In alcuni recenti interventi su questo blog, Enrico Ciccarelli ha ricordato quella importante stagione della politica in cui si teorizzava l’idea e la necessità di una nuova dimensione dello sviluppo, quale relazione. Era una idea del Censis, e si inseriva in un contesto culturale e sociale parecchio stimolante, scandito sotto il profilo economico dalla cosiddetta stagione della concertazione e sotto quello politico dalla sperimentazione di una nuova, possibile rete di territori, che guardava oltre la Puglia.
Era il sogno delle Quattro Province, perseguito da Antonio Pellegrino e dalla sua amministrazione, che guidava l’ente Provincia.
La competizione politica tra le due maggiori amministrazioni locali (guidate da giunte di diverso colore) era vivace, ma di altissimo profilo. Da un lato c’era Pellegrino, che da Palazzo Dogana additava all’intero centrosinistra (che non l’avrebbe capito) un modello di sviluppo nuovo, dall’altro c’era Paolo Agostinacchio, sindaco di Foggia, che percorreva con convinzione la via della riqualificazione funzionale ed estetica della sua città, per restituirle immagine e autostima.
Al di là delle polemiche che li videro spesso contrapposti, sia Pellegrino che Agostinacchio condividevano l’idea della necessità di un ruolo forte di Foggia, del capoluogo, come fattore trainante e propulsivo di ogni, possibile modello di sviluppo. Nacque così la metafora, o se preferite il sogno, di Foggia Capitale.
Sembra passato un secolo, invece sono trascorsi soltanto poco più di dieci anni. Sospetto che la drammatica crisi che nel frattempo si è abbattuta sulla città capoluogo sia stato il maggior impedimento all’avverarsi di quei sogni, al decollo di quella idea.
Ho ritrovato qualche giorno fa un libro che racconta il momento forse più significativo di quella stagione: è intitolato Daunia Felix; Franco Mercurio vi raccoglie gli atti dell’omonimo convegno che si svolse il 10 e l’11 ottobre del 1997 e che celebrò il secondo centenario dell’evento che vide Foggia proiettata in una dimensione di “capitale”: le nozze regali tra Maria Clementina e il futuro Francesco I.
Per il capoluogo dauno, quel matrimonio rappresentò il riconoscimento del suo ruolo di principale città del Regno: la seconda dopo Napoli.
Sfoglio le pagine del libro, pubblicato da Claudio Grenzi Editore, con una nostalgia che trascolora nella malinconia. “Il bicentenario – scrive Mercurio nella quarta di copertina – assunse per l’Amministrazione Provinciale l’idea di una felice occasione per un progetto di rilancio della Capitanata che passava anche attraverso una sfida alle élite culturali, economiche e politiche locali a cimentarsi con il passato.”
Mi sembra di poter dire che la sfida è stata perduta. Ma dalla lettura di alcune parti del libro (ne parlerò in una prossima lettera meridiana) si possono ricavare utilissimi elementi per una riflessione sull’oggi. Perché così come allora, non può esservi rilancio per la Capitanata, se Foggia non ritrova il ruolo ruolo trainante.
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PELLEGRINO, IL CENSIS, LA MOLDAUNIA E LA SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA
Lo studio del Censis del 1998 (data di pubblicazione degli atti del convegno), ponendo l'attenzione sui sistemi urbani e, le loro relazioni spaziali, li considerava come possibile struttura portante delle nuove dimensioni territoriali dello sviluppo.
Per questo, individuava un ampio territorio che comprendeva i poli urbani di Foggia, Campobasso, Benevento e, alcuni centri delle province di Avellino e Potenza che, sarebbero potuti evolvere "nella direzione di una progressiva integrazione delle sue diverse parti, sia con i sistemi esterni di Napoli, Bari e, l'area abruzzese che, verso una maggiore integrazione interna", prefigurando così "la creazione di una autonoma rete di relazioni interurbane, in grado di sostenere la configurazione di una nuova dimensione territoriale dello sviluppo".
Lo studio del Censis, definiva "pentapoli interprovinciale", la configurazione costituita attorno ai capiluogo di Foggia, Campobasso e Benevento nonché, ai centri urbani di Melfi e Ariano Irpino e, riteneva che essa possedesse "i caratteri dimensionali di un sistema autonomo".
Individuava inoltre, delle aree metropolitane che fanno perno sulla coppia Napoli Salerno, Bari (e aggiungerei Taranto Brinidisi) e, quella abruzzese di Pescara Chieti, verso le quali, le province indicate, gravitavano autonomamente nella propria direzione.
In definitiva, si trattava di affrontare una strategia comune "di integrazionee completamento delle dotazioni" per poter "configurare "uno spazio autonomo rispetto alle metropoli di riferimento.
LO STUDIO NON ENTRAVA PERO' NEL MERITO DELLE MODIFICHE TERRITORIALI DEGLI IMPIANTI REGIONALI ESISTENTI ACCONTENTANDOSI DI METTERE IN RILIEVO IL DECLINO DELLE AREE INTERMEDIE COME SE CIO' FOSSE DIPESO UNICAMENTE DALLA COLLOCAZIONE SPAZIALE SUL TERRITORIO.
Ora, concentradosi ormai nelle regioni una estesa sommatoria di poteri derivanti dalle autonomie finanziarie, legislative, regolamentari, amministrative; essendo prese le decisioni all'interno dei consigli regionali i cui rappresentanti eletti sul territorio in maniera proporzionale alla popolazione esistente e, essendo la popolazione di Capitanata pari al 16% della popolazione regionale pugliese, la stessa non ha sufficiente rappresentanza per controllare i flussi dei finanziamenti, anche quando questi giungono alla Regione Puglia in virtù del fatto che la Capitanata è obiettivi prioritario sul quale dovrebbe essere concentrata l'azione dei fondi strutturali (la vicenda dell'aeroporto Gino Lisa è soltanto l'ultima evidente manifestazione della volontà politica regionale di impedire la crescita economica del nostro territorio).
Questa mancanza di rappresentatività politica unitamente al legame partitico subordinato degli stessi rappresentati di Capitanata, oltre che alle personali capacità di rappresentare degnamente il nostro territorio, oltre alla famelicità dell'area metropolitana barese, ci dovrebbero portare a ritenere che la presenza della Capitanata all'interno della Regione Puglia, non sia per noi favorevole.
E' POSSIBILE PROGETTARE UNA DIFFERENTE COLLOCAZIONE TERRITORIALE DELLA CAPITANATA RISPETTO ALLE REGIONI CIRCOSTANTI? SI'.
Lo dice l'art. 132 della Costituzione:
– Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d'abitanti, quando ne facciano richiesta tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
– Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra.
La collocazione della Capitanata nella Regione Molise, consentirebbe di espandere la popolazione a poco meno di un milione di abitanti ed il territorio a oltre undicimila chilometri quadrati. All'interno della Regione Molise così allargata, la Capitanata potrebbe contare su una rappresentanza dei due terzi dei consiglieri. Questo non significa assolutamente che noi si debba in seguito, assumere nei confronti dei molisani, lo stesso comportamento assunto in cinquanta anni di Regione Puglia dai centri di potere baresi ma che certamente avremmo i numeri per progettare uno sviluppo economico più favorevole sia per la nostra provincia che per la Regione Molise allargata.
Le nostre infrastrutture ad esempio, come quella dell'aeroporto Gino Lisa o del porto di Manfredonia non sarebbero più marginali come nella Regione Puglia ma, assurgerebbero ad un ruolo regionale nella Regione Molise allargata alla Capitanata.
Nel tempo, anche la Provincia di Benevento troverebbe le porte per aderire alla Regione Molise, così come anche i centri periferici della pentapoli descritta dallo studio Censis. Molto probabilmente a quel punto la Regione Molise potrebbe anche assumere un nome nuovo.
QUESTO E' UN PROGETTO DI GRANDE SPERANZA PER IL NOSTRO TERRITORIO mentre, non abbiamo più alcuna convenienza a restare nella Regione Puglia in quanto ciò comporterebbe un indefinito ed inesauribile scoramento nella nostra popolazione.
Esistono due movimenti che a Foggia hanno avviato la richiesta di referendum secondo le modalità dell'art. 132 della Costituzione,:
a) l'Associazione "Progetto Moldaunia";
b) il Comitato "Daunia chiama Molise" (www.dauniachiamamolise.worpress.com).
Il Comitato "Daunia chiama Molise" del quale sono segretario, ha presentato nell'Agosto del 2012, istanza alla Provincia di Foggia, di istruzione del procedimento che conduca al Referendum consultivo mediante sottoscrizione popolare di cui all’Art. 9 comma 3, lettera c dello Statuto della Provincia di Foggia, sulla base del seguente quesito referendario: “Volete che il territorio della Provincia di Foggia sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Molise?”.
Il giudizio di ammissibilità dell'istanza referendaria è stato però "sospeso" dalla Commissione Consiliare Paritetica per ben due volte (Settembre 2012 e, Aprile 2013)e, infine, anche dal Commissario straordinario Fabio Costantino (Agosto 2013).
Per il momento non entrerò nel merito delle decisioni prese.
Lo sforzo che tutti noi compiamo ogni giorno per resistere alle sottrazioni della speranza di un futuro migliore, ci ricordano il mito di Sisifo per il quale, come punizione per la sagacia dell'uomo che aveva osato sfidare gli dei, Zeus decise che avrebbe dovuto spingere un masso dalla base alla cima di un monte. Tuttavia, ogni volta che Sisifo raggiungeva la cima, il masso rotolava nuovamente alla base del monte. Ogni volta, e per l'eternità, Sisifo avrebbe dovuto ricominciare da capo la sua scalata senza mai riuscirci.
Allora, poiché non possiamo risolviamo il problema con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato per crearlo, tanto vale andare via dalla Regione Puglia.
Oltretutto, la Società Geografica Italiana, ci dà ragione quando propone in uno studio di quest'anno, il riordino del territorio dello Stato, non più attraverso le attuali regioni ma, con la formazione di nuove unità territoriali di dimensioni più grandi delle attuali province, mettendo insieme proprio Capitanata e Molise.