1978 e nel 1981, intitolati rispettivamente “Il Sacerdote” e “Il Vescovo”.
Per quello che mi riguarda, in seguito alle ricerche fin qui svolte, posso anticipare che i foggiani presenti in città il 22 luglio erano comunque pochi, che il numero dei morti complessivo è decisamente lontanissimo da quello finora “propagandato” di 22.200 e che il celebre libro di Luca Cicolella “…e la morte venne dal cielo”, contiene una dozzina di riferimenti che, a mio avviso, smentiscono il fatto che quel (bel) libro sia stato scritto in presa diretta, cioè in forma diaristica. Ciò non toglie nulla, ovviamente, al fatto che sia un testo importante e scritto benissimo da uno dei simboli del Giornalismo di Capitanata.
Maurizio De Tullio
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Ciao Geppe. Colgo l’occasione di questo tuo intervento per integrare la riflessione sullo sfollamento di ulteriori fonti dell’epoca, testimonianze ufficiali custodite all’Archivio Centrale di Stato di Roma.
Grazie al professor Raffaele Colapietra, eminente storico già docente all’Università di Salerno e autore del corposo volume “La Capitanata nel periodo fascista”, ho potuto pubblicare nel mio libro alcuni rari e importanti documenti ufficiali del ’43: telegrammi urgenti scritti soprattutto dal Prefetto e dal Questore ed indirizzati a Roma. Dai contenuti di alcuni di essi sono emersi interessanti riferimenti allo sfollamento. Ricordiamo che la popolazione obbligata a rimanere in città (definita “attiva”) era costituita dagli addetti ai servizi pubblici e generali della città, come: medici, pompieri, ingegneri, il personale addetto allo Stato Civile, ai servizi della luce e del gas, ai trasporti, ai servizi dell’igiene, all’istruzione pubblica, all’esercito, al servizio religioso, ecc.
Riporto qui di seguito alcuni stralci dei comunicati ufficiali che rendono l’idea del quadro confuso e angosciante che piombò sulla cittadinanza, la quale abbandonò, ad ondate e non completamente, la città.
22 luglio – Il Questore:”Popolazione fortemente allarmata”.
24 luglio – Il Prefetto:” La popolazione è stata presa dal terrore; si è riversata
nella grande maggioranza, servendosi di ogni mezzo, nei comuni della Provincia dove, naturalmente, ha recato lo scompiglio nei servizi.
L’esodo, per quanto possibile, è stato da me agevolato. Gli impiegati in gran numero hanno abbandonato gli uffici. Tra essi anche alcuni capiuffici. Va, però, tenuto presente che moltissimi di essi hanno avuto la casa distrutta, molti hanno dei congiunti morti o feriti, alcuni figurano fra le vittime…ho ordinato occupazioni provvisorie di edifici scolastici tanto in città per assicurare i servizi quanto nei Comuni della Provincia per dare ricetto agli sfollati”.
24 luglio – Il Questore:” La barbara incursione, che ha avuto tali tremendi risultati, ha letteralmente terrorizzato la popolazione, che in massa, ha sfollato verso i vicini comuni della Provincia, l’esodo è stato favorito con automezzi dell’Autorità militare e tedeschi, messi a disposizione degli sfollandi”.
19 agosto – Comando Protezione Antiaerea Foggia:” Popolazione quasi al completo fuggita attraverso campagna at Comuni vicini in preda panico”.
19 agosto – II Comitato Protezione Antiaerea Foggia:”Popolazione al completo fuggita campagne terrorizzata”.
20 agosto – Il Questore:” La popolazione è terrorizzata e fin da ieri nel pomeriggio ha lasciato la città cercando scampo nelle campagne e nei Comuni viciniori, recandosi con ogni mezzo ed anche a piedi”.
24 agosto – Il Questore:” La città nella quasi totalità è stata abbandonata dagli abitanti, che, assolutamente terrorizzati, hanno cercato scampo nelle campagne e nei Comuni vicini. Si può dire che oltre cinquantamila cittadini sono sfollati portando via, con tutti i mezzi, i pochi indumenti che è stato possibile salvare dall’immane disastro. Anche buona parte del personale dei pubblici uffici nei primi momenti dopo le incursioni è scappata in preda al terrore, cercando di mettere in salvo le persone di famiglia; man mano però, salvo rare eccezioni verso le quali sono in corso, da parte dei rispettivi dirigenti, provvedimenti di rigore, rientra in sede per coadiuvare nella riorganizzazione dei diversi servizi, in un primo tempo paralizzati. Per quanto riguarda il personale dipendente, soltanto alcuni, appartenenti alla categoria impiegati e degli uscieri, nonché qualche agente hanno abbandonato, senza autorizzazione l’ufficio, ma richiamati dal sottoscritto, con la severità che il caso imponeva, sono rientrati in sede, dopo una assenza breve, e, in parte giustificata dalla scossa nervosa cui erano stati sottoposti, dato che diversi di essi hanno avuto le case sinistrate, e lutti di famiglia. La loro mancanza in ogni modo è stata segnalata all’Eccellenza il Prefetto per i provvedimenti di competenza”.
Tommaso Palermo
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