Il bello, anzi il brutto, del social network è la frantumazione dei messaggi. Tra gruppi, pagine e semplici “stati” la comunicazione si perde in mille rivoli. Diventa spesso effimera. Non si sedimenta.
E soprattutto non produce memoria. È una comunicazione tutta appiattita sull’oggi, sull’adesso. Anzi, sul facebook, certi giorni già quanto si è detto o letto al mattino, è superato (dimenticato) la sera. E tanti saluti alle idee, che dovrebbero sprigionarsi da una riflessione, dal sedimentarsi della memoria, appunto. Non ricordare può condurre a opinioni esse stesse effimere.
Le riflessioni che seguono mi sono venute in mente leggendo alcuni commenti su due vicende, di cui dirò appresso, su cui in questo giorni si dibatte, ma il discorso non vale soltanto per il social network. Si addice in generale ad ogni comunità che non riesce a produrre (e far sedimentare) memoria.
Foggia, per esempio.
Nel giro di qualche anno, la città ha dovuto rimuovere consistenti pezzi di progetti che venivano dal passato, senza che questo sia stato accompagnato da un’adeguata riflessione sul cosa fare per il futuro, almeno per evitare che certi scempi si ripetano. Tanto per fare nomi e cognomi, il mercato Padre Pio (venduto a privati dopo che il cantiere è rimasto bloccato per decenni), la tomba della Medusa, la struttura dell’ex mercato di via Arpi.
Le due ultime vicende sono legate da particolari assonanze, iscrivendosi entrambe ad una progettualità alta, che però non ha dato i risultati attesi, pur essendo costata fior di danaro pubblico.
La tomba della Medusa verrà posta in sicurezza, per evitare che i vandali continuino a farne scempio. Posta in sicurezza significa che non verrà aperta al pubblico. Forse mai. Il progetto originario prevedeva il contrario: la tomba della Medusa doveva essere un attrattore forte, una vetrina del ricchissimo potenziale archeologico del territorio. I lavori non erano mai stati conclusi e il cantiere abbandonato a se stesso, un po’ com’è accaduto per il parco di via De Petra.
Per ottenere almeno questo risultato, è stato determinante l’impegno dell’associazione degli ex parlamentari della provincia di Foggia e della Prefettura. Il Ministero dei Beni Culturali ha stanziato 150.000 euro: la messa in sicurezza consisterà probabilmente nell’interramento dell’ipogeo.
Questo dissotterrare e sotterrare ricorda molto il comportamento di Penelope, la brava moglie di Ulisse che aveva promesso ai Proci di scegliere chi di loro avrebbe sposato, al termine della tessitura del sudario destinato a Laerte. Solo che la notte disfaceva la tela tessuta di giorno.
La struttura mercatale di via Arpi è un altro esempio di tela di Penelope alla foggiana. Venne realizzata con i soldi del progetto Urban per la riqualificazione del centro storico. Lasciata a se stessa e alla mercè dei vandali, si è ridotta ad un angosciante monumento alla bruttezza. Verrà adesso demolita, per iniziativa della stessa amministrazione che l’aveva progettata, il Comune, mentre la Fondazione Banca del Monte finanzierà la ripavimentazione del manto stradale.
La piazza verrà restituita alla sua funzione di agorà, ma anche questa è una storia che lascia un cattivo retrogusto di amaro. Tanti soldi pubblici spesi, non utilizzati per lo scopo per cui erano stati investiti: una struttura polivalente che fosse in grado di ospitare mostre e convegni, di restituire socialità al centro storico. E come Penelope, altri soldi che adesso si spendono per disfare quel che era stato fatto, e che l’amministrazione comunale non è stata in grado di rendere funzionale.
A Foggia i sogni non diventano mai realtà. Si costruisce, si demolisce. Si riporta alla luce, si restituisce alle tenebre e all’oblio. Che tristezza.
[La foto è di Nico Baratta, che ha dedicato numerosi articoli tanto alla vicenda della Tomba della Medusa, quanto a quella di Piazza Mercato. Potete leggere qui un articolo molto bello e documentato sulla storia dell’ipogeo.]
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