Gli angeli di Wim Wenders e di Peter Handke decidono, ad un certo punto della storia de Il cielo sopra Berlino, di liberarsi della schiavitù dell’altitudine. Scendono sulla terra convinti che “guardare non è guardare dall’alto, ma ad altezza d’occhio”.
Non so se sia stato questo lo stato d’animo dei piloti e dei soldati alleati che dopo aver guardato dall’alto Foggia e il suo Tavoliere, dopo averli bombardati e massacrati, ad un certo punto vennero costretti a scendere a terra dalle incombenze della conquista, e dovettero guardare ad altezza d’occhio quei paesaggi, quella gente fino ad allora soltanto intuiti, da quell’altezza che non permette di vedere.
Non lo so, ma mi piace pensarlo. E mi piace pensare che sia stato questo sguardo, attento, commosso e coinvolto a ispirare Albert Chanche, il fotografo soldato che giunto nella piana del Tavoliere subito dopo i bombardamenti e la cosiddetta liberazione, ha documentato come nessun altro i segni della guerra ma anche il ritorno alla vita di quella terra vessata e della sua gente prostrata ma decisa a vivere, a ricostruire.
È un autentico scrigno di memoria, di immagini toccanti e spesso sorprendenti, la collezione di fotografie di Albert Chance custodita nell’archivio digitale del Gettysburg College. Non solo per Foggia, ma per tutta la provincia. Un patrimonio di straordinario valore.
Ne ho parlato in un post precedente, dando notizia della pubblicazione di una serie di immagini estratte da quell’archivio, ad opera di Tommaso Palermo, infaticabile studioso dei bombardamenti che rasero al suolo Foggia, nell’estate del 1943. La selezione di Tommaso riguarda tuttavia soltanto una parte dei tantissimi scatti realizzati da Chanche in provincia di Foggia. Se quelli del capoluogo documentano soprattutto i bombardamenti, le fotografie che il soldato realizzò nelle altre città della provincia di Foggia (Lucera, in modo particolare, ma anche Manfredonia e Cerignola) svelano i tratti di una Capitanata messa in ginocchio dalla povertà, dalla guerra.
Albert Chance fu un soldato statunitense che durante la Seconda guerra mondiale prestò servizio in Nord Africa e quindi in Italia. Non si sa se l’autore fu un semplice appassionato di fotografia, o un vero e proprio fotografo di guerra. Fatto sta che la sua attenzione è sovente catturata da scene di vita quotidiana o paesaggi, che documentano in modo quanto mai nitido e suggestivo le condizioni di vita della Capitanata durante il conflitto bellico.
Chance dovette soggiornare a Lucera, più che a Foggia, perché alla cittadina sveva è dedicato il maggior numero di immagini comprese nella collezione, diverse delle quali recano la didascalia from the camp (dal campo). Questo era ubicato tra le due città, a circa tredici chilometri dal capoluogo. Era uno dei tanti aeroporti che facevano parte del Foggia Airfield Complex (Complesso aeroportuale di Foggia, di cui ho parlato in questo post), il cui nodo centrale era costituito dal Gino Lisa (pensate un po’, Bari Palese era allora una dependance di Foggia, ma questo è un altro discorso…).
Il soldato con la passione della fotografia documenta l’attività bellica dei micidiali B 17 del 301° Gruppo Bombardieri, di stanza proprio a Lucera, ma anche di altre armi, come il carro armato Sherman Tank.
Le foto sono state scattate in un arco di tempo compreso tra il 7 maggio e il 10 ottobre del 1945.
Numerose foto sono dedicate ai paesaggi e ai beni monumentali e culturali di Lucera ma anche, così come abbiamo visto già per la sequenza di immagini che riguardano il capoluogo, a scene di vita quotidiana. C’è naturalmente il Castello, e non mancano gli altri monumenti più rappresentativi della città d’arte, come l’Anfiteatro Romano, il centro storico e la Cattedrale.
Tenendo conto che si tratta di fotografie scattate nel 1944, le immagini hanno un notevole valore documentario, come quelle che riguardano il paesaggio, un paesaggio che ormai non esiste più. Ce n’è una particolarmente bella e suggestiva, scattata dal campo dove prestava servizio Chanche che mostra il Tavoliere punteggiato dagli ulivi. Molto interessanti sono anche le immagini del Tavoliere scattate dalla prospettive del castello.
Non mancano immagini di distruzione, come quella, toccante, della Villa distrutta dai Tedeschi ma anche tante che riguardano la vita quotidiana: di rara bellezza quella che ritrae un gruppo di ragazzi dopo che si sono rifocillati attingendo ad avanzi di cibo, probabilmente dati loro dai soldati. È la foto in alto nell’articolo, apprezzabile qui nella risoluzione migliore.
Altre suggestive immagini mostrano delle ragazze che si recano alla fontana per prendere l’acqua, e un contadino intento alla raccolta delle olive.
Il fotografo si sofferma sovente a ritrarre abitanti: la didascalia reca l’indicazione di neighbors, probabilmente persone che abitano nei pressi del campo. Ma l’artista riesce a dare il meglio di sé quando coglie attimi di vita incastonati nel paesaggio agreste: veramente molto belle la fotografia di un’anziana donna che attraversa i campi sulla groppa di un somaro e quelle che riguardano la trebbiatura del grano.
I gruppi più consistenti delle fotografie lucerine di Albert Chance sono quelli che riguardano la vita dei soldati durante l’occupazione. Il Gino Lisa e le altri basi del Foggia Airfield Complex erano strategiche per la loro favorevolissima posizione geografica. Dal Tavoliere partirono raid di importanza nelvragica, come quelli della battaglia di Cassino, il bombardamento di Milano, il bombardamento di Monowitz, a due passi dal campo di sterminio di Auschwitz.
Le autorità militari alleate facevano così il loro meglio per tenere alto il morale della truppa, così come documenta Chanche offrendo nella sua collezione una dettagliata fotocronaca di due spettacoli che si svolsero nella cittadina sveva per allietare i militari: l’italian show e il french show
La Lucera di Albert Chance è una Lucera insolita, molto diversa da quella che siamo abituati a vedere: ma una Lucera che resta scolpita nella memoria.
Vedremo in un prossimo articolo gli scatti realizzati da Chanche a Manfredonia e Cerignola.
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È stato emozionante riconoscere in questa foto mio zio e mio padre Donnino e Alessio Di Battista (a sinistra nella foto), i bambini ritratti abitavano in campagna alle spalle di villa Curato (la villa incendiata dai tedeschi) vicino ai campi alleati