Le tantissime missioni aeree che partirono dagli aeroporti foggiani, all’indomani della conquista di Foggia da parte degli alleati, fanno parte della storia del capoluogo dauno, che in quei mesi diventò un autentico crocevia del mondo. È forse una parte di storia rimossa, o mai adeguatamente investigata perché, in definitiva, fummo un mero teatro di guerra, e i teatri di guerra la storia non la fanno. La subiscono.
Sta di fatto che i piloti che prima bombardarono e poi ebbero Foggia e i suoi aeroporti come base, intrecciarono per un certo periodo la loro vita con quella della città, in modo più o meno intenso. E in qualche modo ne hanno scritto la storia.
Un frammento di questa storia, nascosta e dimenticata, da qualche giorno è tornato alla luce. O, più precisamente, è riemerso dal fondo del lago di Bolsena, nelle cui acque è rimasto per una settantina d’anni. Si tratta della torretta del B 17 Ileen Lois partito assieme ad altre 37 fortezze volanti dal complesso aeroportuale di Foggia alle prime ore del mattino del 15 gennaio del 1944, con un obiettivo importante: bombardare, in Toscana, Certaldo, Poggibonsi e alcuni altri obiettivi nei pressi di Siena.
All’altezza di Terni, l’equipaggio del B 17 incontrò una feroce contraerea da parte tedesca. Come scrive Charles W. Richards nel suo preziosissimo libro The second was the first (Il secondo fu il primo), in cui racconta la storia del Secondo Gruppo Bombardieri statunitense durante la Seconda Guerra Mondiale, 25 aerei vennero danneggiati. Tutti riuscirono a proseguire verso l’obiettivo previsto, salvo il Ileen Lois che era stato colpito ai motori.
Il comandante William Pedersen virò verso sud, nel tentativo di riportare l’aereo a Foggia, ma il quadrimotore continuava a perdere quota.
Ed è a questo punto che una storia di guerra diventa, paradossalmente, una storia di civiltà e di umanità. Difficilmente un pilota che perde il suo aereo viene premiato, ma Pedersen si rese protagonista di un gesto eroico.
Avendo capito che nessuna manovra avrebbe potuto salvare l’aereo, pensò prima di tutto a scongiurare un inutile spargimento di sangue.
Sganciò il carico di bombe nel lago Trasimeno, per evitare che facessero danni ai civili. Quindi ordinò agli altri nove membri dell’equipaggio di lasciare l’aereo, paracadutandosi nei pressi di Radicofani.
Ormai solo nella Fortezza Volante, cercò un luogo in cui far schiantare l’aeroplano in modo che non provocasse vittime. Quando vide il lago di Bolsena, decise che era quello il posto migliore. Solo dopo essersi assicurato che il bombardiere sarebbe finito nel lago, si lanciò egli stesso con il paracadute.
William Pedersen fu catturato dai nazisti assieme ad altri quattro compagni; altri cinque riuscirono invece a fuggire.
I resti dell’aereo sono stati recuperati nella scorsa primavera dai sommozzatori del Centro Scuola Sub Lago di Bolsena e dai Vigili del Fuoco di Viterbo. La torretta – dal peso di circa 350 kg – si era inabissata ad una profondità di 90 metri. Da qualche giorno, è esposta al pubblico nel Museo di Bolsena. Il relitto aereo era stato individuato qualche anno fa, e la scritta dipinta con vernice gialla aveva permesso di ricostruirne la storia. Ileen Lois è il nome della moglie del mitragliere, tuttora vivente.
[Le foto sono tratte da un articolo di Caterina Berardi su Radioinfo ricco di particolari sulla vicenda. In questo articolo di Claudio Biscarini, invece, il resoconto del raid su Certaldo, Poggiponsi e Siena].
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Si tratta di un B-17F matricola 42-24364 del 2nd BG e pertanto decollato da Amendola. Il fascicolo dell'incidente è il MACR 1814.