Mi ha colpito molto il commento di un amico al post di Lettere Meridiane in cui riflettevo sullo stop alla gara d’appalto per l’allungamento della pista del Lisa. Il lettore, Antonio Bruno, mi accusa in buona sostanza di aver creato confusione sulla vicenda.
Il cronista racconta i fatti, e i fatti che riguardano la storia amara dell’aeroporto di Foggia sono, purtroppo, oggettivamente confusi. Se non si vuol rinunciare all’oggettività del racconto, alla cruda realtà dei fatti, non si può fare a meno di raccontare la confusione.
Senonché la frecciata di Bruno ha un suo senso. Chi di noi non vorrebbe una realtà meno complessa, più decifrabile, e così più governabile?
Racconto di queste terra – delle sue speranze, della sue disperazioni – che sono ormai quarant’anni. E m’accorgo che sempre più spesso sono costretto a narrarne la confusione. Che l’esercizio dell’oggettività, la ricerca del racconto che rifiuta il partito preso, si traducono sempre più spesso in un affannoso mettere insieme tessere che alla fine non compongono l’atteso mosaico, con buona pace di chi scrive e di chi legge. E m’accorgo anche che la confusione, il caos nascono dall’affastellarsi disordinato e inestricabile di contraddizioni: tra quello che è e quel che potrebbe essere, tra quel che poteva essere, e non è stato.
È la contraddizione – soprattutto quando diventa una costante della vita civile, del modo d’essere di vivere di una comunità – che genera confusione.
Quando le cose stanno così, non si può che chiamare in soccorso la storia. Nel senso che bisogna guardare indietro, a com’era fatto una volta il mosaico, per cercare di comprendere la strategia giusta a rimetterne assieme i pezzi.
Non è nostalgia, ma un tentativo di comprensione affidato anche allo strumento della memoria.
[Era questo che cercavo di dire in un altro post, dedicato a via Arpi, strada dell’arte, della conoscenza, ma anche di tante contraddizioni, guadagnandomi l’affettuosa accusa di misoneismo (nostalgia verso il passato, diffidenza verso tutto ciò che è nuovo) da parte di Enrico Ciccarelli. La contraddizione tra il portale del palazzo regale di Federico, simbolo di Foggia inclita sedes imperialis, e il presente fatto di atti vandalici che si consumano all’altro capo della strada, non indica forse un processo di decadenza?]
Tra via Arpi e la parabola del Lisa ci sono più affinità di quanto non sembri prima vista.
Nella seconda guerra mondiale l’aeroporto era il centro del Foggia Airfield Complex, grazie alla sua posizione nevralgica. Per conquistarlo gli Alleati scelsero di sbarcare nell’insidioso sito di Salerno, e non come sarebbe stato più logico e comodo più a Nord.
Una volta preso il Lisa, con la sua fitta rete aeroportuale circostante, divenne per la prima volta tecnicamente possibile bombardare la Germania.
Allora, l’aeroporto di Bari Palese era la parte più estrema del Foggia Airifield Complex: oggi le parti si sono invertite, e una ragione dovrà pur esserci.
Ma senza andare a tempi così remoti, qualcosa dovrebbe insegnarci anche il passato più prossimo.
La città ha sempre fortemente creduto nell’aeroporto, tanto che vent’anni fa l’amministrazione comunale guidata da Paolo Agostinacchio creò una compagnia di bandiera tutta foggiana, la Federico II Airways.
Mentre la città si indebitava per sostenere il sogno di quella compagnia (che pure dimostrò l’utilità dei voli al Lisa) le aree attorno all’aeroporto andavano sempre di più urbanizzandosi, rendendo sempre più ardua la possibilità di una nuova pista o di allungare quella attuale. Ecco la contraddizione che genera confusione.
La Federico II Airways è fallita, innescando la crisi economica del Comune che si trascina ancora oggi. Nel frattempo, nelle aree vicine all’aeroporto si è continuato a costruire, e questo ha dannatamente complicato il progetto di espansione dell’aeroporto, come si è visto nella tormentata storia dell’adozione del piano dei rischi.
È mancata una cabina di regia per l’aeroporto, e non solo. È mancata, continua a mancare, una visione complessiva e condivisa del futuro della città. È questo che genera contraddizione e confusione. È questo limite che scombussola le tessere del mosaico, e costringe alla confusione chi deve raccontare i fatti.
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La storia dell'aeroporto Gino Lisa non si esaurisce con Agostinacchio. Dopo ci fu la testardaggine di Stallone che determinò il ripristino dei voli; le incomprensioni di Ciliberti e Stallone che, probabilmente, portarono ad una brusca frenata in una fase sostanzialmente evolutiva per l'aeroporto e tanta pigrizia da parte della Regione Puglia. Pigrizia – o trascuratezza sulla quale si infransero anche i generosi tentativi dell'assessore Pazienza. Pigrizia, furbizie, scelte di piccolo cabotaggio. In meno di dieci anni – 2003-2012 – un concentrato delle non scelte che, dal dopoguerra ad oggi hanno portato alla non evoluzione dal dopoguerra ad oggi dello scalo foggiano. Fino a qualche anno fa, mi sarei scagliato contro i sostenitori dell'escalation urbanistica del cosiddetto cono d'ombra del Gino Lisa. Oggi come oggi mi chiedo e vi chiedo: ma Foggia merita davvero un aeroporto. Anche perché quello delle infrastrutture e' un mito che va sfatato: da sole non generano sviluppo se non cI sono una solida logica di indotto e un robusto mercato a sostenerle
"Oggi come oggi mi chiedo e vi chiedo: ma Foggia merita davvero un aeroporto", scrive il collega Enzo Pizzolo. Personalmente lo sostengo da almeno quattro anni.
Geppe, ritieni davvero ancora insostenibile quella mia proposta, pubblicata qualche mese fa su questo tuo stesso blog, circa la definitiva chiusura del nostro scalo ("cittadino" e "strutturalmente limitato") con relativa apertura ex novo di un "serio" aeroporto nell'area di San Severo?
Maurizio De Tullio
A borgo Mezzanone c'e' una pista di 3km, potrebbero spostare il centro accoglienza in altro loco e utilizzare quell'area per un mega aeroporto.