Unanime il cordoglio e la partecipazione per la scomparsa di Leonardo Lioce, protagonista delle battaglia politiche e sindacali del Novecento in Capitanata, presidente del consiglio provinciale di Foggia e sindaco di Troia.
Tanti i commenti al post di Lettere Meridiane e tanti gli apprezzamenti alla sua figura (giunti, in particolare, da Matteo Valentino, Rosalia Gatta, Milka Antonic, Luciano Veccia, Roberto Paolucci, Rosa Gelormini, Salvatore Lovaglio e Silvana Dalessandro).
Marco Barbieri, docente universitario ed assessore nel primo governo regionale di Vendola scrive: “onore al compagno Lioce, protagonista di un’Italia migliore.”
Peppino Marcucci, già segretario provinciale della Cgil, commenta: “Gloria sia tributata a un “Robespierre” della nostra terra.” Un altro saluto giunge dallo scrittore e poeta Vladimiro Forlese, esponente della sinistra foggiana negli anni Settanta e Ottanta: “ciao Nardino, ti ricordo commosso…”
Da Troia, Angelo Moffa rivolge il suo apprezzamento “ad ogni partecipante (della cerimonia funebre, n.d.r.) indipendentemente dal colore politico. Se ha fatto bene al paese, onore e merito, se non ha fatto bene, e’ perdonato, ma che comunque ha fatto del suo meglio e forse le circostanze glielo hanno impedito. Un riposo eterno. Ciao Nardi’.”
Molto bello il ricordo che gli ha dedicato, in una nota su Facebook, il giornalista e scrittore troiano, Antonio Gelormini: “Decisionismo da leader, timbro oratorio da sindacalista e abilità politica di
vecchia data, rendevano Leonardo Lioce capace di intuire e determinare in anticipo la direzione delle correnti ventose del voto. Il piglio destro, durante il ventennio, ne avrebbe fatto di certo un Podestà, ma le lotte bracciantili e la passione sindacale ne forgiarono la vena antifascista e lo stampo che ne seguì, di evidente matrice togliattiana, fece di ‘Nardino’ il delfino in loco dell’indimenticabile signorilità del senatore galantuomo Pasqualino Pasqualicchio.”
Gelormini ricorda ancora che Lioce fu “un comunista “impeccabile”, la cui eleganza e un tocco di ‘mondanità’, nei rapporti sentimentali, ne decretarono l’amabile appellativo – tutto popolare – di conte.
Dopo alcune testimonianze personali, il giornalista conclude: “Le onoranze funebri in piazza della Vittoria, sotto le insegne di Palazzo D’Avalos, riportano Nardino là dove tutto era cominciato e là dove tutto avrebbe avuto un senso: davanti alla sua Camera del Lavoro. Il sorriso, il tup-tup con le dita riunite e l’eco dei suoi comizi, continueranno a farci compagnia. Aiutando tutti noi a testimoniarne a lungo il ricordo con i nostri racconti. Riposa in pace, Nardino!”
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