Il sogno di Guglielmo Minervini per fare della Capitanata un avamposto di integrazione

La pagina facebook di Guglielmo Minervini è una bella ed efficace dimostrazione di come il social network possa diventare veramente uno strumento di democrazia, di aggregazione, di costruzione del futuro. Anche perché l’assessore regionale alle politiche giovanili, trasparenza e legalità è un politico assai diverso dagli schemi consueti. Ai proclami, agli slogan, preferisce il dialogo, l’incontro. Alla vetrina, alle luci della ribalta, preferisce quella politica che – nella più nobile accezione della parola – costruisce la polis, il futuro.
E poi, Minervini è un politico che sa sognare, com’è giusto si debba fare quando in gioco sta appunto il futuro, e si vuole un avvenire diverso e migliore.
Sulla sua pagina, l’assessore ha raccontato un sogno grande e bello che riguarda la Capitanata. Un grande sogno che, se realizzato, può fare della provincia di Foggia un avamposto di civiltà e di solidarietà in Puglia e nel Mezzogiorno, un laboratorio di integrazione di altissimo profilo: la realizzazione di un eco-villaggio per gli immigrati, che lavoreranno terreni messi a disposizione dalla Regione.

Sogno. Metti insieme. Un gruppo di senegalesi davvero in gamba – si legge nel post – pronti ad attivarsi. A mettersi in gioco. Poi ancora, un terreno incolto della regione da 20 ettari e un casolare in abbandono. Una bella rete di associazioni da Libera a a quelli di Art Village, passando per la Cgil. Tutte le istituzioni dalla Prefettura di Foggia al Comune di San Severo concordi. E un progetto di forte sperimentazione: un ecovillaggio, autocostruito, low cost, cui affiancare un’azienda molto sperimentale di produzione agricola. Insieme a un centro di tutela legale e a un servizio di collocamento per rompere la catena del caporalato. Obiettivo: chiudere quella macchia di vergogna chiamata “ghetto di Rignano Garganico”. Dimostrare che gli immigrati non sono un problema ma una risorsa. Per promuovere innovazione sociale, economica, culturale, sociale. Un sogno che può cambiare la percezione della realtà. Ci proviamo con tutte le nostre energie.
In realtà, non si tratta solo di un sogno, ma di un progetto vero e proprio, che sta mettendo assieme diverse risorse, e che vede tra i suoi promotori  il segretario provinciale della Flai Cgil, Daniele Calamita. L’idea ha ricevuto l’assenso del governatore regionale pugliese, Nichi Vendola.
Il post dell’assessore Minervini ha raccolto consensi e suscitato reazioni entusiaste. Tantissimi “mi piace” ma anche sinergie concrete, come quella annunciata “da una piccola rete di agricoltori in pensione che intende donare agli immigrati che abiteranno nel villaggio un sapere in via di estinzione, che insegni loro arti che stanno scomparendo (potature, innesti, architetture rurali)”.
E al sogno si aggiunge un altro bel sogno raccontato da  Giuseppe Savino: “poi mettiamoli in rete con altri giovani a cui la regione Puglia vorrà donare altri lotti e creiamo un centro di scambio (co-working) dove tutti insieme possano sviluppare start-up in agricoltura. Ci sono giovani agricoltori in Puglia che si stanno muovendo già da un po’, lo spazio si chiamerà Rural Hub (www.ruralhub.it) e vorremmo sentire la vicinanza delle istituzioni per tradurre in realtà questo sogno. Insieme è possibile, siamo pronti a co-creare e a declinare il bene in nuove forme di ruralità.”

È bello sognare un futuro – di integrazione concreta, di solidarietà – che ricominci dal passato, da quell’agricoltura che custodisce le radici più profonde della Puglia.

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Il sogno di Guglielmo Minervini per fare della Capitanata un avamposto di integrazione

  1. In un post precedente (Progetto Giovani NEET), espressi il mio "pessimismo della ragione" sull'agire di una parte della classe imprenditoriale di capitanata.
    Qui, ora rilevo con sollievo e piacere come l'"ottimismo della volontà" quando partecipato – non escluse le istituzioni – possa fare leva affinché si ribalti il luogo comune che "nulla si può cambiare".
    Ritengo che una buona cultura d'impresa, debba avere in sé il principio che – il profitto dell'azienda non prescinde dal concetto di Bene Comune, e dall'attenzione e rispetto della comunità a cui appartiene, migranti compresi -.

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