Quando Gae Aulenti stava per lavorare a Foggia…

Google celebra l’anniversario della nascita di Gae Aulenti (Palazzolo dello Stella, 4 dicembre 1927) dedicandole un Doodle che ricorda una delle più originali creazioni del grande architetto e designer: la lampada a forma di pipistrello.
L’occasione è propizia per ricordare un episodio che non sono in molti a conoscere: Foggia ha sfiorato la possibilità di ospitare un intervento dell’Aulenti, scomparsa lo scorso anno, e nota soprattutto per i suoi arditi restauri architettonici.
L’idea fu di Antonio Pellegrino, che cercò di affidare all’architetto il restauro della parte del piano terra di Palazzo Dogana che sarebbe stata adibita a Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea.
L’intuizione del presidente della Provincia era tanto semplice quanto folgorante, come spesso succedeva: Pellegrino si rendeva conto che la collezione di opere che sarebbero state esposte nella Galleria, ancorché rappresentative di un pezzo importante dell’arte pugliese, non erano di per sé sufficienti ad attirare un pubblico che giungesse oltre i confini provinciali. Pensò dunque a qualcosa che facesse diventare la Galleria stessa un’opera d’arte, che la facesse divenire in se stessa un attrattore. In sostanza il pubblico doveva venire a visitarla non solo per i suoi contenuti, ma anche per il contenitore.
A tale scopo ottenemmo senza eccessivi problemi un appuntamento in quel di Milano.

Venimmo ricevuti nella bella palazzina a Brera in cui viveva la signora Aulenti, ad un orario del tutto inconsueto per noi meridionali: le 8.30 del mattino.
L’architetto fu affabile e cordiale e manifestò il suo interesse al progetto, ma anche le sue riserve. Era abituata a restaurare e ristrutturare spazi assai più grandi di quelli, limitati, di una Galleria ospitata in una parte del palazzo. Scherzando  disse che se avesse potuto restaurare assieme Palazzo Dogana e l’antistante Piazza XX settembre, chissà, forse la cosa si sarebbe potuta combinare.
Ci lasciammo con la promessa, da parte nostra, di spedirle fotografie più dettagliate di tutti gli spazi da restaurare e, da parte sua, di sciogliere la riserva in un paio di settimane. Raccogliemmo più tardi le idee davanti a un caffè, aspettando Enrico Ciccarelli (che non aveva condiviso la nostra nottata in treno, ed aveva preferito l’aereo, essendo del resto interessato alla seconda parte della giornata) per andare all’Accademia di Brera. L’intenzione era proporre al direttore un gemellaggio con la nascente Galleria foggiana.
Abituato come sempre a sognare in grande, a quel tavolo di bar, Pellegrino confidò che l’idea di affidare a Gae Aulenti d’un solo colpo il restyling  di Palazzo Dogana e di piazza XX settembre lo intrigava parecchio. Chissà… se un giorno fosse diventato sindaco… Ma questo è un altro discorso.
La risposta dell’architetto Aulenti giunse puntuale, fu negativa ma molto simpatica e motivata dalla difficoltà di conciliare l’eventuale nuovo incarico con un’agenda già molto fitta. Al presidente Pellegrino e a me, restò il ricordo dell’incontro con una bella e simpatica persona, dotata di una intelligenza e di una sensibilità fuori dal comune.
P.S.: Pellegrino non si scoraggiò di fronte al rifiuto di Gae Aulenti, e cercò strade alternative, e tutt’altro che ripieghi, per dare corpo all’idea della Galleria quale opera d’arte in se stessa.
Vi racconterò come in una prossima Lettera Meridiana.

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “Quando Gae Aulenti stava per lavorare a Foggia…

  1. Visito ora, per la prima volta, questo blog. Potrebbe essere interessante ed utile, se fosssero un po' più curati i testi, basterebbe rileggerli ed, eventualmente, correggerli, prima di postarli.
    Così come sono danno un senso di sciatteria, declassificano il giusto tono che meritano questi contenuti.
    Comunque complimenti per l'iniziativa.
    Ernesto De Maio – Foggia

  2. Caro Ernesto,
    la ringrazio molto per la sua segnalazione e il suo giustissimo rimprovero.
    L'articolo su Gae Aulenti era un disastro. Ho provveduto a correggerlo.
    E d'ora in poi prometto di non lasciarmi più prendere la mano dalla fretta, come giustamente fa osservare. Un caro saluto.

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