Quel povero Natale del 1948

Adoro leggere gli antichi giornali, perché raccontano lo spirito di un’epoca assai meglio di certi saggi che si limitano ad annodare fatti e date. Mi piace metabolizzarli, e raccontarli a mia volta, cercando, appunto, di penetrare l’esprit del tempo.
Tommaso Palermo e il Comitato per il Monumento a ricordo delle vittime del ’43 a Foggia, ci hanno regalato per Natale un documento importante, che arricchisce e ulteriormente impreziosisce l’impressionante archivio che il comitato sta costruendo sul suo gruppo Facebook. 
È il numero unico che la Croce Rossa di Foggia pubblicò, al prezzo di 25 lire, il 23 dicembre del 1948, per dare conto di una straordinaria iniziativa di solidarietà che vide quell’anno la città protagonista: il Natale dei Bimbi Poveri. Chi vuole scaricarlo può cliccare qui.
La guerra si era conclusa da tre anni. La città stava lentamente riprendendosi dal martirio della guerra imboccando la strada di una ricostruzione resa ancora più difficile per la condizione di durissima povertà in cui versavano gli strati più poveri della popolazione. Il giornale calcola in 40.000 i bambini poveri della Daunia, ponendo in evidenza due particolari quanto contraddittori primati che in quegli anni vantava la provincia di Foggia. Era la terra in cui la popolazione cresceva più in fretta, con “ventimila culle l’anno”, come annota il cronista. Ma anche quella che denotava il più drammatico indice di mortalità infantile. Di quei 20.000 vagiti, ben 3.000 si spegnevano nel primo anno di vita. Un’ecatombe, che andava a sommarsi con un’endemica situazione di povertà.

Per regalare ai bambini più sfortunati un sorriso, almeno a Natale, si dà vita a un comitato. A guidarlo c’è la contessa Ginevra Donadu Della Porta, moglie del Presidente della Provincia, Annino Gentile. L’organismo nasce ad ottobre, ma in soli due mesi riesce a dar vita ad un folto programma di iniziative:  raccolta di indumenti, oggetti e cibarie; sottoscrizione popolare (l’elenco dei sottoscrittori è doviziosamente pubblicato nel giornale), manifestazioni culturali di beneficenza, tra cui due serate danzanti (nel salone dell’albergo Cicolella e nella sede del circolo Daunia), una proiezione cinematografica per gli studenti delle scuole medie e un concerto di musica classica.

È l’alta borghesia a mobilitarsi per affrontare il dramma della miseria. Il filo rosso che annoda però un po’ tutti gli articoli del giornale è la consapevolezza della necessità della solidarietà, dichiarata senza mezzi termini nel titolo stesso del numero unico: “Salviamo l’infanzia. Celebrando un rito di carità e d’amore si pensi ad  una più vasta e più ardua crociata.”
È più di un appello quello lanciato da mons. Fortunato Maria Farina, vescovo di Troia e Foggia (non è un errore del giornale: a quell’epoca Troia conservava la sua supremazia sul capoluogo per quanto riguarda gli affari ecclesiastici): “Prendere sul serio i poveri fino a considerare propria l’altrui miseria, fino a sentirne dentro casa il peso e la vergogna. Ecco il grande comandamento di Natale.”
“L’iniziativa che vede oggi il suo felice compimento ha un suo significato che va al di là della semplice elargizione contingente – scrive nell’editoriale Vittorio Ciampi, che era uno dei giornalisti foggiani più noti del tempo -. Essa non rappresenta una meta conseguita ma piuttosto una premessa ideale di un programma più vasto e più impegnativo, che miri all’assistenza duratura, all’educazione, alla tutela serie a vigile dell’infanzia povera abbandonata.”
Arduino Giuliani, esimio magistrato che fu anche Procuratore della Repubblica, invita, sempre dalle colonne del numero unico, ad andare oltre la stessa iniziativa promossa dalla Croce Rossa: “Vi sarà, sì, un rito e senza dubbio indumenti, commestibili e balocchi saranno donati, ma quanti focolari spenti dove non giungerà il nostro fuoco, quanti esseri senza vesti e senza casa che non potremo coprire, quante anime doloranti cui non potremo portare il nostro conforto? Per sanare questi mali s’impone la mobilitazione della bontà di tutti e di ognuno veramente provvida sarà l’azione singola, silenziosa, capillare.”
Le iniziative promosse dal Comitato fruttarono più di 800.000 lire. Per la precisione, il consuntivo riportato dal giornale riferisce di un ricavo complessivo di 816.305 lire, precisando però che la sottoscrizione era ancora in corso. Di questa somma la parte più significativa fu provento della colletta (501.285 lire). Il resto giunse dal trattenimento danzante al Circolo Daunia  (88.000), dal concerto del duo Quadrato-Coldorico (54.300), dal ballo di beneficenza che si svolse nel salone dell’albergo Cicolella (55.850) e dall’incasso delle proiezioni cinematografiche destinate alle scuole (116.870).
Una bella cifra, tenendo conto delle dimensioni demografiche e soprattutto delle difficile condizioni economiche in cui versava la maggior parte della popolazione. Dati Istat alla mano, la somma complessivamente raccolta tra quel novembre e quel dicembre del 1948 si aggirerebbe attorno ai 15.000 euro (poco più di 29 milioni delle vecchie lire). Sufficienti a regalare ai bambini poveri della Capitanata 3.000 pacchi dono, di cui la metà andò ai bambini foggiani, che versavano evidentemente nelle condizioni più critiche date le profonde ferite lasciate dalla guerra.
Per merito del fotografo Trisciuoglio, il giornale pubblica anche alcune fotografie molto belle dei bambini che usufruirono della generosità dei loro concittadini (sono quelle che illustrano questo articolo). Ci sono bambini che sorridono all’obiettivo del fotografo, altri che preferiscono voltare il capo dall’altra parte. Il tratto che li accomuna un po’ tutti, è la quasi totale assenza di spensieratezza. 

Oltre che nel capoluogo, i pacchi vennero distribuiti ad Alberona, Castelnuovo della Daunia, Castelluccio Valmaggiore, Biccari, Lesina, Manfredonia, Monteleone di Puglia, Monte Sant’Angelo, Orsara di Puglia, Orta Nova, San Severo, Torremaggiore e Trinitapoli.

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “Quel povero Natale del 1948

  1. Ciao Geppe,abbiamo colto, in quelle pagine, un messaggio accorato e speranzoso che in qualche modo si riannoda al nostro presente. Le indagini condotte sulla miseria foggiana in quel tempo parlano di "tuguri", di "stato primordiale", di "abbrutimento", come riporto nel mio volume "Foggia dalle tenebre del '43 alla rinascita". Ricostruire la città e l'identità del suo popolo fu una missione che in quella rivista assume i caratteri di un forte spirito di coralità.

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