De Tullio sull’estate 1943 / Quella morte che venne da terra…

La dimenticata “guerra degli sciacalli” foggiani
Tra le tante facce tragiche che hanno caratterizzato la sanguinosa estate foggiana del 1943, ve ne è una mai troppo ricordata. Per pudore, per timore o per vergogna.
Mi riferisco alla terza delle tre guerre che furono scatenate ai danni della popolazione foggiana.
La prima è fin troppo ovvia e nota per essere ricordata, anche se certamente la più drammatica: i bombardamenti degli alleati. La seconda è quella che i tedeschi in ritirata attuarono contro quelli che considerarono ormai degli ex alleati, attraverso saccheggi, minando il territorio, uccidendo e usando violenze gratuite.
La terza è, invece, la meno nota ed è quella scatenata senza ritegno, senza paura, rimasta senza colpevoli o con pochi barbari che le scarse autorità presenti poterono all’epoca assicurare alla Giustizia: la “guerra degli sciacalli”. Una guerra che si svolse tra luglio’43 e aprile’44, periodo nel quale Foggia rimase alla mercé di chi voleva profittarsene. E così fece.
Persone senza scrupolo alcuno, quasi sicure dell’impunità, che non esitarono – a volte anche sotto i bombardamenti – a spoliare cadaveri, moribondi e feriti. Erano foggiani che sottraevano ai propri fratelli di sventura denaro, oggetti di valore, documenti, oltre a mobilio e altri beni.
Molti erano foggiani che vivevano in città ed erano riusciti a sottrarsi fortunosamente alle bombe degli americani, altri provenivano da fuori città e al mattino facevano ritorno alle proprie case, risparmiate dalla violenza alleata, per riprendere la squallida attività predatoria con il calare delle alleate ombre serali.

Entrambi – foggiani e forestieri – agivano indisturbati anche di giorno, oltre che nella sicurezza delle ore notturne; operavano da soli o in gruppo, a piedi o a bordo di mezzi di fortuna. Rovistavano tra corpi straziati, laceri, sporchi di sangue, insensibili al dolore e al dramma del momento. Dovevano “realizzare” lì e subito, per ipotecare un futuro al quale erano sfuggiti migliaia di altri concittadini.
Molti di questi iniqui profittatori, figli anch’essi di un dramma umano dal quale preferirono defilarsi sùbito rivestendo appunto i panni degli “sciacalli”, nel tempo probabilmente finirono per fare fortuna.
Io non so i loro nomi, anche se le cronache del tempo, coraggiosamente seguite dalla stampa locale fino ai primi anni del dopoguerra, quei nomi li pubblicava regolarmente, prima ancora che un processo rendesse giustizia con un verdetto certo e celere.
Molti di quegli eroi in negativo sono sicuro che un po’ alla volta, col frutto di quei “raccolti”, sono diventati proprietari di case, imprenditori, commercianti. Hanno fatto ‘carriera’ lucrando sui cadaveri, sulle macerie, sullo sfascio civile.
Non li conosco e non voglio che i figli degli “sciacalli” del ’43 possano essere individuati e portati sulla gogna. Provo vergogna per chi commise quegli orrendi atti e provo pietà per chi, oggi, si ritrova figlio o nipote di quelle persone orrende, che non si mossero per necessità ma per avidità.
Vorrei che almeno qualcuno di quegli “sciacalli”, forse novantenne, se ancora vivo e in grado di raccogliere in qualche modo queste parole, se sfuggito allora alla Giustizia degli uomini, vorrei che oggi elevasse a Dio e alle famiglie di quei poveri sventurati, un mea culpa forte e sincero.
Ne parlo adesso perché siamo ancora nel vivo delle iniziative promosse a Foggia in occasione del 70° anniversario di quella tragica estate.
In tutti questi lustri – anni in cui si è fatta anche della sterile polemica – nessuno ha mai chiesto scusa alle famiglie di quei cadaveri profanati, morti due volte, uccisi dagli alleati che volteggiavano in cielo e da altri che forse ritenevamo alleati nel dramma che si consumava ai danni di una intera comunità inerme.
Chiedano scusa e perdono, finché sono in tempo, ai depredati e alle loro famiglie sopravvissute.

E se costoro non saranno in grado di farlo – per lucidità mentale o per coraggio – siano almeno gli uomini di Chiesa, eredi di quegli eroi silenziosi in tonaca, a elevare una parola su questa indegna pagina di storia foggiana.
Maurizio De Tullio
* * *
Le guerre sono tutte brutte, sporche e cattive. Le guerre producono morte, ma anche degrado morale.
Durante e dopo i tragici bombardamenti della tragica estate del 1943, ci fu chi fece fortuna con metodi assai poco morali, quando non del tutto illeciti. Non soltanto gli sciacalli messi in evidenza con tanta vividezza da Maurizio De Tullio, ma anche anche quelli che si arricchirono contrabbandando generi di prima necessità o prestando danaro ad usura, senza esporsi neppure al rischio di essere colti in flagranza di reato. 
Si trattò di una minoranza, ma è giusto non dimenticare. Gli aerei alleati distrussero vite umane e palazzi. I predatori e gli approfittatori annientarono la moralità. E tantissimi foggiani furono due volte vittime.
G.I.

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Author: Maurizio De Tullio

1 thought on “De Tullio sull’estate 1943 / Quella morte che venne da terra…

  1. Caro Maurizio, tocchi un argomento che, come ben sai, ho profondamente a cuore e ne ho parlato anche nel mio secondo libro, indicando articoli che riportavano alcuni dei tantissimi misfatti compiuti ai danni di chi già aveva perso e, purtroppo, dovuto abbandonare tutto.
    La poca forza di polizia disponibile e la vastità del territorio da controllare, non poteva dare risultati eccellenti ma, tuttavia devo segnalare numerosi arresti che si fecero per sciacallaggio e furti. Ricordo anche che molti foggiani usi a delinquere, sfollarono insieme a tanta sfortunata e brava gente, anche loro verso i Paesi della provincia dove , in alcuni casi riuscendovi, in altri no, organizzarono bande dedite al contrabbando, furto ecc….Ma questa, come Maurizio ha ben detto…è un'altra storia! SALVATORE AIEZZA

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